“Ceramics Now”:

Intervista a Claudia Casali
a cura di Marilena Spataro

Dal 30 giugno al 7 ottobre 2018, il museo faentino festeggia gli 80 anni del concorso Internazionale della Ceramica d’Arte contemporanea 60° Premio Faenza con una mostra particolare: 17 curatori internazionali hanno scelto 60 artisti contemporanei che lavorano con la ceramica. La direttrice del prestigioso museo, Claudia Casali, ci parla dell'evento e ci anticipa le mosse future che prevede di mettere in atto per consolidare il nuovo progetto, accrescendo la fama internazionale della realtà museale da lei diretta.
Antonio Violetta - “Torso” - 2016 - terracotta e grafite
Come nasce, direttrice, questo progetto espositivo chiamato Biennale e ideato per l'importante anniversario del Premio Faenza?

«Il Premio Faenza è stato, fin dalle sue origini, nel lontano 1938, una vetrina importante delle novità legate al linguaggio ceramico. Negli anni hanno partecipato scultori come Fontana, Ceroli, Leoncillo, figure di primo piano nella poetica contemporanea e che hanno fornito indicazioni preziose sul “fare” ceramico in termini di innovazione, ricerca e “attualità”. Con questo spirito abbiamo affrontato il concept di questa edizione speciale: 80 anni e 60 edizioni sono un record assoluto. L’idea che ha sostenuto la nostra scelta è stato innanzitutto un progetto curatoriale, non una competizione, quindi il coinvolgimento di curatori e professionisti del settore, internazionali, che potessero fornire una rosa di nomi, di chiara fama, nella categoria talenti e maestri».
Come e con quali criteri è avvenuta la selezione degli artisti?
Bertozzi&Casoni aperta
«I diciassette curatori hanno lavorato per aree geografiche, indicando anche protagonisti assoluti tra cui selezionare la lista finale. L’obbiettivo erano 50 nomi che raccontassero oggi l’attualità della scultura ceramica, l’innovazione e la ricerca. La selezione è stata complessa ma nell'insieme abbiamo definito un percorso e uno spaccato rilevante, coinvolgendo artisti che normalmente non partecipano a competizioni».
Quali le caratteristiche che contraddistinguono i lavori e gli artisti presenti a questa prima edizione della Biennale che inaugura al Mic a fine giugno?
«Vi sono molte installazioni e molte contaminazioni. Questo era l’obbiettivo originale espresso da tutti i curatori. Fotografia, video, suono, performance dialogano assieme alla ceramica, ne sono un tutt’uno poetico ed espressivo. Investire in una nuova estetica contemporanea e in nuovi codici espressivi per la scultura ceramica questo è il risultato che si vuole trasmettere».
Chi sono gli artisti italiani selezionati della rassegna?
«Dire “artisti italiani” è un po' limitante poiché abbiamo artisti italiani di nascita, ma che vivono e lavorano all’estero da decenni. Penso a Salvatore Arancio, Arianna Carossa, Alessandro Pessoli, Alessandro Gallo, Salvatore Cuschera, ormai da considerarsi internazionali più che italiani. Gli altri sono Bertozzi&Casoni, Bruno Ceccobelli, Giuseppe Ducrot, Luigi Mainolfi, Pao-lo Polloniato, Scuotto, Alessio Tasca, Antonio Violetta».
Bruno Ceccobelli
Qual è l'aspetto più evidente che li rende rappresentativi della tradizione artistica e ceramica Made in Italy?

«Non possiamo oggi definire l’arte contemporanea e la scultura ceramica con il termine Made in Italy. Sarebbe una caratterizzazione impropria. A differenza infatti di altre nazioni, come il Giappone, con una tradizione ancora molto forte e caratterizzante, l’Italia ha saputo interpretare in maniera innovativa e del tutto personale il background fondamentale della tradizione, superandola e trovando codici stilistici assolutamente nuovi ed internazionali. Pensiamo semplicemente agli stessi Bertozzi&Casoni: qui la tradizione è importante in termini di tecnica, Faenza docet, ma si esaurisce lì, poiché il loro messaggio è andato oltre, raccontando l’attualità, in un percorso unico ed innovativo assolutamente internazionale».
 Quanto sarà importante per la città di Faenza e per il Mic ospitare questa nuova iniziativa di portata internazionale?
«Sarà fondamentale poiché riporterà l’attenzione su questa rassegna internazionale, sulla nostra città, sul nostro territorio e sul nostro Museo, unico al mondo per estensione e collezione. E come sempre è accaduto negli anni passati, mi auguro che dal Premio arrivino nuovi stimoli per gli artisti locali, nazionali e non solo, nuove prospettive di lavoro, nuovi dialoghi. Il Premio Faenza è sempre stato, come già detto, un volano di novità anche per l’alto artigianato artistico locale».
Paolo Polloniato 11
Come si configura oggi l'evento?

«Inaugureremo il 29 giugno ma già dal 28 ospiteremo una serie di incontri organizzati da ICMEA (Associazione Internazionale Editori d’Arte) sulle tematiche della contemporaneità e dell’attualità della proposta ceramica, della formazione e della ricerca ceramica, a cui parteciperanno i curatori ed esperti di settore».
E in futuro?
«Il futuro è sempre incerto, come qualcuno cantava tempo fa. Mi auguro che ci sia la possibilità di poter proporre una edizione open call con una competizione alternata ad una edizione curatoriale.    
Questo sarebbe il progetto che oggi io vedo per Faenza, capitale indiscussa della contemporaneità ceramica».