Modelli Elena
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Elena Modelli
23 maggio, Imola
Studio: 40021 Imola - Via Punta, 57 - Tel. 320 0822248 - elenamodelli@gmail.com
Formazione artistica: ha frequentato gli studi di importanti artisti e ceramisti
Scultore/ceramista: Figurativo - Tecniche: terracotta e ceramica
Soggetti: vari soggetti di fantasia, animali, insetti - Quotazione: € 1.000,00 - € 5.000,00.
Mostre e Rassegne d’Arte: 2019, CalifArte Parma e Roma - Galleria Ess&rrE Roma - Pinacoteca A. Ricci, Monte San Martino (MC) personali: Banca Popolare di Milano - Galleria di Porta Montanara, Imola - Galleria Saman, Roma - collettive: MUG - Museo Ugo Guidi - Logos Hotel Forte dei Marmi (LU) Galleria comunale di Poppi, Galleria civica di Budrio. Vincitrice 2° premio 17° concorso nazionale Coine' 2019 e finalista 18° nel 2021.
Critica: citata dalla Stampa specializzata; testimonianze di Marilena Spataro, Giovanni Scardovi, Gian Ruggero Manzoni, Alberto Gross e Giorgio Barassi. Le sue opere figurano in gallerie e collezioni private. Presente in prestigiosi annuari, riviste e periodici d’arte moderna e contemporanea.
Studio: 40026 Imola - Via Punta, 57 - Tel. 320 0822248 - elemodelli@gmail.com
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“Negli ultimi decenni, a seguito delle drastiche mutazioni ideologico-identitarie avvenute a livello globale, sempre più, in ambito espressivo, un certo gusto, considerato socialmente e politicamente progressista, si è fatto strada, sovvertendo quelli che venivano definiti i canoni tradizionali dell’idea di creatività. Tale gusto è giunto, soprattutto merito la spinta mercantile, ai massimi livelli del sistema artistico (penso alle opere di Damien Hirst o di Jeff Koons), ritagliandosi uno spazio innegabilmente privilegiato per quel che concerne la fruizione culturale, così da venire accettato anche ai massimi livelli critici. In Italia, il primo a interessarsi di questo fenomeno, entrato, dirompentemente, nella contemporaneità, fu il grande Gillo Dorfles, ricorrendo a un rimando letterario che, a mio avviso, risultò e ancora risulta azzeccatissimo, cioè inserì tale linea di tendenza in un ambito particolare, indicando come il suo luogo di elezione nella famosa “isola che non c’è”, tanto cara, per irrealtà e rimandi immaginifici, a Peter Pan e ai suoi compagni di avventura. Di recente si è parlato del fenomeno “cosplay” come di arte ricreativa, ma, insieme, emblematica, perché frutto dei tempi, fenomeno introdotto da noi attraverso un percorso mediatico che ne ha visto la fidelizzazione e l’acquisizione da parte di appassionati che ne hanno apprezzato la forma espressiva. Ecco, direi, anche se con modalità ed esplicazioni diverse, che il momento storico è molto propizio per certe visioni di ordine creativo che si allontanano enormemente dalla concezione classica o romantica che ancora in molti mettono in opera.
Anche l’attuale ricerca scultorea di Elena Modelli, secondo il mio metro analitico, rientra in questa linea orientativa, ritagliandosi una sua originalità giocosa che ci solleva l’animo da quello che ogni giorno, di deleterio, la vita ci propone. I suoi coccodrilli, i fiori, le cavallette, gli elefanti, la scimmia Monkey, cromaticamente in piena esplosione rappresentativa, si fanno notare, quali creature uscite da un fumetto, da un certo graffito, da un cartone animato, da una pubblicità riguardante giocattoli o articoli rivolti all’infanzia. Ovvio che in questi casi il “kitsch” occhieggia dietro l’angolo, ma l’acuto filosofo, saggista, accademico francese Jean Baudrillard, che fu profondo indagatore dell'odierna società dei consumi, così risolse, con somma maestria, la faccenda: "Ciò che viene etichettato quale kitsch risulta, per i più, come uno pseudo-oggetto, vale a dire come simulazione, copia, realizzazione artificiale, stereotipo, spesso in povertà di contenuto, ma in sovrabbondanza di segni, di riferimenti metaforici, di connotazioni disparate, come esaltazione del dettaglio e saturazione per mezzo dei dettagli, ma mai come nell’oggi questa tendenza, aborrita da decenni, rappresenta, concettualmente, la dimensione portante di una collettività che, in tutte le maniere possibili, cerca di esorcizzare la tragedia, la vecchiaia, la
morte, la malattia, il dolore, la solitudine, l’incertezza, ricorrendo a vari tipi di fughe, tra le quali, molte, si arricchiscono di significati altamente esplicativi, quali ironici e ludici emblemi di tali comprensibili ossessioni”. A seguito di ciò giusto anche quello che sosteneva una fine mente come quella dell’architetto, urbanista, accademico italiano Bruno Zevi: “Il kitsch è il linguaggio, privo di codici ben definiti, del nostro tempo. In un mondo in cui è la realtà stessa a dominare, nella sua immediatezza, eccentricità e diversità, il kitsch riesce ad esprimere questa ricchezza meglio di ogni altra tendenza”, del resto l'inatteso, l’irregolare, il sorprendente, lo stupefacente, il contraddittorio, non sono parte essenziale e caratteristica anch’essi della bellezza? Questo fu il motto anche di Philippe Starck, il padre dei cosiddetti “nanetti da giardino”, poi prodotti dalla Kartell in tecnopolimero, materiale più resistente del metallo, icone a tutti gli effetti entrate nell’orbita di ciò che nella storia della creatività umana definiamo: Pop-Art. L’arte intesa in questa maniera, e in particolare la scultura (mi sovvengono i costosissimi “Baloon Dogs”, gli “Hanging Hearts” e il monumento “Bouquet of tulips”, tutte realizzazioni di Jeff Koons), la si può quindi considerare una delle finestre più rivelatrici aperte sul nuovo mondo e sul come si muova il sociale in ambito ormai globale, perciò è anch’essa creatività che funge da valida analisi del presente, espressione artistica poggiante su una nuova estetica, ma anche aspetto insondabile e per certi versi paradossale dell’animo umano, risultando il denominatore comune per leggere fenomeni distanti e diversificati altrimenti non decifrabili, e può persino esprimere
una ricerca di identità, usando un linguaggio comprensibile, più aperto agli apporti che arrivano dal basso, dall’esistenza comune, dal quotidiano, in una realtà sempre più votata all’immediatezza, alla facile riproducibilità e all’eccentricità come “status” distintivo. Assieme a Elena Modelli mi giungono alla mente altri artisti che stanno percorrendo strade simili alla sua: l’inglese Julie Arkell, gli americani Coco & Pompon, la belga Janneke Neele, l’argentina Flor Panichelli, l’italiano Corrado Bonomi, lo spagnolo Felipe Cardeña, l’altra inglese Lizzie Pearce, l’olandese Rudy Van der Velde.
Per rendere ancora più chiaro il concetto di quello che Elena Modelli sta facendo risultano utili le parole dello scrittore Milan Kundera: “Nel regno di quest’arte vistosa impera la dittatura del cuore: i sentimenti suscitati devono essere, ovviamente, tali da poter essere condivisi da una grande quantità di persone. Per questo il kitsch non può dipendere da una situazione insolita, ma è collegato invece alle immagini fondamentali che le persone hanno inculcate nella memoria.”
Gian Ruggero Manzoni