Léger Fernand
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Léger Fernand
Argentan, 4 febbraio 1881 - Gif-sur-Yvette, 17 agosto 1955
Referenze: Musée Fernand Léger - 06410 Biot - www.musee.fernandleger.fr - Comité Léger - BP 43 - 75721 Paris cédex 15 - Tel. +33 1 56232954 - comiteleger@noo.fr - Irus Hansma (opere su carta) 9 rue Chabanais - 75002 Parigi - Tel. +33 1 42966901 - +33 1 42601125
In permanenza: Tornabuoni Arte (Firenze)
Formazione artistica: ammesso alla Scuola delle Arti Decorative nel 1903, é allievo libero negli ateliers
di Léon Gérome e di Gabriel Ferrier. Frequenta l’Accademia Julian e il Louvre.
Pittore/Disegnatore: da un inizio Impressionista, passa a considerarsi testimone di una nuova civiltà futurista, votata alla velocità e alla macchina, e inizia a creare un mondo dinamico di bielle, di ingranaggi e di motori. Nel 1920 incon-tra Le Corbusier e la figura, che era sparita dalle precedenti opere, riprende a poco a poco il suo posto.
Tecniche: olio, mosaico, gouache, matita su carta, tempera.
Soggetti: nature morte, composizioni varie, figure, scene per balletti, oggetti nello spazio, costumi per opere teatrali.
Quotazione: indicativi i prezzi d’Asta pubblica.
Mostre e Rassegne d'Arte: dalla morte di Léger ad oggi, alcune tra le principali mostre dedicate alle sue opere si sono tenute ad Amsterdam e Parigi nel 1956 - Monaco, Basilea, Zurigo e Torino nel 1957 - New York e Parigi nel 1958 - Vienna e Budapest nel 1968 - Rennes, Parigi e Nimes nel 1969 - 2001 Gall. Blu “Quarantaquattroblu” (Milano).
Critica: testimonianze di: Verdet ed altri.
Le sue opere figurano in collezioni private, pinacoteche, Enti pubblici e musei.
“Tra i protagonisti della pittura della prima metà di questo secolo, Fernand Lèger é probabilmente il più impegnato a una traduzione immediata, di totale possibilità di comunicazione, dei temi più semplici e universali della vita dell’uomo: l’esistenza, il rapporto con una natura potenzialmente umanizzata, il lavoro. Così, se la sua idea base individua nell’uomo un robot meccanico nella società capitalista, in effetti egli si incanta dinanzi alla macchina, alla sua prodigiosa potenza, e ad essa s’abbandona, creando un poema
alla semplice, concreta verità del lavoro come modo fondamentale dell’essere...” (A. Verdet)