Bacon/Freud

...la scuola di Londra
di Marina Novelli
Di grande suggestione vedere come nell’architettura cinquecentesca progettata da Donato Bramante del suo inconfutabile Chiostro, in Via della Pace a Roma, abbiano trovato spazio, con un approccio cronologico e tematico, opere che raccontano individui, luoghi, vita vissuta, tali da mostrare la fragilità e la vitalità della condizione umana… opere in cui la vita viene presentata nella sua crudezza senza filtri, disegni e dipinti che ritraggono esistenze e luoghi esplorati tramite lo sguardo dell’artista per descrivere la nuda realtà.
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Dallo scorso 26 settembre infatti, fino al 23 febbraio 2020 sono in mostra al Chiostro del Bramante, provenienti e appartenenti alla Tate di Londra, le opere di Francis Bacon e Lucian Freud…due straordinari giganti della pittura che per la prima volta sono insieme in mostra in Italia, a rappresentare uno dei più affascinanti, ampi e significativi capitoli dell’arte mondiale con la scuola di Londra… una città straordinaria colta in un periodo rivoluzionario. Francis Bacon e Lucian Freud ci mostrano infatti lo spirito eccitante ed eclettico dell’arte britannica diffusasi in oltre sette decenni. Una elegante mostra curata da Elena Crippa, Curator of Modern and Contemporary British Art e Tate. Insieme a Bacon e Feud troviamo altri artisti quali Michel Andrews, Frank Auerbach, Leon Kossoff e Paula Rego che hanno segnato un’epoca, nonché ispirato non solo l’epoca ma intere generazioni utilizzando la pittura al fine di raccontare la vita nelle sue sfaccettature. Uno straordinario prestito di Tate che attraverso la pittura di sei artisti con opere tra 1945 e il 2004 ci rivela, in maniera diretta e sconvolgente, la condizione umana fatta di fragilità, energia, opposti, eccessi, evasioni… senza filtro alcuno, ma solo verità! Diversi i temi affrontati, vedi ad esempio gli anni della guerra e del dopoguerra, storie di immigrazione, tensioni, miserie ma il tutto con un notevole push verso il desiderio di cambiamento, ricerca e introspezione, ruolo della donna, dibattito culturale e riscatto sociale, ponendo però al centro di tutto questo la realtà: ispirazione, soggetto, strumento, fino a essere ossessione, non trascurando pertanto il tema di grande attualità, vedi filtri e #nofilter tipici di un’epoca come la nostra. Oltre quarantacinque dipinti, disegni e incisioni di artisti, raggruppati nella cosiddetta “School of London”; artisti tra loro eterogenei, nati tra l’inizio del Novecento e gli anni Trenta e che per i più svariati motivi trovarono in Londra la loro città, il luogo in cui poter studiare, lavorare, vivere. Francis Bacon (1909-1992), arriva in Inghilterra quindicenne essendo nato e cresciuto a Dublino in Irlanda da genitori inglesi; Lucian Freud (1922-2011) fug- ge dalla Germania per sottrarsi al nazismo; lo stesso accade pochi anni dopo a Frank Auerbach; Michael Andrews, invece, è di nazionalità norvegese e incontra Freud suo professore alla scuola d’arte; Leon Kossoff è nato a Londra da genitori ebrei russi e nei suoi quadri le figure acquisiscono una solida presenza materiale, simile a quella dei palazzi e delle strade londinesi ricorrenti nella sua pittura; Paula Rego invece lascia il Portogallo per studiare pittura nelle scuole inglesi. La combinazione di narrazione, immaginazione e realtà è al centro della sua pittura, che resterà tale in tutto il corso della sua carriera. L’affascinante percorso dell’esposizione inizia con una serie di opere degli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento: autoritratti o ritratti di amici e amanti che mostrano la capacità di fissare sulla tela sguardi e anime, con un’osservazione che travalica ogni idea canonica della bellezza. Il percorso pro- segue con un nucleo significativo di lavori di Francis Bacon, dipinti e disegni delle celeberrime figure isolate, tra cui opere chiave come Study for a Portrait (1952) e Portrait of Isabel Rawsthorne (1966). Come Francis Bacon, anche nei lavori di Michael Andrews la fotografia è utilizzata come base di ricerca, per rappresentare sia lotte personali sia momenti di profonda intimità e tenerezza, mentre Paula Rego esplora la condizione sociale delle donne, con ricorrenti riferimenti autobiografici. Il fascino di Londra e l’influenza della città sulle opere di questi artisti è costante e messo in luce soprattutto da Frank Auerbach e Leon Kossoff nelle atmosfere spesso drammatiche, come in Primrose Hill (1967-1978) e in Children’s Swimming Pool, Autumn Afternoon (1971).
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Lucian Freud è presentato attraverso una serie di dipinti e disegni realizzati nel corso della sua lunga carriera come Girl with a White Dog (1950-51) e Standing by the Rags (1988-89). Un percorso questo atto a dimostrare come la raffigurazione di modelli e modelle per Freud divenga, con il passare del tempo, sempre più viscerale e scultorea, seguendo il principio “voglio che la pittura sia carne”. Elena Crippa, curatrice della mostra si è così espressa:<< È un vero piacere portare queste opere, così particolari della Collezione Tate e così determinanti dell’arte britannica e portarle in uno spazio così intimo, così spettacolare come il Chiostro del Bramante…ci si sente quasi avvolti in questo spazio così interiore, avvolti da queste opere così importanti. La mostra porta in sé il lavoro di sei artisti, che hanno coltivato tra loro tipi di relazioni ben diverse. Ci sono due grandi sale al primo piano dedicate a Bacon e una dedicata a Freud al piano superiore… in un certo modo portiamo l’uno accanto all’altro, quasi al confronto tra questi due bravissimi artisti, riconosciuti a livello internazionale, e che intorno agli anni ’50 esprimevano due modalità di pittura totalmente diverse. Sicuramente Freud rimaneva attaccato alla figura, alla presenza del modello e Bacon invece, dipingendo, intorno agli anni ’50, da fotografie, ci mostra una successione di immagini di questo mondo devastato dal- la guerra, combaciate poi con ritratti di persone che di solito erano amici, conoscenti e suoi amanti. Abbiamo quindi dipinti di questi corpi “attaccati” che quasi si aprono in questa lacerazione della vita. Il contesto storico della guerra è fondamentale per capire da dove questi artisti vengano, così come cosa ha significato questa Scuola di Londra rispetto alla provenienza degli artisti stessi. Bacon è più grande rispetto agli altri, viene dall’Irlanda dove il padre respinge la sua omosessualità…ed anche a Londra malgrado la omosessualità fosse ancora illegale fino al 1967, è però in grado di esprimere la propria soggettività. Londra, una città che è ancora devastata dai bombardamenti, piena di edifici diroccati, non ancora ricostruiti eppure un luogo dove si riuniscono ed in un certo modo trovano la possibilità collettiva di ricostruire, di ritornare alla rappresentazione della figura umana, con il desiderio di fissare questa presenza umana…di ridare umanità alla sua figura…una umanità che aveva perso durante tutti questi anni di guerre e di distruzione.>> Bacon è da ritenersi un fondamentale perché sebbene sia stato un autodidatta, ha stravolto la pittura, sia dal punto di vista tecnico, con le sue pennellate molto energetiche che spingono il figurativo verso l’astratto, e con questo suo utilizzo della fotografia che diventa un punto di partenza, usando infatti tecniche che implicavano la gestualità… pittura molto più fisica, con l’impasto di questi sfondi molto più uniformi. Indiscutibile la dimensione del piccolo dramma esistenziale all’interno di un contesto molto intimo.
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Al piano di sopra abbiamo opere di Auerbach e Kossoff, artisti che studiano insieme e che non solo dipingono ogni giorno dal vero nello studio, ma anche dei paesaggi, delle strade del quartiere dove vivono e lavorano… cercando di rendere l’impressione di questa esperienza, percettiva e fisica, dello spazio in cui vivono. Kossoff spesso dipinge vedute dal suo studio ma anche una chiesa gotica che troneggia, un luogo questo molto importante, un simbolo sia architettonico che culturale. David Dawson, modello di Lucian Freud che vediamo mirabilmente rappresentato nel dipinto dal titolo:“David and Ali”. Si tratta infatti di un olio su tela del 2003-2004 di grandi dimensioni, e che esprime una grande tenerezza di fondo, che evoca il profondo legame tra il pittore e il soggetto , così come tra l’uomo e il suo cane. David Dawson si è così espresso: <<Ho incontrato Lucian nel 1990, quando mi ero appena laureato alla Royal College of Art e lavoravo per un famoso mercante d’arte. Egli mi invitò per incontrare personalmente Lucian e quando per la prima volta, lo stesso Lucian mi portò nel suo atelier, ebbi veramente la pelle d’oca. C’era sul suo cavalletto un quadro di un uomo nudo! Era il quadro più straordinario che avessi mai visto e mi resi conto che stava accadendo qualcosa di molto serio ed anche di molto ambizioso. Io avevo trent’anni, Lucian ne aveva 69 ed ho sentito veramente che quella era la sua ultima spinta, la sua ultima energia per fare il quadro più importante che potesse fare. Da allora egli mi chiamò ogni giorno e da quel momento si è sviluppata questa nostra amicizia e collaborazione lavorativa. Tutto questo fu quindici anni prima che lui mi chiedesse, per la prima volta, di posare come modello per lui. Egli mi disse semplicemente “Ho una idea molto bella di un grande quadro”. L’unica domanda che gli feci fu: “Sarò nudo o vestito?” e lui mi disse, “Nudo!” ed aggiunse: ”Non credo vi sia nessun tipo di sensazione che devi omettere! Il mio dipingere riguarda me stesso e ciò che mi circonda; io lavoro a partire dalle persone che mi interessano e che ho a cuore, in stanze nelle quali vivo e stanze che conosco”. Questa è una citazione che risale all’inizio della sua vita artistica ma che è rimasta vera, per tutto il corso della sua vita e della sua opera. La sua scelta di dipingere è una scelta privata e istintiva, mai spiegata, ma aggiungeva ogni modello con grande dignità e rispetto. Non era interessato agli aspetti politici o sociali, ma solamente nelle possibilità umane e artistiche che ogni persona poteva portare nella loro presenza specifica. A Lucian piaceva molto abbinare e mettere insieme un animale ed un essere umano ed infatti le opere principali hanno questo abbinamento. Voleva che il modello fosse semplicemente se stesso, voleva osservarlo nel suo essere senza una coscienza, senza essere consapevole di quello che gli chiedeva e gli chiedeva semplicemente di occupare uno spazio. Quindi voleva farcene sentire l’affinità, lasciando molto spazio all’onestà. È questa una dinamica del modo in cui Lucian si accostava alla vita. Forse molto più di altri artisti vi era una profonda propensione tra la sua famiglia e l’arte… famiglia di cui era fortemente influenzato!