Cristina Fornarelli: Eros, garbo ed equilibrio

di Giorgio Barassi
Diciamolo subito.
L’erotismo è femmina.
E anche se a raccontarne le pieghe più lontane e gli aspetti più diversi sono stai molti uomini, l’argomento, trattato dalle donne, è meglio descritto.
Sarà per quella loro predisposizione, a volte compulsiva, alla autoanalisi, che coglie nel segno o per semplice narrazione vista dagli occhi di chi è naturalmente fornito, ma le donne ne sanno di più. O forse ne sanno meglio. La pittura non dozzinale o facilmente dimenticabile ci ha regalato grandi interpreti, pennellate carnose e peccaminose, eleganti allusioni ed evidenze del corpo femminile e del suo mostrarsi che non passano via come molto altro. Nondimeno i grandi fumettisti, stavolta prevalentemente maschi, hanno agitato generazioni di adulti (almeno così era scritto: “fumetto per adulti”…) con rotondità accennate o marcate in punta di china, riprodotte in bianco e nero e fortunate quanto le grandi opere che avessero come punto di arrivo “quel che non si dice”. Ma si fa, e chi lo nega mente.
Fornarelli v1
Cristina Fornarelli parla chiaro, va dritta sul suo binario di racconto erotico garbato e sottile, a volte marcato da qualche dettaglio più malizioso ma mai volgare, né fuori dalle righe. In un bailamme di artisti, spesso presunti, che paiono avere ad obiettivo il solo far parlare di sé, le sarebbe bastato calcare la fortunata mano, educata al liceo artistico di Bari e poi dagli studi severi di design, per scatenare la curiosità, almeno. Ma non è quel che cerca. Il corpo, le commistioni, le inclusioni e gli accorgimenti di una anima informale decorano e campeggiano negli sfondi e sulle figure completando le sue donne e le loro scene, aggiungendo loro quella riconoscibilità che rende le sue opere sempre vive nella memoria di chi le guarda. Dipinti apparentemente essenziali, dall’obiettivo nitido e marcato, ma in realtà pieni di mille dettagli da scoprire guardando dentro ed oltre le semplici e percepibili, gradite sinuosità. In questo c’è la sua cura e la sua accortezza, quelle di mettere nei posti più diversi della superficie della tela gli accenni a un delicato dripping, le pennellate trasversali, una stesura a tratti intermittente come in un puzzle e i colori più diversi che arricchiscono e completano una armonia moderna, nientaffatto confondibile con gli eccessi o con le esasperazioni dei racconti di sesso o di corpi dipinti da chi cerca solo un ipocrita scandalo o un immediato consenso, destinato poi a sgonfiarsi ben presto. La sua è una ricerca che lei stessa definisce “erotica alla maniera di Tinto Brass, su quelle note, ma senza la ricerca assoluta del fischio da apprezzamento maschile fuori luogo e tempo”.
Abbiamo provato a ribattere che il suo è un racconto si erotico, ma vellutato e in discreta penombra creativa, sebbene esplicito ed accattivante. Come gli effetti di Adrian Lyne e di quell’indimenticato film che fu Nove settimane e mezzo. Non possiamo sapere se è d’accordo, perché nella sua natura vulcanica c’è il gettarsi dietro le spalle il pregresso e pensare a lavorare, creando, ammorbidendo, marcando, cercando nuove pose, nuovi corpi da lasciare allo sguardo indiscreto senza una sola macchia di volgarità, pieni di una carica erotica speciale, singolare, delicata e chiara. La storia della pittura nazionale è piena di grandi artisti che del nudo hanno fatto una bandiera. Più o meno segnando il tempo della loro creazione e più o meno destando opinioni discordanti, pareri antitetici, apprezzamenti o rifiuti palesi. È nella storia della fortuna di tutte le opere, si sa. Ma quel che suscita il lavoro della Fornarelli è l’indagine come fatto complementare al solo primo sguardo, che mai si può esaurire in una occhiata fugace. Perché il suo cercare la porta a variazioni che attraggono, a pose studiate che calamitano in un vortice di sensualità e nello stesso tempo di apprezzamento sincero. Nulla è lasciato alla liturgia del dipingere il nudo, né tampoco al caso. La costruzione dei dipinti della tosta pittrice barese e figlia del mondo è piena di elementi concatenati e sciorinati sulla tela con un atteggiamento quasi distaccato, ma complice. Come se una strana e intrigante via di mezzo unisca le tecniche e la passione e i due elementi insieme escano fuori ad ogni osservazione, specialmente se non distratta. Di questi tempi, è merce assai rara. Senza levar gli scudi a favore delle dinamiche, peraltro sacrosante, del- la difesa della figura femminile, se ne fa garbata paladina e difenditrice, spiattellando nei formati più diversi tutto l’eros che alberga in quelle magnifiche creature che chiamiamo restrittivamente donne. Le sue sono donne del mondo, dei posti che ha visitato o che visiterà, perché la sua biografia è cosparsa di viaggi e permanenze da cui ha tratto linfa pittorica, osservazioni, spunti, diari annotati dentro i pennelli. Cristina ha dunque centrato l’obiettivo del racconto del corpo e della sua bellezza cercando di variare sul tema senza guardare le sue tele con il distacco snob di chi sembra essere genitore di mille creazioni e galleggia in un’aura di finta superiorità. Lei è, invece, parte integrante delle sue figure.
Fornarelli
Eppure sembra allontanarsene in ragione, però, del fatto semplice di doversi occupare continuamente di rinnovare, modulare e cambiare passo, costruzione e identità a quei corpi, restituendoceli ancora più ricchi e diversi, senza il rischio di affezionarcisi troppo. E cosi li rende ancora più carichi di sano erotismo, singoli nella loro unicità senza perdere il senso della unità concettuale del suo prodotto. Un cammino complesso ma ininterrotto, con approdi possibili ovunque possa sciogliere le riserve del “non si dice” e “non si fa”. Inutile negare che il tema dell’erotismo interessa chiunque. A parlarne, cantarne e dipingerne senza veli mentali sono in pochi, per coraggio creativo e senza inibizioni indotte. è così che lei dipinge. Senza falsi pudori, con equilibrio ed oggettività.
Impegnata, tra l’altro, nel progetto artistico CalifArte, ha dato anima e colori a due canzoni di Califano (che di donne fu indiscusso cantore e appassionato seduttore) forse meno note delle altre ma piene di ammirazione per il sesso erroneamente definito debole. Amanti anonimi e Una donna diventano racconti di quotidiana e perfino popolare carica erotica, scene da semplice camera da letto e non da alcova, da grande albergo e non da motel. Una differenza non minima. C’è modo e modo di mostrarsi, direbbero le fantasticate mangiatrici di uomini, ma lo dice anche la logica. La potenza dei corpi della Fornarelli sta nella loro essenziale semplicità, che alla fine è l’ingrediente migliore per rendere tutto più misterioso e più ricco. Per quanto arricchite da una incessante ricerca tecnica, le sue sono donne, tante donne, a cui per avventura potrem- mo aver stretto la mano o ammiccato, suggellando il rituale più antico e noto del corteggiamento, che, ahinoi, sta via via perdendo forma e diffusione. Fatto che non capiterà a questa artista che mostra di avere il senso equilibrato del significato della parola eros e quello altrettanto equilibrato di una pittura che prima di ogni cosa altra, è assai gradevole.