I Tesori del Borgo - Sant'Agata sul Santerno
Antica cittadina di origini estensi della Pianura romagnola, tra Ravenna e Bologna. Dove la storia e le tradizioni convivono in armonia con la modernità e il progresso.
di Amanda Capucci
Sant’Agata sul Santerno con i suoi 3000 abitanti è il secondo comune più piccolo della Provincia di Ravenna e il meno esteso quanto a superficie. Nonostante questo, è un paese di antiche tradizioni e sorge su un’importante via di comunicazione, la via San Vitale che collega Bologna con Ravenna. L’antica Pieve di Sancta Agatha viene fatta risalire al 740; eretta sopra un tempio pagano, compare in diversi documenti di epoche successive. Il paese sorse attorno alla chiesa ed ha sempre portato il nome della Santa Martire di Catania. Per tutto il Medio Evo Sant’Agata fu disputata dai signori locali, trovandosi, suo malgrado, teatro di scontri fra truppe avverse. Una delle date più significative della storia del paese è il 1440. Il 23 settembre di quell’anno, Papa Eugenio IV cedette in feudo alcune terre della Bassa Romagna tra cui Sant’ Agata, agli Estensi di Ferrara per 11.000 ducati d’oro. Il castello assunse quindi il nome di S. Agata Ferrarese, nome che conservò fino all’Unità d’Italia. S. Agata subì la sorte di molti altri paesi della Bassa Romagna: nel 1598, il ritorno nello Stato della Chiesa dopo la dinastia estense, la sottomissione all’esercito napoleonico nel 1796, il ritorno sotto lo Stato Pontificio nel 1815 e, infine, con i plebisciti del 1859, l’annessione al Regno d’Italia. Nel 1863, per Regio Decreto, il paese assume l’attuale denominazione di “S. Agata sul Santerno”. Nel secondo conflitto mondiale il paese venne quasi completamente distrutto dai bombardamenti.
Il fiume Santerno. La storia di Sant’Agata si identifica con quella del fiume Santerno e il territorio, con il paesaggio, un tempo soltanto agrario, oggi anche industriale, che circonda il paese. Il fiume Santerno nasce nei pressi del Passo della Futa e confluisce, dopo un percorso di 99 Km, nel fiume Reno a Sud della Statale 16 (Ravenna-Ferrara). La confluenza è stata creata artificialmente perché in epoca romana il fiume, giunto in pianura si gettava nelle paludi che caratterizzavano un tempo la Bassa Padana. Il fiume Santerno, almeno nel suo corso inferiore, era navigabile: per questo costituiva un’importante via di comunicazione.
Opere architettoniche: gli edifici legati alla storia
La Torre civica. La torre civica è detta anche Torre dell’Orologio, o “La Porta” perché fu costruita sull’antica porta di accesso al castello medioevale che sorse nei primi secoli dopo il mille. Fonti autorevoli ne attribuiscono l’edificazione ai Faentini. La costruzione era cinta da solide mura che formavano un quadrilatero circondato da un largo fossato detto “La Fossa”. Dell’antico castello non rimase che un torrione, ma pare che ve ne fossero tre, trasformato, poi, nella Torre dell’orologio con ampio arco, “La Porta” che immette nel piazzale della chiesa arcipretale, anch’essa costruita nel recinto del castello. Parte dello spazio circondato dall’antica Fossa costituisce oggi la piazza principale del paese, Piazza Umberto I°. I più recenti lavori di restauro alla Torre, su progetto dell’architetto Mazzotti, furono eseguiti nel 1990. La campana dell’orologio, detta della “ragione” sin dai tempi remoti, certamente già nel 1487, come appare dagli antichi “Statuti” emanati dal Duca Ercole I° d’Este, serviva per chiamare a raccolta i cittadini che governavano il paese e si è conservata fino ai giorni nostri.
Palazzo Comunale. L’epoca di costruzione è incerta, ma si presume che sia dello stesso secolo del castello del quale faceva parte come appare dal Catasto Napoleonico del 1800. Ne sono una prova anche i muri obliqui a scarpata nella base, che come in tutte le rocche era costituita da uno spalto svasato. Le modifiche ed i cambiamenti subiti ne hanno profondamente alterato la struttura originaria. L’edificio, abitazione del Vicario nel periodo estense, è sempre stato usato come sede amministrativa e ristrutturato anche nel dopoguerra perché gravemente danneggiato nella notte del bombardamento alleato. All’interno sono poste le lapidi di illustri santagatesi.
Villa padronale. già di proprietà del lughese Gregorio Ricci Curbastro, matematico di fama internazionale. Incerto l’anno di costruzione che si colloca sicuramente alla fine dell’Ottocento, sulle strutture di una casa colonica del 700.
Chiesa arcipretale. dedicata a S. Agata V e Martire. L’odierna chiesa fu costruita nel 1881 per volontà di Mons. Ercole Rambelli, arciprete di S. Agata dal 1874 al 1917. Il progetto fu affidato all’architetto Pritelli di Faenza che si ispirò allo stile neoclassico, in voga nel sec. XIX. La pianta è a croce latina, con transetto ed abside semicircolare. La facciata in pietra a vista si sviluppa in verticale, terminando con un frontone triangolare; l’interno è a navata unica con nicchie laterali; Il soffitto a volta termina in cornici dentellate. Nella chiesa ci sono sette altari, il maggiore dedicato a S. Agata. Nell’abside è collocata una pala d’altare con l’immagine della Santa, opera del pittore massese Orfeo Orfei. Le notizie sul precedente edificio abbattuto nel 1881, per far posto all’attuale, sono scarse e frammentarie. Dalle mappe, appare evidente che la chiesa occupava gran parte dell’attuale piazzetta E. Rambelli. Era stata edificata, con ogni probabilità, negli anni 1494-95. Nel 1891 fu costruito il campanile, sempre su progetto dell’architetto Pritelli. Durante l’offensiva delle truppe alleate del 9 aprile 1945, fu cannoneggiato e mozzato. Nel 1951 furono compiuti i restauri.
Cornicione Rinascimentale. Nella parete esterna della sacrestia dell’attuale chiesa Arcipretale, verso occidente, alla sommità si trova un cornicione in cotto del 1494 in stile rinascimentale. E’ quel che rimase del bel cornicione che ornava la vecchia chiesa, la cui facciata era stata progettata dal Bramantino.
Opere pittoriche che si trovano nella chiesa o nella vicina canonica.
Nell’aprile del 1944 la chiesa venne dotata di un nuovo altare maggiore, opera marmorea del faentino Antonio M.Vassura e fu affrescata dal massese Umberto Folli che dipinse la volta del presbiterio con la raffigurazione dei 4 Evangelisti: fu il primo affresco dell’allora giovane e promettente pittore. Si era nel novembre del 1943, in piena guerra, quando iniziarono i lavori di decorazione e di restauro dell’edificio. Il pittore già definito astro nascente dalla critica ravennate, lavorando alacremente impiegò alcuni mesi per decorare la cupola e dipingere i 4 Evangelisti ai rispettivi lati. La Pala d’altare dipinta alla fine dell’Ottocento rappresenta S. Agata Vergine e Martire. Autore Orfeo Orfei di Massa Lombarda. Conservati in canonica ed opportunamente restaurati sono due dipinti su tela che prima del 1933 si trovavano nella chiesa della Madonna dello Spasimo distrutta dalla guerra: San Sebastiano e San Rocco (sec. XVI) di autore anonimo. Sempre alla chiesetta della Madonna dello Spasimo apparteneva il dipinto ad olio su tela (sec. XVII) di San Michele Arcangelo di Domenico Tasselli, che faceva da sfondo alla statua della Vergine del Rosario. Nel 1945 la pala d’altare fu ritrovata fra le macerie della chiesa distrutta. Un’altra pala d’altare rappresenta “San Gregorio, la Trinità con M. Vergine e le anime purganti”. Il quadro detto anche“ il Purgatorio” è del sec. XVIII, autore Andrea Barbiani di Ravenna. Infine, si aggiungano tre dipinti su tela ovale di autore ignoto del sec. XVIII, quello di S. Agata V. e Martire e due tele gemelle con Le nozze di Cana e la Comunione degli Apostoli.
Suppellettili preziose. Fra le numerose suppellettili preziose sono da notare un’acquasantiera del sec XVI, la statua di San Vincenzo Ferreri del sec. XIX, modello Graziani Ballanti di Faenza, arredi sacri in bronzo, candelabri ,calici ostensori, un reliquiario del XVI sec., pianete ed altri paramenti sacri a partire dal sec. XVI.
Più recenti la Via Crucis di Bartoli e Cornacchia, 14 ceramiche dei famosi artisti brisighellesi e un’ ampia terracotta in ceramica del faentino Riccardo Gatti (195) raffigurante il Battesimo di Gesù, in bassorilievo. Presso il Municipio di S. Agata sono conservati i due preziosi libri degli Statuti (Sec. XV). Sono copie dello Statuto promulgato nel 1487 dal duca Ercole I d’Este, una rara raccolta di leggi per gli “homini di Sancta Agatha”. Uno dei libri, il più antico, è un codice miniato, purtroppo non l’originale del 1487, perché risale a qualche decennio più tardi: è in pergamena elegantemente vergata e ornata con belle miniature a colori fra i quali predominano il rosso e il blu; i caratteri sono in stile gotico. L’altro volume, cartaceo, è manoscritto anch’esso, ma in corsivo e in epoca più recente (1758): fu dettato “verbo ad verbum” dall’abate Andrea Ferdiani, al sacerdote Giacomo Azzaroli, come copia del primo. I due testi sono stati finalmente restaurati su interessamento dell’Amministrazione Comunale, nel 2018.
Beni artistici scomparsi. Convento benedettino cosiddetto delle “Angioline”, Chiesa della Madonna dello Spasimo con campanile gotico risalente al XV-XVI secolo, distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale e mai più ricostruita; ambone della vecchia chiesa rinascimentale che si trova ora nella vicina chiesa di Ascensione con 4 pannelli in bassorilievo, raffiguranti i 4 Evangelisti.
di Amanda Capucci
Sant’Agata sul Santerno con i suoi 3000 abitanti è il secondo comune più piccolo della Provincia di Ravenna e il meno esteso quanto a superficie. Nonostante questo, è un paese di antiche tradizioni e sorge su un’importante via di comunicazione, la via San Vitale che collega Bologna con Ravenna. L’antica Pieve di Sancta Agatha viene fatta risalire al 740; eretta sopra un tempio pagano, compare in diversi documenti di epoche successive. Il paese sorse attorno alla chiesa ed ha sempre portato il nome della Santa Martire di Catania. Per tutto il Medio Evo Sant’Agata fu disputata dai signori locali, trovandosi, suo malgrado, teatro di scontri fra truppe avverse. Una delle date più significative della storia del paese è il 1440. Il 23 settembre di quell’anno, Papa Eugenio IV cedette in feudo alcune terre della Bassa Romagna tra cui Sant’ Agata, agli Estensi di Ferrara per 11.000 ducati d’oro. Il castello assunse quindi il nome di S. Agata Ferrarese, nome che conservò fino all’Unità d’Italia. S. Agata subì la sorte di molti altri paesi della Bassa Romagna: nel 1598, il ritorno nello Stato della Chiesa dopo la dinastia estense, la sottomissione all’esercito napoleonico nel 1796, il ritorno sotto lo Stato Pontificio nel 1815 e, infine, con i plebisciti del 1859, l’annessione al Regno d’Italia. Nel 1863, per Regio Decreto, il paese assume l’attuale denominazione di “S. Agata sul Santerno”. Nel secondo conflitto mondiale il paese venne quasi completamente distrutto dai bombardamenti.
Il fiume Santerno. La storia di Sant’Agata si identifica con quella del fiume Santerno e il territorio, con il paesaggio, un tempo soltanto agrario, oggi anche industriale, che circonda il paese. Il fiume Santerno nasce nei pressi del Passo della Futa e confluisce, dopo un percorso di 99 Km, nel fiume Reno a Sud della Statale 16 (Ravenna-Ferrara). La confluenza è stata creata artificialmente perché in epoca romana il fiume, giunto in pianura si gettava nelle paludi che caratterizzavano un tempo la Bassa Padana. Il fiume Santerno, almeno nel suo corso inferiore, era navigabile: per questo costituiva un’importante via di comunicazione.
Opere architettoniche: gli edifici legati alla storia
La Torre civica. La torre civica è detta anche Torre dell’Orologio, o “La Porta” perché fu costruita sull’antica porta di accesso al castello medioevale che sorse nei primi secoli dopo il mille. Fonti autorevoli ne attribuiscono l’edificazione ai Faentini. La costruzione era cinta da solide mura che formavano un quadrilatero circondato da un largo fossato detto “La Fossa”. Dell’antico castello non rimase che un torrione, ma pare che ve ne fossero tre, trasformato, poi, nella Torre dell’orologio con ampio arco, “La Porta” che immette nel piazzale della chiesa arcipretale, anch’essa costruita nel recinto del castello. Parte dello spazio circondato dall’antica Fossa costituisce oggi la piazza principale del paese, Piazza Umberto I°. I più recenti lavori di restauro alla Torre, su progetto dell’architetto Mazzotti, furono eseguiti nel 1990. La campana dell’orologio, detta della “ragione” sin dai tempi remoti, certamente già nel 1487, come appare dagli antichi “Statuti” emanati dal Duca Ercole I° d’Este, serviva per chiamare a raccolta i cittadini che governavano il paese e si è conservata fino ai giorni nostri.
Palazzo Comunale. L’epoca di costruzione è incerta, ma si presume che sia dello stesso secolo del castello del quale faceva parte come appare dal Catasto Napoleonico del 1800. Ne sono una prova anche i muri obliqui a scarpata nella base, che come in tutte le rocche era costituita da uno spalto svasato. Le modifiche ed i cambiamenti subiti ne hanno profondamente alterato la struttura originaria. L’edificio, abitazione del Vicario nel periodo estense, è sempre stato usato come sede amministrativa e ristrutturato anche nel dopoguerra perché gravemente danneggiato nella notte del bombardamento alleato. All’interno sono poste le lapidi di illustri santagatesi.
Villa padronale. già di proprietà del lughese Gregorio Ricci Curbastro, matematico di fama internazionale. Incerto l’anno di costruzione che si colloca sicuramente alla fine dell’Ottocento, sulle strutture di una casa colonica del 700.
Chiesa arcipretale. dedicata a S. Agata V e Martire. L’odierna chiesa fu costruita nel 1881 per volontà di Mons. Ercole Rambelli, arciprete di S. Agata dal 1874 al 1917. Il progetto fu affidato all’architetto Pritelli di Faenza che si ispirò allo stile neoclassico, in voga nel sec. XIX. La pianta è a croce latina, con transetto ed abside semicircolare. La facciata in pietra a vista si sviluppa in verticale, terminando con un frontone triangolare; l’interno è a navata unica con nicchie laterali; Il soffitto a volta termina in cornici dentellate. Nella chiesa ci sono sette altari, il maggiore dedicato a S. Agata. Nell’abside è collocata una pala d’altare con l’immagine della Santa, opera del pittore massese Orfeo Orfei. Le notizie sul precedente edificio abbattuto nel 1881, per far posto all’attuale, sono scarse e frammentarie. Dalle mappe, appare evidente che la chiesa occupava gran parte dell’attuale piazzetta E. Rambelli. Era stata edificata, con ogni probabilità, negli anni 1494-95. Nel 1891 fu costruito il campanile, sempre su progetto dell’architetto Pritelli. Durante l’offensiva delle truppe alleate del 9 aprile 1945, fu cannoneggiato e mozzato. Nel 1951 furono compiuti i restauri.
Cornicione Rinascimentale. Nella parete esterna della sacrestia dell’attuale chiesa Arcipretale, verso occidente, alla sommità si trova un cornicione in cotto del 1494 in stile rinascimentale. E’ quel che rimase del bel cornicione che ornava la vecchia chiesa, la cui facciata era stata progettata dal Bramantino.
Opere pittoriche che si trovano nella chiesa o nella vicina canonica.
Nell’aprile del 1944 la chiesa venne dotata di un nuovo altare maggiore, opera marmorea del faentino Antonio M.Vassura e fu affrescata dal massese Umberto Folli che dipinse la volta del presbiterio con la raffigurazione dei 4 Evangelisti: fu il primo affresco dell’allora giovane e promettente pittore. Si era nel novembre del 1943, in piena guerra, quando iniziarono i lavori di decorazione e di restauro dell’edificio. Il pittore già definito astro nascente dalla critica ravennate, lavorando alacremente impiegò alcuni mesi per decorare la cupola e dipingere i 4 Evangelisti ai rispettivi lati. La Pala d’altare dipinta alla fine dell’Ottocento rappresenta S. Agata Vergine e Martire. Autore Orfeo Orfei di Massa Lombarda. Conservati in canonica ed opportunamente restaurati sono due dipinti su tela che prima del 1933 si trovavano nella chiesa della Madonna dello Spasimo distrutta dalla guerra: San Sebastiano e San Rocco (sec. XVI) di autore anonimo. Sempre alla chiesetta della Madonna dello Spasimo apparteneva il dipinto ad olio su tela (sec. XVII) di San Michele Arcangelo di Domenico Tasselli, che faceva da sfondo alla statua della Vergine del Rosario. Nel 1945 la pala d’altare fu ritrovata fra le macerie della chiesa distrutta. Un’altra pala d’altare rappresenta “San Gregorio, la Trinità con M. Vergine e le anime purganti”. Il quadro detto anche“ il Purgatorio” è del sec. XVIII, autore Andrea Barbiani di Ravenna. Infine, si aggiungano tre dipinti su tela ovale di autore ignoto del sec. XVIII, quello di S. Agata V. e Martire e due tele gemelle con Le nozze di Cana e la Comunione degli Apostoli.
Suppellettili preziose. Fra le numerose suppellettili preziose sono da notare un’acquasantiera del sec XVI, la statua di San Vincenzo Ferreri del sec. XIX, modello Graziani Ballanti di Faenza, arredi sacri in bronzo, candelabri ,calici ostensori, un reliquiario del XVI sec., pianete ed altri paramenti sacri a partire dal sec. XVI.
Più recenti la Via Crucis di Bartoli e Cornacchia, 14 ceramiche dei famosi artisti brisighellesi e un’ ampia terracotta in ceramica del faentino Riccardo Gatti (195) raffigurante il Battesimo di Gesù, in bassorilievo. Presso il Municipio di S. Agata sono conservati i due preziosi libri degli Statuti (Sec. XV). Sono copie dello Statuto promulgato nel 1487 dal duca Ercole I d’Este, una rara raccolta di leggi per gli “homini di Sancta Agatha”. Uno dei libri, il più antico, è un codice miniato, purtroppo non l’originale del 1487, perché risale a qualche decennio più tardi: è in pergamena elegantemente vergata e ornata con belle miniature a colori fra i quali predominano il rosso e il blu; i caratteri sono in stile gotico. L’altro volume, cartaceo, è manoscritto anch’esso, ma in corsivo e in epoca più recente (1758): fu dettato “verbo ad verbum” dall’abate Andrea Ferdiani, al sacerdote Giacomo Azzaroli, come copia del primo. I due testi sono stati finalmente restaurati su interessamento dell’Amministrazione Comunale, nel 2018.
Beni artistici scomparsi. Convento benedettino cosiddetto delle “Angioline”, Chiesa della Madonna dello Spasimo con campanile gotico risalente al XV-XVI secolo, distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale e mai più ricostruita; ambone della vecchia chiesa rinascimentale che si trova ora nella vicina chiesa di Ascensione con 4 pannelli in bassorilievo, raffiguranti i 4 Evangelisti.