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POST ZANG TUMB TUUUM.

La Fondazione Prada di Milano La Fondazione Prada di Milano
ART LIFE POLITICS: ITALIA 1918 - 1943
Una mostra di alto livello
A cura di Lara Petricig,
fotografie di David Radovanovic

Si è conclusa il 28 giugno la mostra milanese dedicata al post “Zang Tumb Tuuum” ossia all’unica avanguardia italiana: il Futurismo, dal periodo finale del movimento, fino al 1943.
Il titolo prende in prestito il tono enfatico di Marinetti, il fondatore del Futurismo, che si esprime con le onomatopee per celebrare le fasi culminanti del Boccioni Dinamismo di un footballer 1913olio su tela 1932x201cmbombardamento della città turca di Adrianopoli. Con la riproduzione dei suoni dei cannoni e dei mitragliatori, Marinetti racconta, da cronista, la guerra combattuta nel 1912-1913 da Grecia, Bulgaria e Serbia contro l’impero ottomano. Nelle prime sale della mostra viene presentato al pubblico un suo ritratto Marinetti temporale patriottico, mentre gli escono dalla bocca delle parole sulla lingua infuocata. Il ritratto è realizzato nel 1924 da Fortunato Depero e esposto assieme a una brocca in ceramica di Tullio d’Albisola, in quanto entrambe le opere compaiono, nel 1934, nella foto della casa di Marinetti a Roma.
L’idea di Germano Celant, curatore della mostra, è di innescare un meccanismo di fruizione dell’opera d’arte all’interno del suo specifico contesto storico e antropologico. Nell’allestimento vengono bandite le scenografie che tendono ad astrarre l’opera dal tempo in cui l’artista l’ha creata, per ribadire il contesto spaziale e temporale ma anche sociale e politico in cui le opere d’arte sono state ideate. I lavori vengono in qualche modo ricontestualizzati in allestimenti che riproducono studi d’artista, rassegne nazionali d’ar-te italiana come la Quadriennale romana e internazionali come la Biennale di Venezia. Vengono riproposti i cinegiornali distribuiti nelle sale italiane tra il 1929 e il 1941, ma anche i filmati che documentano inaugurazioni di eventi espositivi e culturali del periodo. Gli spazi adibiti sono ricreati con grandi foto a parete e le opere messe in scena esattamente dov’erano, quindi, vissute e interpretate dal nuovo pubblico. Lo spettatore, ambiente dopo ambiente ne viene coinvolto.
E’ così che sono state presentati al pubblico: dipinti, sculture, disegni, fotografie, manifesti, arredi, progetti e modelli architettonici. Inoltre centinaia di documenti; immagini storiche, pubblicazioni, lettere, riviste, rassegne stampa, foto personali e cinegiornali dell’Istituto Luce. Il materiale in mostra è molto, una mole di opere non indifferente. Si può parlare di una grande mostra; un’operazione imponente di oltre seicento pezzi tra opere figurative e documenti a cui è affidato il compito di raccontare ben 25 anni di storia d’Italia.
Una storia non semplice in quanto ambientata nel periodo fascista in cui la produzione artistica risente del volere del regime di inquadrare gli artisti dando loro il senso di disciplina e obbedienza.
Inizialmente, i futuristi si interessarono al movimento e al dinamismo a volte concepito come dramma plastico e forma unica nello spazio come in Particolare della torre dorata. Fotografia Radovanovic DavidDinamismo di un footballer, del 1913, di Boccioni, dove lo schema centrale della composizione è dato dal movimento rotatorio del personaggio.
Il Futurismo nella sua fase finale giunge ad amare la guerra, “unica igiene del mondo” ma anche a darne spettacolo di ambigua bellezza come celebrazione dei moderni ordigni bellici e straordinario momento di sfogo di un esasperato vitalismo dell’uomo. Marinetti aderisce fino a un certo punto al fascismo. Vi fu chi ne condivise l’ideologia, come Achille Funi, Enrico Prampolini, Giuseppe Terragni. Chi gravitò nelle grazie del regime come Sironi, oppure chi si oppose schierandosi dalla parte antifascista: Corrado Cagli, Mario Mafai, Carlo Levi, Ernesto Treccani. Più in generale gli artisti avevano adottato una posizione di compromesso; in gran parte si erano astenuti dal pronunciare un conclamato consenso e trovarono il modo di poter gestire con una certa autonomia la loro produzione artistica. Come scrive Celant “l’artista difende la propria autonomia linguistica rimanendo indifferente alla sua strumentalizzazione”. Alcuni artisti si avvicinarono al fascismo per poter essere inseriti all’interno del complesso sistema espositivo a partire dalle mostre sindacali organizzate dal Sindacato fascista delle Belle Arti.
Esistevano una varietà di situazioni, in parte legate attorno all’importante figura di Margherita Sarfatti che voleva rendere il Novecento italiano arte di propaganda fascista, in parte da ricercare attorno al “ritorno all’ordine” dove rifugiarsi dopo i disastri della guerra, esercitato dagli artisti gravitanti attorno alla rivista “Valori plastici”, diretta da Broglio. Mentre tra i gruppi che si opposero a Novecento ci fu il gruppo Corrente.
La mostra esplora il sistema dell’arte e della cultura in Italia tra le due guerre mondiali, una situazione relativamente varia a differenza di quanto avveniva nella Germania di Hitler che inventava l’arte degenerata sequestrando opere a suo piacimento soprattutto da rivendere e perseguitando artisti e insegnanti delle Accademie di Belle Arti.
Una ricostruzione filologica di alto livello, questa di Celant. Il progetto espositivo seguendo anno per anno, dal 1918 al 1943, è articolato in cinque sezioni tra galleria sud, deposito, galleria nord e podium, più un piccolo cinema dove vengono proiettati filmati originali dell’Istituto Luce degli anni ’30 e ’40. La sede è della Fondazione Prada, è uno spazio nuovo che nasce dal recupero di un vecchio stabilimento industriale degli anni dieci del novecento e merita di poter ospitare mostre importanti. Tra le opere esposte citiamo quelle di Felice Casoratti, presente con i suoi ritratti di Helena Rigotti e di Renato Gualino, splendidi, freddi e distaccati. La mostra è accompagnata da un volume scientifico illustrato, pubblicato in inglese e in italiano dalla stessa Fondazione Prada, che include il saggio del curatore Germano Celant e quindici testi critici di studiosi, storici e critici dell’arte come il prof. Sileno Salvagnini docente di storia dell’arte contemporanea dell’Accademia di Venezia, Antonello Negri, Ruth Ben-Ghiat, Francesca Billiani, Maristella Casciato, Daniela Fonti, Emilio Gentile, Romy Golan, Mario Isnenghi, Lucy Maulsby, Elena Pontiggia, Jeffrey Schnapp, Francesco Spampinato, Marla Stone, Alessandra Tarquini e un’ampia sezione composta da numerosi approfondimenti tematici redatti in occasione della mostra.