LIBRI D’ARTE IN VETRINA

Gianni fotografa l’opera di Adolf trasformando il legno in un atterraggio lunare, gobbe, nodi, affossamenti, striature come vene di un corpo antico che ha resistito al fuoco del tempo e ha piegato il proprio verso alla pialla e alla sgorbia, il gesto sapiente e rituale e amico ed eterno.
Paolo Crepet
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Contrasto pubblica il libro Gianni Berengo Gardin, Adolf Vallazza Opere 1970-2016. Un volume che è frutto di un incontro. Un incontro tra due artisti che sempre hanno tentato di sfuggire a questa etichetta, ognuno a modo suo, un incontro sinestetico tra il tatto e lo sguardo, e tra la tridimensionalità della scultura e la bidimensionalità del supporto fotografico.
Attraverso le oltre 100 foto di Gianni Berengo Gardin, realizzate in quaranta anni di lavoro, le sculture lignee di Adolf Vallazza (Ortisei, 1924) acquistano una nuova luce. Lo scultore di Ortisei ha riunito nelle sue opere la tradizione alpina e le visioni moderne. Si tratta di un artista la cui carriera, cominciata nelle botteghe artigiane, è approdata nel mondo dell’arte contemporanea. Se da un lato con intelligenza e colta sensibilità ha assimilato gli insegnamenti più stimolanti per lui dell’arte contemporanea internazionale, dall’altro lato ha sempre mantenuto con tenace coerenza i valori culturali più autentici delle sue radici tra le montagne della Val Gardena. Nei suoi lavori  grandi totem, personaggi fantastici, menhir e troni mitici  si percepisce tutta l’importanza ancestrale del rapporto vitale fra l’uomo e il legno, emergono gli echi dei ricordi delle fiabe e delle leggende valligiane sentite da bambino, e anche elementi formali che rimandano alle conformazioni del paesaggio, come per esempio la spinta verticale delle punte delle montagne.
Il volume, in italiano, tedesco e inglese, è arricchito da una prefazione del critico d’arte Fred Licht, da uno scritto dello psichiatra e sociologo Paolo Crepet e da un testo di Alessandra Limetti.
Fotografare l’arte scultorea sembra un paradosso, tanto più un’arte concreta, odorosa piena di rilevi come quella di Adolf Vallazza. Eppure Berengo Gardin riesce non solo a restituirne la dimensione ideale, metafisica, plastica, la formula pura, ma anche ad anticiparne la prepotente tridimensionalità, suggerendo un “oltre” che va al di là dell’immediatamente percepito, un “oltre” la scultura stessa.
Alessandra Limetti
Cover Berengo Vallazza web
Adolf Vallazza nasce a Ortisei (Bz) nel 1924, da padre scultore in ferro e madre, figlia del pittore Josef Moroder Lusenberg. Negli anni 60 allestisce le prime mostre a Milano, Torino e Venezia. Critici come Giorgio Mascherpa, Garibaldo Marussi, Giuseppe Marchiori, Paolo Viti e altri, frequentano il suo studio e scriveranno di lui, invitandolo a varie mostre. Negli anni 70 allaccia un rapporto di amicizia e lavoro con il fotografo Gianni Berengo Gardin. Negli anni 90, l'allora curatore della Salomon R. Guggenheim foundation, Fred Licht lo invita in varie mostre di scultura a Firenze, Torino, Padova e Palermo. Nel 2010 Il curatore della GAM (galleria nazionale di arte moderna e contemporanea) Danilo Eccher lo invita a Torino per una collettiva dal titolo "Keep your seat", dove espone i suoi mitici troni. Tante sono le mostre in castelli, edifici storici e chiese, in Italia e all'estero. Dal 2016 i suoi totem, i personaggi fantastici, i menhir e i troni, sono esposti nel nuovo showroom a Ortisei, meta di ammiratori, critici e collezionisti di tutto il mondo.
Gianni Berengo Gardin è nato a Santa Margherita Ligure nel 1930. Dopo essersi trasferito a Milano si è dedicato principalmente alla fotografia di reportage, all’indagine sociale, alla documentazione di architettura e alla descrizione ambientale. Nel 1979 ha iniziato la collaborazione con Renzo Piano, per il quale ha documentato le fasi di realizzazione dei progetti architettonici. Nel 1995 ha vinto il Leica Oskar Barnack Award. È molto impegnato nella pubblicazione di libri (oltre 250) e nel settore delle mostre (oltre 200 individuali). Contrasto ha pubblicato di recente Il libro dei libri (2014) che raccoglie tutti i volumi realizzati dal maestro della fotografia, Manicomi (2015) e Venezia e le grandi navi (2015). L’intera produzione e l’archivio di Gianni Berengo Gardin sono gestiti da Fondazione Forma per la Fotografia di Milano.
a cura di  Fulvio Vicentini
  • Pubblicato in Rivista
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