“Ritratti d’artista” - Protagonisti del ‘900

Achille Bonito Oliva
L’arte è uno sguardo che abbraccia il mondo.
Le interviste di Marilena Spataro

Pubblichiamo su questo numero di Art&trA una mia intervista di alcuni anni fa - ma sempre attuale - al noto critico e teorico dell’arte Achille Bonito Oliva, che qui si racconta, così testimoniando un pezzo di storia della cultura italiana. Una testimonianza che oggi più che mai, nel difficile tempo che tutti noi stiamo vivendo, artisti compresi, suona incoraggiante e carica di stimoli per il futuro.
«Dinamico, nomade e, quindi, con le caratteristiche adatte per lavorare nella storia e nel nostro presente» dice di sé stesso e della sua attività Bonito Oliva. Già professore di Storia dell’arte contemporanea all’Università La Sapienza, tra i personaggi più famosi del mondo della cultura artistica italiana, tiene a sottolineare, coerentemente con le sue teorizzazioni inaugurate al tempo del Movimento della Transavanguardia, da lui fondato negli anni ’80, di sentirsi più che critico «storico moderno dell’arte». Nato a Gaggiano in provincia di Salerno nel 1939, il professore da tempo vive a Roma, perché, dice, citando Rimbaud, «serve un luogo da cui andare via e io l’ho avuto, mi sono spostato nella Capitale e sono molto felice di viverci; è una città in cui sto bene, abito in Via Giulia, una strada fatta dal Bramante». E sì, perché nella sua vita l’arte c’entra in tutto, persino nella scelta della dimora. Ma anche le sue origini partenopee continuano a influenzare la sua esistenza costituendo un tratto che ne caratterizza la personalità. Con la sua terra il professore continua ad avere legami, non solo perché a Salerno esistono ancora palazzi di famiglia, ma anche perché in Campania svolge una parte importante della sua attività intellettuale del “fare”, mettendo a disposizione la sua esperienza per valorizzare il grande patrimonio artistico e culturale di questa regione. «A Napoli - spiega il critico - abbiamo creato un museo con oltre 120 opere realizzate da artisti internazionali e collocate definitivamente all’interno delle nuove stazioni». Altri progetti portati avanti sono la costituzione del Museo Madre a Napoli, dove si realizzano mostre internazionali e appuntamenti di arte contemporanea estremamente qualificati e la valorizzazione della monumentale Certosa di Padula in provincia di Salerno.
oliva 1











Il suo amore per l’arte, professore, è stato influenzato dal suo essere campano?

«Sì perché ho anche un senso dell’esplorazione e un’immaturità che mi permettono di riuscire a vedere ancora le sorprese, per il resto io sono come un chirurgo che quando torna a casa non ama trovare sangue alle pareti. Ho visto tante di quelle opere, ma quando riesco a vedere, intercettare, inciampare in una cosa nuova, io sono felice».
Quanto ha influito sulla sua formazione culturale e umana vivere l’infanzia in quella terra?
«Per un napoletano all’estero, è un tratto a favore perché sviluppa velocità, ironia, associazioni libere, un vitalismo, un valore aggiunto di tipo antropologico che mi ha assistito in questi anni e che è a mio favore, anche in battaglie culturali mi ha dato la vittoria».
Anche secondo lei, come sostenuto da più parti, vivere in Campania è un mestiere?
«Sicuramente ci sono dei problemi che non si possono sottovalutare e che la politica deve risolvere. La sicurezza, la salute dei cittadini, devono essere salva- guardate è solo così che si può avere maggiore riconoscimento per quello che abbiamo fatto sul piano culturale».
Quale traccia ha lasciato l’esperienza della Transavanguardia sulle nuove generazioni?
«Innanzitutto ha scosso alle fondamenta il pensiero teorico ed è stata una risposta molto forte al passaggio verso la post modernità, restituendo un’identità all’arte italiana, un primato agli artisti italiani, una circolazione internazionale, un riconoscimento museografico, collezionistico e mediatico. Dopo il Futurismo è stato il movimento che ha prodotto il maggior risultato a livello internazionale.
La Transavanguardia è una teoria che ho sviluppato nella metà degli anni ’70 puntando sull’intreccio tra arte e figurativo, che prevalga la statua o il figurativo, quello che ho teorizzato era l’uscita dall’obbligo di una ricerca fine a sé stessa, quindi la capacità per ogni artista di trovare una propria strada e recuperare un senso creativo libero da ogni dogma e anche dall’ideologia. Mi pare che questa decongestione del sistema dell’arte sia avvenuto ed è stato un fatto liberatorio per tutti gli artisti, anche per quelli più giovani venuti dopo la Transavanguardia. In questo senso la lesione è stata fertile e sta sortendo ancora i suoi effetti. Il Movimento è stato anche un passaggio di costume molto importante che ha creato la nascita dell’antistar, l’artista che ha anche un successo mediatico, che viene intercettato dai media, dalla televisione, questo discorso vale sia per gli artisti che per il critico. Sul piano teorico ha innovato il discorso sull’arte e sul piano creativo ha dato un primato all’arte europea e all’arte italiana capovolgendo un trend che vedeva fino a quel momento la supremazia dei modelli forti nordamericani».
oliva 2












Qual è lo stato dell’arte all’Italia e all’estero oggi?

«Nello stato dell’arte contemporanea oggi c’è una grande attesa a tutti i livelli, sia per la parte contemplativa che collezionistica, con gallerie e riviste; solo che in Italia lo Stato non ha molta sensibilità verso l’arte contemporanea, tiene ad esempio l’IVA troppo alta, anche rispetto all’estero, non c’è la detassazione che c’è altrove, negli altri Paesi chi colleziona defiscalizza, qui da noi invece chi collezione viene penalizzato in quanto questo amore per l’arte è indice di ricchezza, quindi c’è un’insensibilità, ma l’arte contemporanea italiana è importante al di là delle politiche statali, che, invece, all’estero stimolano il mecenatismo dei privati».
Che ruolo gioca oggi il mercato in Italia e all’estero, in particolare in America, nel determinare il valore di un artista?
«Esiste un valore commerciale e un valore estetico, spesso il valore commerciale è più alto di quello estetico perché accanto alle fiere e alle gallerie c’è il nuovo fenomeno delle aste che sono come delle bolle dove c’è la competizione e il confronto e l’arte non è più un bene di tutti, ma un bene d’investimento. Il mercato ha una funzione dinamica e non solo, dimostra che l’arte è una realtà viva, alcune volte però, il mercato sopravvaluta, per motivazioni altre, l’effettivo valore dell’opera dell’artista».
Vivendo a stretto contatto con l’arte si finisce per diventare un po’ artisti?
«Non ho questo mito perché la critica è un’avventura totale come quella dell’artista, solo che utilizza altri strumenti, in qualche modo c’è un’influenza reciproca, io vedo che il ruolo dell’artista e quello del critico sono complementari, entrambi sviluppano e producono cultura».
Quindi oggi qual è il ruolo del critico d’arte?
«Il ruolo del critico non è solo quello del conoscitore, di chi scrive libri sorpassati. Il critico è una figura globale, è come un intellettuale post-rinascimentale, che ha degli attrezzi complessi, mentre da questa figura globale si è staccata all’inizio del secolo una figura, il curatore, che fa anche “manutenzione”».
oliva 3












A proposito, lei si sente più un teorico, uno storico o un critico dell’arte, come si definirebbe?

«Non esiste uno storico d’arte moderna, ma esiste uno storico dell’arte moderna, io credo di essere uno storico moderno dell’arte, dinamico, nomade e quindi con le caratteristiche adatte per lavorare nella storia e nel nostro presente».
Ci sarebbe secondo lei nella nostra vita quotidiana più bisogno di arte e di cultura?
«Ma certamente, anche se in qualche modo i musei ormai sono sempre pieni di gente, sarebbe importante che nelle scuo- le l’arte contemporanea fosse materia di studio obbligatoria fin dalle elementari e non una materia optional.
L’arte contemporanea è il modo di rappresentare la nostra realtà, è un punto di vista che dovrebbe diffondersi fino ad appartenere a tutti. Essere come uno sguardo che abbraccia il mondo».