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OTTOCENTO

Grandi mostre
Forlì, Musei San Domenico
L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini
Dal 9 Febbraio al 16 Giugno 2019
di Marilena Spataro
Ottocento
<<OTTOCENTO. L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini è una mostra di grande impatto e con quadri di grande formato, una mostra di bellezza immediata e nello stesso tempo di pensiero e che, vorremmo, fosse di pensiero sufficientemente sofisticato» afferma con orgoglio Gianfranco Brunelli, coordinatore della mostra, in corso fino al 16 Giugno ai Musei San Domenico di Forlì, e direttore generale di questi Musei. A cura di Fernando Mazzocca e Francesco Leone, l'evento espositivo vede come presidente del Comitato Scientifico, Antonio Paolucci, storico e critico dell'arte di fama internazionale. La rassegna si ricollega, per le ambizioni e l’impegno nel riconsiderare sotto un nuovo punto di vista un periodo particolarmente significativo della nostra storia dell’arte, con altre grandi mostre organizzate dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì. In special modo a quelle dedicate nel 2007 a Silvestro Lega, nel 2013 al Novecento, nel 2014 al Liberty e nel 2015 a Boldini, alternando così approfondite ricognizioni monografiche alla esplorazione dei movimenti che hanno caratterizzato l’avvincente confronto tra la tradizione e la modernità, il dialogo tra il passato e il presente. Questo vale soprattutto per il mezzo secolo preso in considerazione da questa mostra che va dall’Unità d’Italia alla Grande Guerra, evento che conclude definitivamente l’Ottocento.
Oggetto d'indagine mai tentata prima sono gli anni esaltanti e tormentati proprio di questo periodo, anni che hanno visto gli intellettuali e gli artisti impegnarsi sul fronte comune della nascita di una nuova coscienza unitaria, di un’identità nazionale che rispecchiasse l’avvenuta unificazione politica del paese. Attraverso una selezione di opere diventate iconiche, soprattutto quelle presentate, premiate, acquistate dallo Stato e dagli enti pubblici, ma anche oggetto di dibattito e di scandalo, alle grandi Esposizioni Nazionali, da quella di Firenze del 1861 a quelle che tra Roma, Torino e Firenze (le tre città che erano state capitali) hanno celebrato il cinquantenario dell'Unità, le dieci sezioni della mostra ricostruiscono i percorsi dei diversi generi, da quello storico, alla rappresentazione della vita moderna, dall'arte di denuncia sociale, al ritratto, al paesaggio. In un emozionante racconto epico affidato soprattutto alle opere di grande formato, mai movimentate prima, ci vengono incontro temi di impatto popolare e dal significato universale risolti nel cortocircuito visivo di capolavori indimenticabili.
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La varietà dei linguaggi con cui sono stati rappresentati consentono di ripercorrere un periodo di grandi trasformazioni della visione, dallo splendido tramonto del Romanticismo all'affermazione del Purismo e del Realismo, dall'Eclettismo storicista al Simbolismo, dalla rivoluzione dei Macchiaioli alle speri- mentazioni estreme dei Divisionisti. Emergono con i loro capolavori i protagonisti di quei tormentati decenni, pittori come Hayez, Domenico e Gerolamo Induno, Pompeo Molmenti, Faruffini, Cesare Maccari, Muzzioli, Costa, Fattori, Signorini, Lega, Lojacono, Patini, De Nittis, Boldini, Zandomenenghi, Corcos, Tito, Mancini, Previati, Morbelli, Pellizza da Volpedo, Michetti, Segantini, Sartorio, Balla, Boccioni, e scultori come Vela, Cecioni, Bazzaro, Butti, Monteverde, Gemito, Troubetzkoy, Bistolfi, Canonica. La mostra è inoltre una straordinaria occasione di far finalmente co- noscere al grande pubblico tanti altri artisti sorprendenti, oggi ingiustamente trascurati o dimenticati.
Come evidenziato dallo stesso titolo, le due personalità artistiche ed emblematiche della parabola che con la mostra OTTOCENTO si vuol ripercor- rere, sono Francesco Hayez e Giovanni Segantini. Spiega al riguardo il direttore dei Musei San Domenico, Gianfranco Brunelli: «Hayez che è stato uno dei principali protagonisti del romanticismo storico e in un certo qual modo pure l'ultimo, è in mostra con ben 13 capolavori, tra le 10 sezioni del percorso espositivo alla pittura di storia è dedicata una impor- tante sezione, attraverso di essa è possibile cogliere vari aspetti dell'arte del tempo come ad esempio il superamento delle accademie e di ciò che queste avevano proposto a cavallo tra il '700 e primi dell''800. C'è un recupero dell'arte realista, del simbolismo, in sintesi dei diversi linguaggi con cui, in quel lasso di tempo tanto breve e pure tanto lungo in cui l'Italia doveva dire di se stessa chi era e raccontare agli italiani chi fossero, l'esperienza e la sperimentazione degli artisti, la pittura, soprattutto, ma anche la scultura, hanno ricondotto per certi versi a dignità un'arte italiana. Un'arte dell'Italia, non solo italiana perchè prodotta da italiani, ma italiana perchè consegnava allora ai contemporanei, e ci riconsegna oggi, l'identità di un Paese e l'arte dell'Italia in un dialogo tra il passato e il presente di allora. E come si sa: ogni presente sceglie sempre il proprio passato anche come giustificazione di se stesso».
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Proseguendo nell'illustrare il percorso espositivo di OTTOCENTO, Brunelli commenta: «La pittura di storia non fu solo una rappresentazione retorica di grandi Esposizioni Nazionali tenutesi tra il '59 e '61 che dettavano ai pittori le grandi battaglie risorgimentali, e non fu solo una rappresentazione di carattere celebrativo, che pure non si nega ci sia stata, i pittori, davano, infatti, una lettura in chiave più vera. Ad esempio Giovanni Fattori non si limita a inscenare il movimento vorticoso della battaglia, nello Staffato, presente in mostra, evidenzia come la guerra è morte, è tribolazione, è sofferenza, lo stesso fanno molti altri di quel periodo. Attraverso la pittura di storia c'è tutto un recupero di quello che era stato l'anelito alla libertà di quella che era stata la rilettura della Roma antica repubblicana o del Comune medievale, nello stesso tempo però quella storia passata si innesta sul presente, sull'attualità». E ancora il direttore sottolinea «all'indomani di un'Italia unificata in modo complicato, rocambolesco per certi versi, le grandi contraddizioni sociali presenti nel nostro Paese sono ancora tante ed irrisolte. In tal senso in Italia c'è una pittura di realtà, che fa eco al verismo letterario e al realismo della scuola francese, che mette in scena gli immigrati, i poveri, i minatori, i contadini, in qualche modo i miserabili. Si tratta di una pittura che pone all'attenzione quell'Italia che non è stata ancora sanata rispetto alle contraddizioni sociali, e che in OTTOCENTO proponiamo con un'ampia rassegna di importanti opere messe in primo piano. Poi, con altrettante importanti opere, diamo conto dell'Italia della bellezza del paesaggio, il che evidenzia ulteriormente tutta la contraddizione di cui si diceva prima. Una contraddizione, percepita da Carducci e da tanti letterati del tempo, tra una modernizzazione, un processo di industrializzazione, anche forzato e in parte faticoso, sebbene in alcune aree del Paese di più e in altre meno, e un paesaggio che rimane intatto, quasi incontaminato e memore delle attrattive del Grand Tour». «In questi stessi anni, nella parte finale della Macchia, si assiste al superamento stesso della tecnica macchiaiola da parte di artisti come Vincenzo Cabianca, Telemaco Signorini, che vediamo in mostra. Ed è in questo superamento della stessa Macchia, che la pittura, la letteratura e l'arte in genere, mettono in scena i valori della borghesia, una borghesia fatta di caffè, di teatri, di moda, fatta da illusioni legate alle grandi città e ai centri delle grandi città proiettati in una fantasia mimetica verso Parigi, ma si dimentica spesso che accanto alle grandi città, l'Italia ha avuto piccoli borghi e campagne povere e anche di questo diamo conto con dei lavori che presentiamo. C'è poi il tema della donna che affrontiamo e che diventa quasi un file rouge nel racconto dell'etica borghese perchè la donna non riesce a liberare se stessa, ad essere conosciuta e riconosciuta fino in fondo in questo suo anelito, lo è stata durante le necessità delle guerre risorgimentali poi nella Prima Guerra mondiale e nei momenti drammatici, ma infine il suo posto torna a essere un posto quotidiano più dimesso, salvo la mondanità per la grande borghesia, che è un po' la fuga in cui al soggetto femminile è concessa la trasgressione, una fuga consentita in qualche modo in una invenzione che l'Italia del divismo in quegli anni, attraverso le attrici del teatro, le cantanti liriche, fa di una figura femminile portata come modello irragiungibile per la maggioranza della popolazione». Di questo femminile mondano e alto borghese, OTTOCENTO propone una serie di famosi dipinti.
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Particolarmente incisivi e rappresentativi sono in tal senso i dipinti in mostra di Vittorio Corcos, uno dei massimi maestri di questo genere pittorico. «Abbiamo altre due sezioni molto significative rispetto al nostro intento espositivo che mi piace ricordare» afferma il direttore Brunelli «abbiamo la ripresa della grande Esposizione Nazionale fiorentina del 1911, curata da Ugo Ojetti, dove si mise in scena una lunga litania di ritratti, ben 740, di personaggi famosi e personaggi sconosciuti che avevano in comune quasi una appartenenza di civiltà, appunto la civiltà italiana. Ed è proprio una grande celebrazione della imponente tradizione pittorica che noi portiamo in mostra qui a Forlì, portiamo Guido Reni, Tiepolo e nomi di questo calibro, e li confrontiamo, al di là di una citazione facile di quella mostra, con la ritrattistica sperimentale che alla vigilia del Futurismo, Balla, Boccioni e altri stavano mettendo in atto. A chiusura abbiamo lavori che ci consentono di giocare con la luce e con la trascendenza dei monti di Segantini come richiamo all'idealismo a una descrizione della natura che è mistero, il mistero della natura e richiamo dell'arte». Concludendo il suo intervento su OTTOCENTO, il coordinatore pone l'accento su un aspetto di grande novità che riguarda una parte di opere in esposizione. Dice Gianfranco Brunelli: «La bellezza immediata, il linguaggio popolare di quegli artisti che lo hanno messo in scena, e i cui lavori possiamo ammirare in questa nostra mostra, lo abbiamo ritrovato nel cinema del '900, come se l'800 italiano avesse inventato un pò Hollywood, così in certe inquadrature, in quei campi lunghi di una pittura che sembra stia passando dal teatro al cinema. Non è solo la cinematografia del '900 che rilegge l''800 ma è lo stesso '800 che a livello di linguaggio visivo ha anticipato la cinematografia». «Parafrasando D'Azeglio – chiosa infine Brunelli - “se l'Italia è fatta bisogna fare gli italiani”. Anche se fortunatamente l'Italia di oggi è democratica, certamente sviluppata e incomparabilmente colta rispetto a quell'epoca, reputo che ogni tanto, e questo la mostra lo consente, quindi anche nel presente, è bene chiedersi chi siamo».
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Considerando il rilevo nazionale e internazionale dell'evento, la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì ha deciso di donare una parte del biglietto della mostra alla raccolta fondi che Mediafriends - attraverso l'iniziativa Fabbrica del Sorriso - dedica anche quest'anno al sostegno dei bambini.
Si è voluto abbinare la bellezza di una esposizione d'arte di grande prestigio alla salvaguardia del futuro dei più piccoli, sapendo che un importante evento come la mostra forlivese possiede tutte le qualità per sensibilizzare l'opinione pubblica oltre che su un tema culturale di indubbio valore anche su quello della solidarietà sociale.>>