Dai Romantici a Segantini

Foto in copertina:
Albert Anker
“Louise, la figlia dell’artista” - 1874
Olio su tela - cm 80.5x65
Kunst Museum Winterthur, Fondazione Oskar Reinhart
© SIK-ISEA, Zurigo (Philipp Hitz)

Storie di lune e poi di sguardi e montagne. Capolavori dalla Fondazione Oskar Reinhart.

Padova, Centro San Gaetano - 29 gennaio - 5 giugno 2022
A cura di Silvana Gatti.
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Arnold Böcklin
“Bambini che intagliano zufoli” - 1865
Olio su tela - cm 64.5 x 96.5
Kunst Museum Winterthur, Fondazione Oskar Reinhart
© SIK-ISEA, Zurigo (Philipp Hitz)



È in corso, fino al 5 giugno 2022, a Padova, la mostra Dai romantici a Segantini, realizzata grazie alla collaborazione tra il Comune e Linea d’ombra, primo capitolo di un nuovo progetto espositivo concepito da Marco Goldin, dal titolo complessivo “Geografie dell’Europa. La trama della pittura tra Ottocento e Novecento”. Un vasto percorso artistico e storico che documenterà la pittura in Europa dal XIX al XX secolo.
Un progetto ambizioso che metterà in luce le relazioni che, fino a inizio Novecento, intercorrevano tra le diverse culture figurative nazionali. I pittori viaggiavano dalla foresta di Barbizon a Parigi, da Vienna a Monaco, verso le grandi capitali in cui la modernità avanzava e verso i luoghi artistici. L’Italia era una delle mete predilette, basta citare, tra i tanti artisti che visitarono il Bel Paese, Turner e Corot, Manet e Böcklin, Monet e Renoir. Un progetto nato dallo studio più che ventennale di Marco Goldin sull’arte dell’Ottocento in Europa e nel mondo, sfociato nel suo libro, uscito per La nave di Teseo, “Il giardino e la luna. Arte dell’Ottocento dal romanticismo all’impressionismo”. Questa è la prima mostra del ciclo, ricca di paesaggi incantati e ritratti volti a documentare la nascita dell’arte europea a inizio Ottocento, dunque il romanticismo. Per questa ragione la Germania è il fulcro di tale mostra, con la Svizzera con la quale condivide il versante del realismo per poi aprirsi, tra Ottocento e Novecento, grazie a pittori quali Hodler e Segantini giunto dall’Italia, verso il nuovo.
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Arnold Böcklin
“Pan nel canneto” - 1856-1857
Olio su tela - cm 138 x 99.5
Kunst Museum Winterthur, Fondazione Oskar Reinhart
© SIK-ISEA, Zurigo (Philipp Hitz)


La mostra annovera 75 opere della collezione Oskar Reinhart, parte della rete del Kunst Museum di Winterthur, uno dei poli artistici di maggior interesse della Confederazione elvetica. Appartenente a una ricca famiglia di mercanti, Oskar Reinhart (1885 - 1965) era il figlio minore di Theodor, molto interessato egli stesso al collezionismo.
A partire dal romanticismo in Germania, con i suoi esponenti maggiori da Friedrich a Runge a Dahl, la collezione comprende cinque dipinti di Friedrich, padre del romanticismo, tutti esposti a Padova. Sette sono le sezioni tematiche che documentano l’arte svizzera e tedesca dell’Ottocento. Un viaggio che dalla modernità dei paesaggi alpini, a fine Settecento, di Caspar Wolf, arriva fino a Segantini. Interessanti alcune sezioni monografiche tra cui quelle dedicate a Böcklin e Hodler, fino all’impressionismo tedesco e alle novità coloristiche, di stampo francese, di pittori svizzeri come Cuno Amiet e Giovanni Giacometti, vissuti nella valle incantata tra le montagne intorno al Maloja.
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Caspar David Friedrich
“Le bianche scogliere di Rügen” - 1818
Olio su tela - cm 90 x 70
Kunst Museum Winterthur, Fondazione Oskar Reinhart
© SIK-ISEA, Zurigo (Philipp Hitz)



Da epoche remote la Svizzera ha sempre avuto rispetto per la natura e la montagna. Il pensiero di Rousseau diede il via, nel Settecento, allo sviluppo di una filosofia della natura che trovò in Svizzera terreno fertile, come primo passo verso il romanticismo. Le Alpi furono il soggetto prediletto dagli artisti, e Caspar Wolf, con le sue opere delle Alpi dipinte tra il 1774 e il 1778, anticipatore talvolta del Turner, le dipinse in maniera del tutto innovativa. Prima del pittore svizzero, nato nel 1735 nel canton Argovia e morto nel 1783 a Heidelberg (Germania), i paesaggi montani venivano raffigurati in maniera naturalistica. Wolf ha voluto rendere un’immagine più “sensuale” ed esteticamente nuova di catene montuose, ghiacciai, cascate, caverne, ponti, fiumi, laghi e altopiani. Una sua opera in mostra, “Veduta dal Bänisegg sul ghiacciaio inferiore del Grindelwald e sul massiccio del Fiescherhorn”, olio su tela del 1774, regala al pubblico un’atmosfera del tutto eterea della montagna. Il suo successo è dovuto anche all’incontro con l’editore bernese Abraham Wagner, per il quale ha illustrato una pubblicazione enciclopedica sui paesaggi delle Alpi svizzere.
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Caspar David Friedrich
“Donna sulla spiaggia di Rügen” - 1818 circa
Olio su tela - cm 21.5 x 30
Kunst Museum Winterthur, Fondazione Oskar Reinhart
© SIK-ISEA, Zurigo (Philipp Hitz)


Nelle opere di Calame e Menn è riscontrabile l’influenza francese, attorno alla metà dell’Ottocento, di pari passo con quanto avveniva in tutta Europa. Spicca, tra le altre opere di Alexandre Calame, “Rocce vicino a Seelisberg”, del 1861, per la raffigurazione di una natura incontaminata, di contrasto alla crescita industriale. Nella parte della Svizzera tedesca, il realismo legato al paesaggio si legò ad una vera e propria celebrazione di una nazione che si avviava sempre di più verso una condizione di prosperità. Courbet diventa il riferimento principale di artisti come Buchser, Koller e Robert Zünd, come si vede nella sua opera “Prato al sole”, del 1856, dalla forte valenza espressiva.
La mostra prosegue con la sezione dedicata al romanticismo in Germania. Oskar Reinhart aveva in Julius Meier-Graefe il suo punto di riferimento. La grande esposizione berlinese del 1906 fece conoscere al pubblico il romanticismo tedesco, riscoprendo la figura di Caspar David Friedrich, caduto inspiegabilmente nell’oblio dopo la morte. Tra le cinque opere di Caspar David Friedrich qui esposte, spicca il dipinto “Le bianche scogliere di Rügen”, del 1818, in Germania, dove l’artista si recò nel 1818 per festeggiare le nozze con Caroline Bommer. Nella tela le scogliere sono incorniciate dalle chiome dei due alberi in primo piano, che formano una circonferenza immaginaria all’interno della quale sono disposti tre personaggi che scrutano il mare che si profila oltre le falesie. A destra un uomo (il pittore stesso), guarda verso l’orizzonte seguendo il veleggiare di due piccole barche. A sinistra una giovane donna, Caroline, vestita di rosso, indica qualcosa di indefinito ai piedi del bianco precipizio.
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Giovanni Giacometti
“Ottilia Giacometti” - 1912
Olio su tela - cm 61 x 50
Kunst Museum Winterthur, Fondazione Oskar Reinhart
© SIK-ISEA, Zurigo (Philipp Hitz)



Al centro della scena è raffigurato il fratello che, posato il bastone e la tuba sul terreno, si avvicina carponi all’orlo della voragine, al fine di poter osservare il punto indicato dalla moglie. Ogni elemento del dipinto simboleggia un messaggio di matrice cristiana, tipico di altre opere friedrichiane. L’uomo che avanza carponi, per esempio, è un riferimento all’obbedienza e all’umiltà, così come l’uomo in contemplazione allude alla speranza. Le due barchette a vela sono simboli dell'anima che si apre alla vita eterna, mentre la tuba poggiata sull'erba è un’immagine metaforica della caducità della vita. Anche i colori sono portatori di messaggi, dall’abito rosso squillante di Caroline simbolo di carità e amore, al blu della figura in centro colore della fede, mentre l'uomo sulla destra indossa indumenti verdi, colore della speranza. I tre personaggi restano comunque in secondo piano rispetto allo spettacolo naturale, vero e proprio protagonista del dipinto. Le maestose falesie si stagliano verso il mare, dipinto con colori che vanno dalle tonalità verde-blu del mare sotto costa al rosa dell’orizzonte, che si confonde nell'infinito, in accordo con la sensibilità romantica.
La collezione Reinhart presenta opere in cui il tema della natura resta fondamentale, anche se non mancano scene di vita quotidiana come, per esempio, nel quadro di Kersting “Uomo che legge alla luce di una lampada”, 1814. Per Runge l’amore verso la natura era la chiave attraverso cui l’uomo poteva scoprire i segreti dell’universo. Runge è, assieme a Caspar David Friedrich, il maggior esponente del Romanticismo tedesco, e sviluppò una concezione del “paesaggio” come un enorme “geroglifico”, composto da un’allegoria o un simbolo. All’elaborazione di questa teoria artistica Runge contribuì con il suo scritto “La sfera dei colori”. Runge fu anche poeta e ideò un ciclo di dipinti, Le fasi del giorno, da vedersi con l’accompagnamento di musica e poesia: in questo modo, perseguiva il sogno, tipicamente romantico, di creare l’opera d’arte totale, centrata su un’elaborata e complessa rappresentazione dei momenti del giorno, uno dei quali compare in mostra.
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Ferdinand Hodler
“Il massiccio Jungfrau da Mürren” - 1911
Olio su tela - cm 88.5 x 66
Kunst Museum Winterthur, Fondazione Oskar Reinhart
© SIK-ISEA, Zurigo (Philipp Hitz)


La terza sezione della mostra documenta il periodo di passaggio che dal romanticismo tedesco si avvia verso l’impressionismo con l’opera di Ferdinand Georg Waldmüller, austriaco di nascita, “Veduta vicino al villaggio di Ahorn con i monti Loser e Sandling”, un olio su tavola del 1833 che documenta come l’artista trovasse soltanto nella natura la verità e la bellezza del creato, al pari di Morgenstern, ancora in bilico tra una visione tardo romantica di forte sensibilità atmosferica e gli esiti del realismo. Con “Il pittore nel giardino”, 1860 circa, di Carl Spitzweg, si entra nell’ambito preimpressionista, grazie ad un brillante cromatismo che lo rese uno dei maestri in Germania nella seconda parte del secolo. Nel quadro in mostra è evidente un certo intimismo lirico, con il pittore raffigurato di spalle, seduto e riparato dal sole da un ombrello che evoca i modelli francesi.
Il XIX secolo vede affiancarsi un’arte di tipo idealista accanto al realismo. Nelle nazioni legate alla lingua tedesca cresce l’interesse per gli ideali classici legati alle dimensioni umane della psicologia. Artisti del cosiddetto gruppo Deutschrömer, vale a dire Von Marées, Feuerbach e Böcklin, presenti nella quarta sezione, subivano il fascino della cultura italiana antica. Böcklin incarnò la visione del mondo espressa da Nietzsche nella sua opera “La nascita della tragedia”, lavorando su immagini evocatrici dell’elemento dionisiaco che si manifesta sotto la facciata della bellezza apollinea tratta dalla mitologia e dal mondo delle divinità, come si vede nei quadri famosi in questa sezione. Era opinione dei Simbolisti, e di Böcklin in particolare, che lo scopo dell’arte fosse quello di rivelare la realtà «altra» che si cela dietro quella visibile con l'uso dei sensi e della ragione, svelando le possibilità offerte dall’esplorazione della realtà psichica delle cose per mezzo di simboli di matrice mitologica come nell’opera “Tritone e Nereide”, datata 1877 Albert Anker è il più popolare tra gli artisti svizzeri prima di Hodler.
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Giovanni Segantini
“Paesaggio alpino con donna all’abbeveratoio”
1893 circa - Olio su tela - cm 71.5 x 121.5
Kunst Museum Winterthur, Fondazione Oskar Reinhart
© SIK-ISEA, Zurigo (Philipp Hitz)


I suoi ritratti immergono i personaggi in un silenzio quasi metafisico, come nel Ritratto della figlia Louise esposto nella quinta sezione della rassegna. A metà degli anni cinquanta del XIX secolo è a Parigi per studiare nell’atelier di Gleyre, nelle stesse sale in cui pochi anni dopo sarebbero entrati Monet e Renoir. Espone al Salon fino ai primi anni novanta e si mostra interessato al realismo di Courbet ed alla pittura francese di artisti come Bonvin e Chaplin. Trovandosi a Parigi nel pieno della rivoluzione impressionista subisce l’influ- enza della ritrattistica di Manet e del giovane Renoir. Verso fine Ottocento, una arte di timbro simbolico e psicologico fu rilevante non solo in Germania e Svizzera ma anche in Francia e in Europa. Tutto questo, nella collezione di Oskar Reinhart, è documentato dalle opere del pittore svizzero più importante di quel periodo, Ferdinand Hodler. Egli combina, anche nei ritratti qui esposti, elementi del realismo di Courbet ed effetti impressionistici con reminiscenze di alcuni maestri antichi, specialmente Holbein. Il ritratto, ad esempio, della sorella del poeta simbolista Duchosal, parte dal tributo verso Holbein passando per Manet, ma descrive anche la psicologia del soggetto, nello stile dei simbolisti.
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Caspar Wolf
“Veduta dal Bänisegg sul ghiacciaio inferiore
del Grindelwald e sul massiccio del Fiescherhorn”
1774 - Olio su tela - cm 54 x 76
Kunst Museum Winterthur, Fondazione Oskar Reinhart
© SIK-ISEA, Zurigo (Philipp Hitz)


È nell’arte tedesca compresa nella collezione Reinhart che l’influenza del realismo di Courbet risulta evidente. L’interesse verso il mondo rurale era anche di stampo politico e si espresse anche nella ritrattistica. Altri pittori compresi nella sesta sezione, come Von Uhde e Trübner, celebrano i valori di un mondo antico e di tradizioni, mentre Thoma, artista molto amato dal collezionista svizzero, inserisce in questo legame con la realtà una nota di lirismo e di partecipazione emotiva. L’influenza dell’impressionismo francese arriva anche in Germania, seppur con anni di ritardo, come si vede per esempio nell’opera di Slevogt e Liebermann.
L’ultima sezione della mostra, la più ampia per numero delle opere, è un ingresso trionfale dentro la modernità e il suo colore nuovo. Quattro i pittori che la compongono: Segantini, Amiet, nuovamente Hodler e Giovanni Giacometti, il padre dello scultore Alberto. È tra le valli, i prati e i picchi attorno al Maloja, sopra Saint-Moritz, che si forma un nuovo gusto per la pittura, ampiamente collegato a quanto di più moderno avveniva in Europa e soprattutto in Francia. L’arrivo di Segantini dall’Italia, prima nel piccolo villaggio di Savognino e poi nella casa al passo del Maloja, significava il giungere di una figura che metteva la pittura al centro della vita.
Segantini si incontrerà più volte con Giacometti, che abitava a Stampa, lungo la strada che sale proprio al passo del Maloja e dove dipingerà per lunghe estati. Assieme ad Amiet, lo stesso Giacometti vedrà il pittore di Arco nel 1896, mentre Hodler esporrà a Zurigo due anni dopo con gli stessi Amiet e Giacometti. Un gruppo di artisti che eleggono la montagna a loro luogo di vita e lavoro, sentendosi liberi.
Chiudono la mostra i quadri dedicati da Hodler alle Alpi svizzere, pareti vertiginose che nel frattempo anche il grande alpinismo aveva scoperto e conquistato. Considerato il pittore ‘nazionale’ svizzero ed uno tra i più importanti ed influenti della sua epoca (artisti come Munch e Picasso ne furono influenzati), Ferdinand Hodler è presente in mostra con ben 14 opere, A oltre un secolo di distanza da Wolf molte cose erano cambiate, rimanendo ferma però la bellezza della pittura che questa mostra racconta.