Balla a Villa Borghese

…“le sue visioni, la sua modernità, la sua
intelligenza artistica”…prima del Futurismo!
di Marina Novelli
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Il fruscio dei rami mossi dal vento…forse il Ponentino romano, irregolare ma persistente che soffia delicatamente sulla mia faccia, facendomi volare il cappello… mentre il silenzio circostante è rotto dallo scricchiolio delle foglie e degli aghi di pino sotto ai miei piedi e dal sereno cinguettio degli uccelli… colori primaverili e profumazioni tenui ma ricche di nostalgia come nei tramonti... è ciò che ho avvertito entrando nella Aranciera di Villa Borghese… proprio dinanzi alle suggestive opere di Giacomo Balla. Il Museo Carlo Bilotti, nella sua affascinante ed incantata Aranciera di Villa Borghese, proprio in quel che definirei “il suo verde cuore pulsante”, ha visto, la mostra antologica di Giacomo Balla, in cui sono state esposte le sue opere dipinte nella Villa stessa; una interessante indagine sulla sua prima pro- duzione pittorica, quando non ancora futurista, ci mostra il suo studio della luce e del colore. Intendo focalizzare l’attenzione su quelle che sono state le ragioni che hanno dato l’imput alla celebrazione di questa splendida mostra… straordinariamente bella e si- gnificativa. Elegante! Siamo nel 1904 e dopo il matrimonio con Elisa Marcucci, Giacomo Balla da Torino, si trasferisce in un antico monastero in Via Parioli, 6 (attuale Via Paisiello) a Roma. Nelle stanze-cella di questo luogo felice, situato ai margini periferici dell’allora città estremamente differente da come si presenta ai nostri giorni, Balla ama immergersi nella descrizione pittorica di ciò che vede dal balcone del suo studio, oppure subito in prossimità della porta dell’abitazione. Nel 1910 egli realizza il suo grande polittico Villa Borghese in cui il tema della natura ai confini della città di Roma diventa per Balla ciò che la “ Montagne Sainte-Victoire” rappresenta per Paul Cézanne, e cioè una materia da indagare e approfondire, da provare e riprovare, scarnendola fino all’astrazione. Si tratta infatti di uno dei primi temi sperimentali affrontati dal pittore, che riuniti organicamente in questa mostra in un numero di una trentina di opere, sembrano preludere all’epoca eroica del Futurismo. Ritroviamo infatti i temi della Rondine, vista dallo stesso balcone, l’Automobile in corsa, la Velocità astratta, le Linee forza di paesaggio, le Trasformazioni forme spirito, il Mercurio che passa davanti al sole, ecc. ecc. Un successivo ampliamento della mostra, nelle sale del primo piano del Museo, accentra l’attenzione, attualizzando lo “sguardo fotografico” di Balla attraverso una serie di scatti Mario Ceppi, realizzati negli stessi luoghi delle opere esposte.
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La mostra ha visto inoltre la proiezione del film di Jack Clemente “Balla e il Futurismo”, che nel 1972 è stato vincitore del premio Leone d’Argento, nella sezione documenti d’arte in occasione della Biennale di Venezia. Nel 1971 Giacomo Balla realizza il suo primo film come regista, “Balla et le futurisme”, diventato poi documento storico sulla vita e l’opera del protagonista del Futurismo. Echoes, famoso brano dei Pink Floyd, utilizzato nella colonna sonora del film, fu concesso a Clemente dalla band, conosciuta in occasione delle riprese del film concerto di Adrian Maben “Pink Floyd a Pompei” nel 1971. Elica e Luce, figlie di Balla, sono le protagoniste del racconto che insieme allo straordinario appartamento in Via Oslavia ci conducono lungo il corridoio, dentro le stanze, oltre la finestra di questa dimora dove l’artista ha messo in atto dando origine a quella “Ricostruzione futurista dell’Universo” teorizzata nel 1915 con Depero. Un grazie speciale alla curatrice di questa elegante quanto delicata e suggestiva mostra, la storica dell’arte Elena Gigli, che da molti anni incontriamo quale studiosa impegnata nella catalogazione dell’opera di Balla e che non si è risparmiata, in fase di Conferenza Stampa, nel guidarci, passo dopo passo, nella descrizione delle opere. Ella nel suo “excursus” ci ha inoltre illustrato parte della vita di Giacomo Balla che, nato a Torino nel 1871, si trasferisce a Roma nel 1895 e che dopo aver cambiato varie abitazioni, grazie all’interessamento dell’allora Sindaco Nathan, ad abitare in un Convento Casermone proprio a ridosso di Villa Borghese, attuale Parco dei Principi, in via Paisiello angolo via Nicolò Porpora. Balla5
Caratteristica di questo grande Convento è un piano rialzato sul quale troneggia una “ringhiera” che verrà più volte immortalata nelle sue opere pittoriche, vedi infatti “La bambina che corre sul balcone”, grande quadro futurista oggi nella collezione Grassi di Milano. Ringhiera che ritroviamo anche in numerosi pastelli e nel quadro Maggio, dove viene invece immortalata la sua moglie Elisa, nonché la ritroviamo nella sua proiezione come ombra sul prato nell’opera ritraente la Casa Convento. È straordinario pensare che Giacomo Balla si affacciava da questa ringhiera per ammirare l’adiacente Parco dei Daini, aggettante su Villa Borghese che, nel 1902 acquistato dal Comune di Roma ritroviamo abbandonato e trascurato (forse l’inizio di un successivo degrado!). Il nostro geniale artista era solito attraversare la Villa passeggiando ed estasiato guardarsi intorno, scoprendone le sue bellezze anche negli angoli più reconditi e anfratti, non risparmiandosi di ritrarre angoli, fontane, sentieri, vegetazione e più precisamente gli alberi. È pertanto possibile anche al giorno d’oggi fare un giro, specie in prossimità del Museo Canonica, che al tempo prendeva il nome di “La Fortezzuola”, per ritrovare gli stessi scorci, gli stessi alberi…le stesse atmosfere e non ultimo la inconfondibile sagoma del Cupolone stagliata sul suggestivo, caldo, nostalgico... inconfondibile tramonto romano.