ANTONELLO DA MESSINA
Dentro la pittura
Milano, Palazzo Reale
21 febbraio 2 giugno 2019
Purtroppo di Antonello da Messina (1430-1479), al pari di Vermeer, restano poche opere, scampate a tragici avvenimenti naturali e all’incuria degli uomini; quelle rimaste sono disperse in varie raccolte e musei fra Tirreno e Adriatico, oltre la Manica, al di là dell’Atlantico; molte hanno subito in più occasioni pesanti restauri che hanno deturpato per sempre la stesura originaria, altre sono arrivate sino a noi miracolosamente intatte. Considerando il fatto che la sua autografia comprende solamente 35 opere, si può capire l’importanza di questa mostra milanese in cui sono esposte oltre 20 opere del grande Maestro.
Capolavoro assoluto, che da solo vale una visita alla mostra milanese, è l’Annunciata (1475 circa), autentica icona, sintesi dell’arte di Antonello, con lo sguardo e il gesto della Vergine rivolti alla presenza misteriosa dell’Arcangelo Gabriele che si è manifestato, uno dei più alti capolavori del Quattrocento italiano in grado di sollecitare in ogni spettatore emozione e stupore. Il volto raffigurato è quello di una donna giovanissima che, turbata dalla visita dell’Arcangelo, solleva leggermente la mano destra intimorita, mentre con la mano sinistra chiude il velo. La cura del dettaglio, come il leggìo, lascia percepire l’influenza della pittura fiamminga. La potenza evocativa del dipinto è molto intensa, in quanto la presenza dell’Arcangelo si intuisce dal libro sacro in movimento, le cui pagine risultano essere mosse da una brezza divina. In mostra anche le eleganti figure di Sant’Agostino (1472-1473), San Girolamo (1472-1473) e San Gregorio Magno (1470-1475) forse appartenenti al Polittico dei Dottori della Chiesa, tutti provenienti da Palazzo Abatellis di Palermo. Merita uno sguardo prolungato il celeberrimo Ritratto d’uomo (1465-1476) dall’ironico sorriso proveniente dalla Fondazione Culturale Mandralisca di Cefalù. Utilizzato originariamente come sportello di un mobiletto da farmacia, è stato sottoposto a vari restauri e conosciuto nella tradizione locale come “ignoto marinaio”. Per Vittorio Sgarbi il “Ritratto d’uomo” di Antonello è la Gioconda siciliana, dall’enigmatico sorriso che dà l’impressione di un personaggio fondamentalmente antipatico. Da salvare in quanto un’opera d’arte, parola di Vittorio Sgarbi. Dalla National Gallery di Londra giungono a Milano altri due capolavori, il San Girolamo nello studio (1474-1475) in cui si armonizzano ispirazioni classiche e dettagli fiamminghi e il Cristo benedicente (1474 circa).
Destano commozione le opere eseguite dagli eredi del grande Maestro, prima fra tutte la dolcissima Madonna con il Bambino (1480) dall’Accademia Carrara di Bergamo, opera del figlio Jacobello di Antonello, eseguita l’anno seguente la morte del padre. Nell’insolita firma indica, come struggente offerta di devozione filiale, di essere il figlio di “pittore non umano” quindi divino. Jacobello faceva parte della bottega del padre e completò quanto la morte aveva impedito di terminare. E, accanto alle opere del maestro siciliano, sono esposte le copie fatte dagli eredi di famiglia: Antonello e Pietro de Saliba con la loro Annunciata ed Ecce Homo dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Una sezione della mostra è dedicata alla ricostruzione delle vicende della pala di San Cassiano, testo capitale per la storia dell’arte italiana, ricostruita anche tramite la memoria che ne diede David Teniers il Giovane con il suo San Se- bastiano (1659 circa) dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. E consacrata al mito di Antonello nell’Ottocento è esposta la tela di Roberto Venturi Giovanni Bellini apprende i segreti della pittura a olio spiando Antonello (1870) dal- la Pinacoteca di Brera.
Una mostra imperdibile per conoscere la fine introspezione psicologia dei volti degli uomini e delle donne profondamente italiani dipinti dal grande artista e l’eccellenza tecnica fatta di misture e infinite stesure dei colori che Antonello prese dai contemporanei fiamminghi e rielaborò, mescolandola alle influenze venete, nella sua maniera mediterranea, inconfondibile e di assoluta bellezza.
Milano, Palazzo Reale
21 febbraio 2 giugno 2019
Si è inaugurata a Milano, il 21 febbraio, un’interessante mostra su Antonello da Messina, nata dalla collaborazione fra la Regione Sicilia e il Comune di Milano e con la produzione di Palazzo Reale e MondoMostre Skira, a cura di Giovanni Carlo Federico Villa.
Antonio di Giovanni de Antonio (Messina, 1430 - Messina, febbraio 1479), soprannominato Antonello da Messina, è stato il più importante pittore siciliano del '400, abile nel coniugare la luce, l'atmosfera e l'attenzione al dettaglio della pittura fiamminga con la monumentalità e la spazialità razionale della scuola italiana. I suoi ritratti sono noti per l’indagine psicologica dei personaggi raffigurati. Si formò alla bottega del Colantonio a Napoli al tempo di Alfonso I che accoglieva artisti di varie provenienze, soprattutto dalle Fiandre. Antonello da Messina si può definire uno dei più grandi pittori rinascimentali dell'Italia meridionale ed esponente della pittura fiamminga in Italia. Compì numerosi viaggi tra Venezia, Milano, la Provenza e Roma. Le visite alle città gli procuravano nuova linfa artistica, e frequentemente arricchiva le varie scuole locali con importanti contributi autonomi, in particolar modo a Venezia, dove fece da apripista per la “pittura tonale” che caratterizzò il Rinascimento veneto. A Roma ebbe modo di apprezzare la monumentalità delle sculture classiche, ed acquisì la tecnica della prospettiva dalle opere di Beato Angelico e Piero della Francesca. Il suo stile è infatti caratterizzato da una ordinata disposizione prospettica tipica dell’arte italiana ed una attenzione ai particolari carpiti dalla cultura nordica.
Purtroppo di Antonello da Messina (1430-1479), al pari di Vermeer, restano poche opere, scampate a tragici avvenimenti naturali e all’incuria degli uomini; quelle rimaste sono disperse in varie raccolte e musei fra Tirreno e Adriatico, oltre la Manica, al di là dell’Atlantico; molte hanno subito in più occasioni pesanti restauri che hanno deturpato per sempre la stesura originaria, altre sono arrivate sino a noi miracolosamente intatte. Considerando il fatto che la sua autografia comprende solamente 35 opere, si può capire l’importanza di questa mostra milanese in cui sono esposte oltre 20 opere del grande Maestro.
Capolavoro assoluto, che da solo vale una visita alla mostra milanese, è l’Annunciata (1475 circa), autentica icona, sintesi dell’arte di Antonello, con lo sguardo e il gesto della Vergine rivolti alla presenza misteriosa dell’Arcangelo Gabriele che si è manifestato, uno dei più alti capolavori del Quattrocento italiano in grado di sollecitare in ogni spettatore emozione e stupore. Il volto raffigurato è quello di una donna giovanissima che, turbata dalla visita dell’Arcangelo, solleva leggermente la mano destra intimorita, mentre con la mano sinistra chiude il velo. La cura del dettaglio, come il leggìo, lascia percepire l’influenza della pittura fiamminga. La potenza evocativa del dipinto è molto intensa, in quanto la presenza dell’Arcangelo si intuisce dal libro sacro in movimento, le cui pagine risultano essere mosse da una brezza divina. In mostra anche le eleganti figure di Sant’Agostino (1472-1473), San Girolamo (1472-1473) e San Gregorio Magno (1470-1475) forse appartenenti al Polittico dei Dottori della Chiesa, tutti provenienti da Palazzo Abatellis di Palermo. Merita uno sguardo prolungato il celeberrimo Ritratto d’uomo (1465-1476) dall’ironico sorriso proveniente dalla Fondazione Culturale Mandralisca di Cefalù. Utilizzato originariamente come sportello di un mobiletto da farmacia, è stato sottoposto a vari restauri e conosciuto nella tradizione locale come “ignoto marinaio”. Per Vittorio Sgarbi il “Ritratto d’uomo” di Antonello è la Gioconda siciliana, dall’enigmatico sorriso che dà l’impressione di un personaggio fondamentalmente antipatico. Da salvare in quanto un’opera d’arte, parola di Vittorio Sgarbi. Dalla National Gallery di Londra giungono a Milano altri due capolavori, il San Girolamo nello studio (1474-1475) in cui si armonizzano ispirazioni classiche e dettagli fiamminghi e il Cristo benedicente (1474 circa).
Antonello da Messina dipinse San Girolamo nello studio nei primi anni di soggiorno a Venezia. L’opera ritrae il Santo che visse tra il quarto e il quinto secolo dopo Cristo, traduttore della Bibbia dal greco al latino. La maniacale disposizione degli elementi all’interno della stanza porta subito alla mente alcuni dipinti del Vermeer. San Girolamo nello studio è rappresentato all’interno di uno spazio molto complesso ed elaborato, assorto nella lettura di un pesante volume, probabilmente un testo religioso. L’ambiente evoca quello di una chiesa gotica con tre bifore polilobate, mentre le piccole piastrelle del pavimento, disposte con una rigorosa fuga prospettica, creano una griglia dalla quale si elevano gli elementi architettonici. L’occhio trova due vie di fuga a sinistra e a destra dell’opera, grazie ai paesaggi che compaiono oltre alle finestre. La coturnice rappresentata a destra è un simbolo cristiano, che allude alla Verità di Cristo. Il pavone invece simboleggia la Chiesa e l’onniscienza di Dio. Le piante rappresentate sullo scrittoio sono un bosso, legato alla salvezza divina, mentre il geranio allude alla passione di Cristo. In prossimità del portico rinascimentale di destra, in ombra, si nota il leone simbolo di San Girolamo. Sullo studiolo a sinistra invece è accoccolato tranquillamente un gatto. San Girolamo è intento alla lettura seduto su di una sedia circolare, mentre il libro è poggiato su di un leggio. Sugli scaffali posti dietro allo scrittoio e di fianco sono distribuiti i libri aperti, oggetti di uso quotidiano ed erbe. In prossimità dell’angolo destro a terra è poggiata una ciotola metallica mentre sullo sgabello è posato un cappello da cardinale. Insieme all’utilizzo della tecnica ad olio Antonello da Messina ama i colori saturi e intensi e la rappresentazione minuziosa dei dettagli. I colori delle architetture e dello studio sono caldi, in particolar modo nella veste rossa del santo che viene evidenziato grazie alla prospettiva centrale. Il pavimento e le vedute che si intravedono dalle finestre creano dei contrappunti freddi di grigio e blu, mentre i forti contrasti chiaroscurali definiscono gli ambienti interni. L’illuminazione, secondo la tradizione fiamminga, proviene da diverse fonti. La luce principale proviene dal centro ed esalta la fuga prospettica, mentre altra luce entra poi dalle finestre che si aprono sul fondo della stanza. Tra le opere esposte, importanti anche la Crocifissione (1460 circa) proveniente dal Museo nazionale Brukenthal di Sibiu in Romania e attribuita ad Antonello, prima da Karl Voll nel 1902 e successivamente da Bernard Berenson nel 1932; il Ritratto di giovane (1474) dal Philadelphia Museum of Art, il Ritratto di giovane uomo (1478) dal Museo statale di Berlino. Incantevole La Madonna col Bambino (1475 circa) proveniente dalla National Gallery di Washington, in cui viene esaltato il legame affettivo tra le due figure, per via del bambino giocoso che cerca il seno della madre allungando la mano oltre la scollatura.
Dagli Uffizi arriva l’importantissimo trittico con la Madonna con Bambino, il San Giovanni Battista - acquistati nel 1996 da Antonio Paolucci, allora Ministro dei Beni Culturali - e il San Benedetto di straordinaria qualità pittorica (che la Regione Lombardia ha acquistato tramite Finarte nel 1995, oggi in deposito nel museo fiorentino).
Il Ritratto di giovane gentiluomo, a lungo considerato il vero volto dell’artista, dalla Pinacoteca Malaspina di Pavia, è rappresentativo dello stile antonelliano per inquadramento, sfondo, postura e soprattutto attitudine leggermente ironica del personaggio: trafugato dal museo nella notte fra il 10 e l’11 maggio 1970 fu recuperato sette anni dopo dal nucleo di Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri; dal Collegio degli Alberoni di Piacenza il celebre Ecce Homo (Cristo alla colonna) (1473-76). E ancora il Ritratto d’uomo (1475-1476) dalla Galleria Borghese di Roma e il poetico Cristo in pietà sorretto da tre angeli (1474-1476 circa) dal Museo Correr di Venezia.
Destano commozione le opere eseguite dagli eredi del grande Maestro, prima fra tutte la dolcissima Madonna con il Bambino (1480) dall’Accademia Carrara di Bergamo, opera del figlio Jacobello di Antonello, eseguita l’anno seguente la morte del padre. Nell’insolita firma indica, come struggente offerta di devozione filiale, di essere il figlio di “pittore non umano” quindi divino. Jacobello faceva parte della bottega del padre e completò quanto la morte aveva impedito di terminare. E, accanto alle opere del maestro siciliano, sono esposte le copie fatte dagli eredi di famiglia: Antonello e Pietro de Saliba con la loro Annunciata ed Ecce Homo dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Una sezione della mostra è dedicata alla ricostruzione delle vicende della pala di San Cassiano, testo capitale per la storia dell’arte italiana, ricostruita anche tramite la memoria che ne diede David Teniers il Giovane con il suo San Se- bastiano (1659 circa) dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. E consacrata al mito di Antonello nell’Ottocento è esposta la tela di Roberto Venturi Giovanni Bellini apprende i segreti della pittura a olio spiando Antonello (1870) dal- la Pinacoteca di Brera.
Giovan Battista Cavalcaselle, storico dell’arte, attraverso i suoi taccuini e disegni conduce il visitatore alla scoperta di Antonello da Messina. Grazie alla collaborazione attivata negli anni con la Biblioteca Marciana di Venezia sono presentati in mostra 28 fogli e taccuini di Giovan Battista Cavalcaselle con la sua ricostruzione del primo catalogo di Antonello.
Correda la mostra un importante catalogo edito da Skira, con tutte le immagini delle opere esistenti e riconosciute di Antonello da Messina; una Sezione storico artistica con i saggi di Giovanni Carlo Federico Villa, Renzo Villa, Gioacchino Barbera e sei testi rispettivamente di Roberto Alajmo, Nicola Gardini, Jumpa Lahiri, Giorgio Montefoschi, Elisabetta Rasy e Vittorio Sgarbi. Concludono il volume gli Apparati con Biografia e Bibliografia Ragionata.
Una mostra imperdibile per conoscere la fine introspezione psicologia dei volti degli uomini e delle donne profondamente italiani dipinti dal grande artista e l’eccellenza tecnica fatta di misture e infinite stesure dei colori che Antonello prese dai contemporanei fiamminghi e rielaborò, mescolandola alle influenze venete, nella sua maniera mediterranea, inconfondibile e di assoluta bellezza.