ESTROFLESSO SARA' LEI!
Bassani, le forme, lo spazio ed il colore.
di Giorgio Barassi
di Giorgio Barassi
Arriviamo a Martinengo nella prima giornata di sole e tempo tiepidi dopo le aggressioni dell'inverno, che in Padania cala le terribili carte dei “Giorni della Merla” e gela le ginocchia. La dolcezza della campagna è punteggiata dal passaggio rapido dei trattori, in angoli lindi e silenziosi caratterizzati da villette allineate. Qualcuno coltiva il suo orto e dà una spuntatina ai cespugli, in attesa della fioritura. Una autentica consolazione, nei tempi delle città affollate e dei dialoghi frettolosi ed alternati all’occhiata allo smartphone. Vive qua, a sud di Bergamo e del lago d'Iseo, Andrea Bassani, serio e preciso elaboratore di opere fascinosamente tridimensionali, ordinate come le vie del suo paese. Opere nette e geometricamente impeccabili, figlie di una vicenda creativa in cui Andrea la fa da protagonista al pari della sua curiosità e della sua ricerca.
Nulla sopravanza nulla. Le sue opere ormai hanno la loro anelata riconoscibilità e non ce n'è una prediletta o assolutamente privilegiata. Quello che riguarda la sua composizione è scandito con cura attraverso linee curve, diagonali, orizzontali o verticali, lasciando all'artista il buon gusto di districarsi fra passione e ispirazione senza ascoltare nessun altro, senza seguire suggerimenti. È come dire “... se mi vuoi, sono così ...” ed è profondamente giusto. Forzare la mano ai veri artisti, d'altro canto, è dannoso e lui è persona a cui non puoi imporre alcunché, perché prende la vita con un distacco ammirevole, fa quello che gli piace ed ha raggiunto una certa notorietà dovuta proprio alla coerenza ed alla pulizia del suo stile, che gli somiglia. Inizi da figurativo, poi una indagine che ha si rivolto l'attenzione a quelli che della tela facevano una superficie modificabile, ma il cammino di Bassani ha preso una via di autenticità e singolarità quando si è fatta avanti l'esigenza di raccontare la solidità del legno e non i soli capricci della estensione volumetrica delle tele. Insomma Bonalumi e Castellani c'entrano, ma non del tutto. Bassani non voleva solo spingere o far rientrare una superficie, magari spostandone il contenuto al di fuori del perimetro di un quadro. Ha voluto dare all'intimità della sua operazione artistica una nota di geometrie solide e piane insieme, ricoprendo il legno sagomato e protrudente o liscio con una tela dipinta all'acrilico e perfettamente aderente alla materia lignea, senza una sbavatura o un granellino di colore in più, senza una piega, senza, insomma, che si possa eccepire la pur minima irregolarità. Ordine e compostezza. La caratteristica delle idee chiare.
Nella scelta dei colori, prevalentemente primari, e delle forme che vengono incluse in trasparenti contenitori di plexiglass o lasciate libere di comporsi ed assestarsi su una parete è il passo vincente, gradevole e razionalmente decorativo. Quando decide di non chiudere nelle trasparenti scatole il suo lavoro, Bassani tratta la pittura diversamente, aggiunge componenti di fissaggio della tinta che la rendono più lucida, perché deve affrontare un esterno assoluto e vedersela col tempo, che è, peraltro, elemento racchiuso nel suo cercare di definire gli spazi mettendoci una durata giusta, senza ripensamenti.
No, non sono estroflessioni, e Andrea, con garbo e gentilezza, lo ripete motivando. Dopotutto non gli si può dar torto: il proliferare di artisti e pseudo artisti estroflettenti degli ultimi anni inquieta. Una invenzione, quando diventa la ripetizione di sé stessa, non ha più il vigore della originalità se non nei suoi padri. Il lavorare i legni, il rivestirli di tela dipinta e la scelta delle tinte sono i tre quarti del cammino. Il resto lo fa la collocazione. In spazi equidistanti, l'un pezzo ad affiancare l'altro distanziati con la stessa misura, le componenti delle opere di Bassani si adagiano ad un fondo trasparente e lì vengono ordinatamente bloccate, perché si individui senza dubbi la precisione e la ricchezza armonica del tutto. In quadrati o rettangoli, a volte in solidi geometrici nati apposta, fatte per vivere la vita di un quadro, appese al muro o appoggiate su un piano, le opere di Bassani sembrano dirci di che razza di fatica sono fatte. Hanno il carattere delle elucubrazioni in cui si struggono i pensatori più intimisti della pittura complessa ma la facilità di lettura che è delle grandi opere. Non è dunque il caso di complicarsi la vita, come è costume di molta critica, azzardando contiguità iperboliche, sciorinando nomi ed evocando firme altisonanti. Ne abbiamo tutti abbastanza del “... ricorda il tale ... “ o “... è vicino al pensiero di ...” o, peggio “ ... con addentellati concettuali che esprimono ...”. Bassani è e rimane Bassani, ed è ora di capirlo bene, perché nulla della sua ricerca è lasciato al caso, nulla richiama in maniera assoluta il tale o il talaltro. In quelle fattezze regolari e ben tornite, in quelle dolci escrescenze conquistate e limate di fino sta la base della sua ricerca. Nella tela colorata che le avvolge aderendovi perfettamente è individuabile l'anima di pittore, che nei colori trova la libertà di annunciare la coerenza della sua ricerca e la continuità del suo percorso. Niente paragoni, niente esigenze comparative né citazioni sperticate. La sua è una attività che ha i ritmi del giusto e pacato pensiero, che trova ispirazione nei silenzi brumosi di quella bella fetta di Lombardia e che rende l'idea di forma, colore e solidità insieme.
Campeggiano nel suo studio alcuni pezzi fascinosi, sintesi di una fatica dignitosa, attuale e assai più che contemporanea. Avesse vissuto nelle epoche passate, si sarebbe dedicato alla stesura di codici miniati, alla attività della precisione corredata dal giusto arabesco, a far svettare edifici contro il cielo vestendoli ad arte in una linearità ammirevole. Tutto il suo lavoro ricorda quei campanili che affiorano dalla pianura, d'improvviso, in mezzo a un rettilineo tra campi e piccole strade vicinali. Ricorda la saggezza e la perizia di chi, mattone dopo mattone, giorno dopo giorno, ha costruito ciò che vince il tempo. Che sia il cielo di Lombardia, bello quando è bello per dirla con Don Lisànder Manzoni, o una assolata terra ad accoglierlo, il lavoro di Bassani segna il nostro tempo e rimane come una bella conquista guadagnata senza clamori, senza eccessi, senza esagerare mai. Coi piedi per terra e la fantasia creativa libera di spaziare. A condizione che tutto sia ordinato. Rigoroso. Preciso. AI chiasso, il sciùr Bassani, non si abituerebbe mai, per fortuna.