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Bellezze dimenticate - Il Monumento ai Caduti di Giacomo Negri, Torremaggiore (FG)

Una delle peggiori espressioni della sbandierata italianità è la trascuratezza riservata a non poche opere d’arte pubbliche. Edifici, monumenti, lapidi celebrative o semplici decori dei centri storici perdono la loro importanza a causa di una sciatteria che sta facendo dimenticare una buona fetta del patrimonio storico-artistico della nostra nazione.
Sarebbe troppo lungo indagarne le cause, scenderemmo in ambiti sociali, in maleabitudini nazionali ahinoi diffuse ed è trop- po semplice circoscrivere i fatti alle responsabilità, evidenti peraltro, delle singole amministrazioni locali. Per ora, da questo numero, ci limitiamo a segnalare, a rendere partecipi i lettori di una situazione che non ha limiti territoriali e che presenta aspetti a volte sfociati nel ridicolo. Di certo è che un popolo che nega anche una sola parte del suo passato non è destinato ad un futuro, perché nelle opere d’arte, ed in particolare in quelle pubbliche, vive la memoria storica di una comunità e perfino il senso di appartenenza, svilito da mille amare vicende, ma necessario a potersi concretamente vantare di ciò che è vero ed innegabile: in Italia c’è il numero maggiore di opere d’arte in grado di chiamarsi tale. Gli “altri” possono stare sereni: almeno in quello siamo in testa al mondo.
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Capita, nei frequenti viaggi, di notare con sommo dispiacere ed un orribile senso di impotenza, l’abbandono e la autentica discriminazione riservati a molte espressioni artistiche visibili a chiunque. Viene da dire “eppure basterebbe poco”, ma quel poco non si fa. Altrettanto vero è l’impegno di istituzioni private, fondazioni ed associazioni per la salvaguardia del patrimonio artistico, ma pare che la rincorsa sia a perdere, e cioè che le ragioni più diverse costringano belle ed evidenti opere ad un amaro destino. Proprio mentre esse meriterebbero maggior sorte. Di sicuro, il rispetto dovuto.
Cominciamo, per ragioni riconducibili facilmente alla origine di chi scrive, dal Monumento ai Caduti di Torremaggiore (FG), centro collinare dell’Alto Tavoliere delle Puglie. L’autore della colata in bronzo fu Giacomo Negri, allievo di Domenico Trentacoste alla Accademia delle Belle Arti di Firenze, scultore e pittore dalla fama nascosta e dal talento assoluto. Nato nel 1900 proprio a Torremaggiore, Negri compie il ciclo di studi accademici a Firenze, dove entra in contatto con molti artisti suoi coetanei e vive le prime esperienze sotto la guida di Trentacoste (parente del Giuseppe Trentacoste di Laboratorio Acca, peraltro, n.d.a.) fino al grande giorno della assegnazione dell’ incarico per costruire il Monumento ai Caduti della grande Guerra. Negri è giovane e pronto, e sente l’impegno proprio perché gli giunge dalla cittadina di origine. Propone alcuni primi bozzetti e, dopo una serie di correzioni, arriva il 3 giugno 1923. Il “Vittorioso” viene inaugurato solennemente nel centro della attuale Piazza dei Martiri.
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È collocato su un tronco di piramide in pietra bianca, circondato da una aiuola ai cui estremi alcuni pilastrini reggono grosse catene. Sulle facce del sostegno, i nomi dei Caduti e nella parte anteriore la scritta “Sacri alla religione della Patria”. È una colata bronzea che prende le mosse dalle lezioni michelangiolesche assorbite dal Professor Trentacoste a Firenze, si distingue per marzialità e vigore, indica, nella fiamma tenuta dal braccio destro, la via del progresso, mentre regge nella mano sinistra la Vittoria alata, simbolo del sacrificio degli eroi del 15-18. Il lavoro è preciso e la comunità locale si abitua a vederlo troneggiare nella piazza ed assorbire i colpi della storia, alcuni anche fatali. Come quel 1945, a guerra finita, con gli Alleati ancora in paese, quando il pezzo originale della Vittoria alata viene rimosso per una sottile ed umiliante motivazione: sottrarre ai liberati simboli di conquiste, per trasmettere al popolo la sventurata fine che fu costretto a fare al termine del secondo conflitto mondiale. Azioni postbelliche simboliche, che hanno, pare, una loro logica e che, nel caso di specie, costrinsero il Negri a ricreare in altro metallo quella parte di quello che in molti indicano come il suo capolavoro.
Il concetto espresso è quello del “progresso che avanza con la vittoria”, e il soldato ai piedi del Vittorioso è rannicchiato, timoroso di tanta forza che avanza e procede con fierezza. Scrive Raffaello Biordi nel 1973: …Due ideali levavano così dallo spirito di Giacomo Negri la loro alta e pura fiamma: l’ Arte e la Patria… è convinto che la Patria è immortale e che l’Arte può dare validissimo conforto al prestigio di essa...
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Però, negli anni, il destino del Vittorioso è stato pessimo. Abbandonato da una colpevole incuria nonostante le continue nostre sollecitazioni, ormai malandato nella natura stessa del metallo, preda di agenti atmosferici e di azioni squalificanti, come quella di chi consente ai bambini di camminare sulla base del tronco di piramide che sostiene il bronzo o di chi, durante le celebrazioni della festa patronale, approfitta per sostare sulle parti alte della struttura al fine di guadagnarsi un punto di vista favorevole per la visione e l’ascolto del cantante che si esibisce dal palco sulla piazza.
Uno sfacelo, è chiaro. In prima persona e con la collaborazione di altri cittadini abbiamo più volte reclamato un restauro che ormai è necessario quanto una sala di rianimazione, a causa della consunzione del bronzo, della disassialità perpendicolare della struttura rispetto al piano della strada, causata da inutili lavori di rifacimento della pavimentazione e perché, comunque, la conservazione del patrimonio artistico è necessaria. Imprescindibile.
Dalle foto, tra cui una dello stato originario, è evidente lo stato di degrado quanto il disappunto che, da questo numero, esprimiamo per quanti, a diverso titolo, non intendono capire (o non capiscono tout court) quanto sia realmente importante tutelare e proteggere i simboli del passato che raccontano la grande, innegabile capacità degli artisti italiani che in Italia, ha lasciato il segno della propria abilità finalizzata allo sguardo compiaciuto, rasserenato e orgoglioso di quanti possono vantare una proprietà di tutti, alla quale va assegnato un ruolo di rilievo assoluto e da tramandare. Non certo da negare e dimenticare.
È solo l’inizio di un viaggio amaro. E magari tra chi legge c’è chi vuole segnalarci le bellezze dimenticate, che rimangono tali soprattutto se una semplice carezza di attenzioni non le protegge, rendendole ancor più immortali.
Giorgio Barassi