Escher

Palazzo dei Diamanti - Ferrara
Fino al 21 luglio 2024
A cura di Silvana Gatti


Escher01 Day and night


















Le sale espositive del Palazzo dei Diamanti di Ferrara ospitano una mostra imperdibile su Escher, protagonista già di una bella mostra tenutasi a Palazzo Bonaparte di Roma. La rassegna è organizzata da Arthemisia, Fondazione Ferrara Arte e Servizio Musei d'Arte del Comune di Ferrara, in collaborazione con la M. C. Escher Foundation e Maurits ed è curata da Federico Giudiceandrea, uno dei più importanti esperti dell’artista, e Mark Veldhuysen, presidente della M.C. Escher Foundation.
Artista geniale e visionario, da sempre amato non soltanto dagli estimatori d’arte ma anche dai matematici, è stato riscoperto dal grande pubblico in tempi relativamente recenti grazie a numerose mostre a lui dedicate in sedi prestigiose. L’arte di Maurits Cornelis Escher, nato nel 1898 a Leeuwarden in Olanda, è stata apprezzata da milioni di visitatori grazie alla sua innata capacità nel trasportare il fruitore verso mondi impossibili, attraverso opere che varcano la soglia dell’infinito.
Nelle opere del grande artista olandese, che ha vissuto in Italia fra le due guerre, si trovano molteplici tematiche del tutto suggestive: dai teoremi geometrici alle intuizioni matematiche, dalle riflessioni filosofiche ai paradossi della logica.
Maurits Cornelis Escher ricopre un ruolo speciale nella storia dell’arte contemporanea grazie alla sua produzione posteriore al 1935, anno in cui lasciò l’Italia fascista dopo dodici anni a Roma per tornare definitivamente in Olanda, dopo due ulteriori anni in Svizzera e cinque in Belgio. Fino a quel momento egli si era dedicato a litografie e xilografie di paesaggi e architetture; dopo quella data, le sue opere si distanziarono dal figurativo per avvicinarsi gradualmente a motivi matematici. La sua estetica originale gli procurò notorietà nel campo scientifico, a partire dalla mostra dei suoi lavori organizzata in occasione del Congresso Internazionale dei Matematici del 1954 ad Amsterdam, ma fu accusato di tessere opere di eccessiva freddezza, astrazione e convenzionalità stilistica. Il primo contatto con l’Italia avvenne nel marzo 1921. Insieme ai suoi genitori, Escher viaggiò dal Sud della Francia costeggiando la Costa Azzurra fino alla Liguria, rimanendo dapprima piuttosto indifferente. L’anno successivo, ultimati gli studi, iniziò l’attività di incisore ad Haarlem, ma i suoi lavori non trovarono il gradimento del pubblico. Fu allora che partì per il Grand Tour in Italia, rimanendo estasiato dinanzi alla campagna e alle città toscane, in particolare San Gimignano e Siena. In questi luoghi si innamorò del paesaggio, della natura e dell’arte italiana. Dopo esser rientrato in Olanda, nell’autunno del 1922 fece un viaggio in Spagna per poi tornare in Italia facendo tappa a Genova, Pisa, Roma e spingendosi fino alla Costiera amalfitana, dove nel 1923 conobbe la moglie Jetta Umiker, con la quale nell’autunno del 1923 si stabilì a Roma.
In quegli anni, lo sviluppo di nuove teorie scientifiche, della relatività e la meccanica quantistica, rimettevano in discussione la visione euclidea dello spazio e le leggi della prospettiva.
Escher fu introdotto nell’ambiente romano da Godefridus Johannes Hoogewerff, direttore dell’allora Istituto Storico Olandese, che lo spinse a seguire le lezioni di storia dell’arte di Adolfo Venturi presso l’Università La Sapienza di Roma e ad approfondire la sua conoscenza dell’arte antica, al fine di trarre ispirazione dalle opere d’arte e architettoniche della capitale italiana. Anche l’architettura medievale, presente negli antichi borghi, subivano il fascino di Escher che aveva una predilezione per l’architetto barocco Francesco Borromini. Hoogewerff mise Escher in contatto con il Gruppo Romano Incisori Artisti, la cui sede era a Palazzo Venezia, dove nel 1926 Federico Hermanin, fondatore del gruppo, organizzò per lui una mostra personale. Escher si inserì inoltre nel circolo che si era formato intorno alla rivista “L’Eroica”, grazie all’amicizia con Giuseppe Haas-Triverio, un artista svizzero conosciuto a Siena, ma che viveva a Roma da più di dieci anni; qui Escher conobbe lo scultore e incisore Publio Morbiducci, gli incisori Bruno da Osimo, Dario Neri e Lorenzo Viani. In questo contesto approfondì la conoscenza dei linguaggi artistici del passato e si aprì a quelli a lui contemporanei.
Si possono notare infatti influenze divisioniste nei lavori di quel periodo, in quanto le immagini sono formate dall’uso di motivi ricorrenti, linee o brevi trattini ortogonali. Escher entrò certamente in contatto con il nascente movimento futurista, dopo aver visto le opere di Balla. Escher iniziò a studiare i metodi per tassellare il piano durante il periodo romano, usando tasselli con figure animate e realizzando diversi arazzi colorati.
L’artista era inoltre attratto dallo studio della prospettiva aerea: durante i suoi viaggi attraverso le regioni italiane in compagnia dell’amico Haas-Triverio, amava spesso soffermarsi sui bordi di un precipizio. Per un olandese il cui paesaggio tipico si staglia su un orizzonte basso, ampio e piatto, i paesaggi montani inframmezzati dai piccoli paesini calabresi o le scogliere a picco sul mare della Costiera amalfitana esercitavano un fascino irresistibile. Escher si dedicò a queste prospettive influenzato dalle opere di Francesco Borromini e di Giovanni Battista Piranesi, di cui aveva acquistato a Roma alcune stampe.
Visto l’inasprimento del regime fascista, Escher lasciò definitivamente l’Italia nel 1935, stabilendosi in Svizzera. Prima di partire, l’Istituto Storico Olandese gli dedicò un’ultima mostra, recensita con queste parole dall’“Osservatore romano”: “A vero dire Escher è una vecchia conoscenza per chi frequenta il mondo artistico romano. Chi non conosce quell’alto biondo pittore olandese, che beve il sole con gli occhi [...]. A forza di vivere in Italia non è più l’olandese fantastico e pur analitico di quando illustrava libri di leggende nordiche”.

Escher03 Relativity



























Durante il soggiorno in Italia Escher approfondì la conoscenza delle diverse correnti artistiche e culturali italiane e internazionali di inizio del Novecento. A partire dal 1937 il suo lavoro rappresenta un unicum nella storia dell’arte. Nel 1936 Escher viaggiò lungo le coste del Mediterraneo, visitando la Sicilia, Malta e la Spagna, in particolare Granada, dove visitò l’Alhambra, studiando le tassellature moresche che ne decorano le pareti. Questa visita segnò il punto di svolta della sua arte, che da allora in poi si caratterizza per lo studio metodico del riempimento regolare del piano. Terminato un periodo di transizione durante il quale continuò a produrre incisioni naturalistiche, Escher iniziò a usare sistematicamente le tassellature come base per le sue opere.
Le tassellature erano raccolte in diversi quaderni, contenenti 137 motivi base, metodicamente classificati seguendo un suo originale schema logico.
L’interesse di Escher per le tassellazioni era finalizzato a una loro trasfigurazione artistica. Frammenti di tassellazioni sono presenti in una sessantina di suoi lavori, in cui egli sfruttò il concetto che in una tassellazione biedrica ciascuno dei due tipi di tasselli svolge due ruoli complementari, di figura e sfondo, secondo il principio del vaso di Rubin, in cui due profili di facce posti uno di fronte all’altro danno origine anche al contorno di un vaso.
Simmetricamente, le metamorfosi di Escher evidenziano la sintesi dialettica fra positivo e negativo che le tassellazioni biedriche contengono. Nel saggio “Divisione regolare del piano” Escher sostenne di usare gli stessi procedimenti (ripetizione, aumento, riduzione, sovrapposizione e inversione) del contrappunto di Bach. Nell’opera Giorno e notte (1938), in mostra, la tassellazione bidimensionale centrale si articola in raffigurazioni tridimensionali ai lati, che rappresentano lo stesso soggetto non solo di giorno e di notte, ma anche specularmente, nonché in positivo e in negativo. Un’opera di sicuro effetto, unica nel suo genere, che non lascia indifferenti.
L’opera Relatività (1953), esposta in questa mostra, combina la scala di Schröder con il triangolo impossibile, rappresentando simultaneamente i tre punti di vista che si ottengono osservando in tre direzioni spaziali fra loro ortogonali, come si può verificare guardando il disegno non solo dal basso in alto, ma anche da destra a sinistra e da sinistra a destra.
Nel 1941, a causa della guerra in Europa, Escher, che nel frattempo si era trasferito in Belgio, tornò nella natia Olanda, stabilendosi a Baarn. Abbandonati i soggetti paesaggistici, utilizzava immagini astratte di sua invenzione, traendo l’ispirazione principalmente dalle tassellature e dalle loro trasformazioni metamorfiche; in una seconda fase entrò in contatto con la comunità dei matematici durante una sua mostra in concomitanza con il Congresso Internazionale dei Matematici svoltosi ad Amsterdam nel 1954. Frequentazioni dirette e scambi epistolari fornirono a Escher nuove fonti d’ispirazione, e l’arte di Escher giunse alla fusione di elementi paesaggistici con altri elementi figurativi, estranei al paesaggio stesso. I riferimenti all’Italia e più generalmente all’architettura e ai paesaggi mediterranei sono molteplici e compaiono in molte delle sue opere concettuali. Escher morì nel 1972.
Dagli anni cinquanta in poi la popolarità di Escher è cresciuta grazie a numerosi articoli e recensioni pubblicati su varie riviste. A partire dalla metà degli anni sessanta il movimento hippy, soprattutto negli Stati Uniti, ha usato le sue opere modificandole e riproducendole su poster e magliette in chiave psichedelica.
Il lavoro avanguardistico e il suo linguaggio moderno esercitano ancora oggi una grande influenza sulla creatività di molti artisti, musicisti, pubblicitari e fumettisti. Questa mostra è un’occasione esaustiva per conoscere questo artista d’oltralpe che ha lasciato un’impronta indelebile nell’arte moderna.
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