Un giorno da Faraone
“Io sono la Grande Divinità che si genera da se stessa”
di Maria Gabriella Gnesotto
Si usa la parola “faraonico” nell’indicare qualcosa di monumentale e sfarzoso, e la sensazione di grandiosità si ha immediatamente entrando da via San Lorenzo a Viterbo, quando la vista si apre sul bellissimo palazzo dei Papi contornato da una fila di sfingi.
E' stata installata, già da giugno, una mostra dedicata ai tesori di Tutankhamon, contenente le copie di duecentocinquanta oggetti facenti parte del corredo funebre del famosissimo faraone bambino. Vissuto nel 1300 a.c. e salito al trono a soli otto anni, deve la sua notorietà non tanto al suo operato, anche perché morì giovanissimo, quanto al ritrovamento della sua tomba nella Valle dei Re nel 1922; anche se piccola, era pressoché intatta e corredata di un ricco corredo funebre. Dopo la scoperta il finanziatore della spedizione archeologica, l’inglese Carnavon cedette al Times di Londra i diritti alla pubblicazione in esclusiva delle notizie relative al ritrovamento. Gli altri giornali, privi di informazioni di prima mano, scatenarono una campagna denigratoria nei confronti dell’impresa che ebbe il suo epilogo nella famosa “maledizione del faraone” lanciata verso chi si fosse reso colpevole di profanazione della sua tomba. Alcune circostanze ed eventi casuali, tra cui la morte di lì a poco dello stesso Carnavon, diedero, all’epoca, credibilità alla superstizione. Ma Tutankhamon rappresenta l’icona del faraone non solo per il famoso anatema, ma anche per la sua splendida maschera funeraria; fortemente simbolica, vivida e ieratica che rappresenta al meglio ciò che possiamo oggi solo immaginare: la vita e la morte di un faraone nel suo tempo. La sua camera funebre, interamente ricostruita all’interno della mostra esibisce una copia dei tesori contenuti; affreschi, vasi canopi, oggetti appartenuti al defunto, statue di divinità, tra cui spicca la rappresentazione del Dio Anubi, posto a guardia della camera; volto affilato, misterioso e trascendente, pronto a pesare il cuore del trapassato e a vegliarne il sonno.
La mostra come per magia, ci ha permesso di entrare nel “Regno dei Morti” nell'antica tradizione egizia, liberandoci al tempo stesso di ogni preconcetto filosofico e religioso. Comprendere il significato della camera funebre del faraone ci proietta in un viaggio esistenziale iconografico e mistico. La luna, il sole, gli oggetti, i colori, i cieli stellati, ci dicono che al defunto veniva assicurato un risveglio in un luogo ove il suo io si sarebbe rigenerato con la stessa nobiltà e potenza del periodo terreno.
di Maria Gabriella Gnesotto
Si usa la parola “faraonico” nell’indicare qualcosa di monumentale e sfarzoso, e la sensazione di grandiosità si ha immediatamente entrando da via San Lorenzo a Viterbo, quando la vista si apre sul bellissimo palazzo dei Papi contornato da una fila di sfingi.
E' stata installata, già da giugno, una mostra dedicata ai tesori di Tutankhamon, contenente le copie di duecentocinquanta oggetti facenti parte del corredo funebre del famosissimo faraone bambino. Vissuto nel 1300 a.c. e salito al trono a soli otto anni, deve la sua notorietà non tanto al suo operato, anche perché morì giovanissimo, quanto al ritrovamento della sua tomba nella Valle dei Re nel 1922; anche se piccola, era pressoché intatta e corredata di un ricco corredo funebre. Dopo la scoperta il finanziatore della spedizione archeologica, l’inglese Carnavon cedette al Times di Londra i diritti alla pubblicazione in esclusiva delle notizie relative al ritrovamento. Gli altri giornali, privi di informazioni di prima mano, scatenarono una campagna denigratoria nei confronti dell’impresa che ebbe il suo epilogo nella famosa “maledizione del faraone” lanciata verso chi si fosse reso colpevole di profanazione della sua tomba. Alcune circostanze ed eventi casuali, tra cui la morte di lì a poco dello stesso Carnavon, diedero, all’epoca, credibilità alla superstizione. Ma Tutankhamon rappresenta l’icona del faraone non solo per il famoso anatema, ma anche per la sua splendida maschera funeraria; fortemente simbolica, vivida e ieratica che rappresenta al meglio ciò che possiamo oggi solo immaginare: la vita e la morte di un faraone nel suo tempo. La sua camera funebre, interamente ricostruita all’interno della mostra esibisce una copia dei tesori contenuti; affreschi, vasi canopi, oggetti appartenuti al defunto, statue di divinità, tra cui spicca la rappresentazione del Dio Anubi, posto a guardia della camera; volto affilato, misterioso e trascendente, pronto a pesare il cuore del trapassato e a vegliarne il sonno.
La mostra come per magia, ci ha permesso di entrare nel “Regno dei Morti” nell'antica tradizione egizia, liberandoci al tempo stesso di ogni preconcetto filosofico e religioso. Comprendere il significato della camera funebre del faraone ci proietta in un viaggio esistenziale iconografico e mistico. La luna, il sole, gli oggetti, i colori, i cieli stellati, ci dicono che al defunto veniva assicurato un risveglio in un luogo ove il suo io si sarebbe rigenerato con la stessa nobiltà e potenza del periodo terreno.