Eva vs Eva - La duplice valenza del femminile nell’immaginario occidentale
Lo scorso 29 marzo si è tenuta a Roma, nella Sala Spadolini del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Conferenza Stampa relativa ad una ambiziosa quanto sorprendente mostra che si svolgerà a Villa d’Este - Santuario di Ercole Vincitore e che si estenderà dal 10 maggio al 1° novembre 2019, prefiggendosi di esporre, attraverso un approccio multidisciplinare, una lettura a vari livelli delle molteplici manifestazioni del genio femminile che partendo dalle matrici greco-romane, abbraccerà un arco temporale fino allo scorso secolo. Eva vs Eva infatti è una esposizione dedicata alla duplice valenza femminile nell’immaginario occidentale. È questo un interessante progetto che snodandosi attraverso opere d’arte, documenti letterari e manufatti che partendo dall’antichità esprimono la fascinazione antropologica ed estetica nei confronti dell’eterno femminino, per giungere sino alla rivoluzione di genere operato nel XX secolo. Le matrici greco-romane segnano la partenza quindi di un viaggio che giungerà fino allo scorso secolo, scandagliando le manifestazioni e le interpretazioni storiche del femminile con le sue ambivalenze quali il rassicurante e normativo simbolo di maternità fino alla pericolosa e ambigua forza della natura; apparente antitesi questa che si esplicherà in due distinti percorsi complementari e contigui in due differenti e suggestive sedi: il piano nobile di Villa d’Este e l’ Antiquarium del Santuario di Ercole Vincitore. Ma vediamo di illustrare ed approfondire il tema intrinseco della mostra. Daniela Porro - Direttrice del Museo Nazionale Romano ha squisitamente asserito quanto segue: “Questa affascinante mostra consente di ripercorrere ed affermare nella loro totalità i molteplici e diversi aspetti dell’universo femminile, al di là dei nostri stereotipi, nella costante e disperata ricerca per affermare la propria personalità e autonomia sentimentale - Penelope e la sua estenuante lotta in difesa della casa e di un ideale di civiltà, l’indomabile Medea che non si piega a convenzioni utilitaristiche e rivendica il suo ruolo di moglie e non di madre, Saffo dai capelli viola che nella sua infinita lirica ama e soffre fuori da ogni conformismo, e poi Livia, Agrippina, Giulia Domna, donne di potere, non più austere matrone romane, ma eccezionali protagoniste della storia imperiale. Queste alcune tra le più importanti opere del Museo Nazionale Romano che saranno in mostra a Tivoli. Alfonsina Russo - Direttrice ad interim del Parco Archeologico di Pompei - si è così espressa: “Sono lieta di dare seguito a questo progetto, voluto e curato dal mio predecessore Massimo Osanna che ha il merito, tra le altre cose, di costruire un dialogo ed una rete tra i più importanti luoghi della cultura, quali l’Istituto Villa Adriana e Villa d’Este, il Museo Nazionale Romano ed il Parco Archeologico di Pompei. Con questa mostra è stato ideato un variegato ed affascinante percorso nel mondo della donna che, mai come a Pompei, risulta fortemente rappresentato, grazie ai numerosi documenti giunti fino a noi che raccontano i capricci delle dee ma anche la quotidianità delle matrone o la spregiudicatezza di certe imprenditrici. Una lettura di immagini del passato che questo luogo restituisce, contribuendo al racconto di quel fascino e di quella forza rigeneratrice che contraddistinguono la sfera femminile”. Antonio Lampis - Direttore Generale Musei - afferma invece quanto segue: “La realizzazione di una mostra di così elevato valore rappresenta in me la convinzione che la messa in rete dei musei nel nostro Paese non può che generare grande sviluppo culturale, nonché nuove esperienze di conoscenza. Questo ambizioso e complesso progetto espositivo articolato attorno alla fascinazione della figura femminile infatti è avvalorato dalla partnership tra le tre eccellenze della realtà museale nazionale, quali il Parco Archeologico di Pompei, il Museo Nazionale Romano e i due siti del polo tiburtino di Villa d’Este e Villa Adriana. Andrea Bruciati - Direttore dell’Istituto Villa Adriana e Villa d’Este - Villae - ha circostanziato che: “Tutto nasce dal fatto che questo anno si celebrano i 500 anni dalla morte di Lucrezia Borgia, madre di Ippolito d’Este, che fu una delle figure più controverse del Rinascimento italiano e che è caratterizzata da una sorta di una apparente dicotomia - da una parte c’è l’immaginario che la dipinge come una terribile meretrice, la peccatrice per antonomasia e dall’altro invece, la storia ci consegna una donna dal grande e forte carattere, nonché dalla forte e ricca personalità, per cui il nostro scopo è quello di, attraverso questa suggestione, dare uno spunto di riflessione. Mi sono pertanto ancorato a questa dicotomia, tra la storia e l’immaginario, che il mondo occidentale ha avuto nei confronti dell’universo femminile, che doveva essere organizzato, gestito e controllato. Una mostra su come l’uomo ha cercato, per il pregiudizio, di gestire la dimensione al femminile. Dimensione che poi, negli anni ‘60/‘70 è esplosa a favore dei diritti destinati alla donna. È questa una riflessione sulla quale non si finisce mai di riflettere ed è importante questa mostra proprio al fine di assurgere la sua linfa fin dalle origini culturali e classiche che ci portano poi a svilupparle nel tempo, fino ad arrivare al ventesimo secolo, senza trascurare pertanto il punto di vista sociale. Senza queste protagoniste non avremmo potuto neanche immaginare questo progetto così ambizioso che ha per tema la sua agilità ma anche la sua grandissima forza. La donna… un essere metamorfico, di passaggio… che dà la vita… ma al contempo, la toglie. Questa idea di bipolarismo è, a mio avviso assolutamente affascinante! Al Santuario di Ercole Vincitore vediamo rappresentata una donna che si fa garante dei valori costruttivi della famiglia e a Villa d’Este, invece, l’aspetto apparentemente più affascinante della donna fatta più di ombre che di luce. È importante secondo me!”- continua Andrea Bruciati - “… ed è come porre opportunamente l’interrogativo su questo bipolarismo, e cioè, come la realtà sia molto più complessa e variegata quando abbraccia la divulgazione al femminile”. Quindi, possiamo sintetizzare asserendo che gli aspetti più luciferini ed ambigui della donna si legano inscindibilmente a quelli più luminosi e idealizzati al fine di restituire spessore e poliedricità a figure femminili che la storia, l’immaginario collettivo e l’interpretazione hanno appiattito in un ruolo. Donne diventate matrici, che prima di essere di genere, rappresentano simboli esemplificativi di letture cui oggi possiamo criticamente dar voce. Si tratta infatti di una operazione articolata e complessa, che ha creato una eccezionale piattaforma di lavoro tra le più importanti del nostro Ministero, sostanziando il progetto espositivo di una ricchezza di temi e suggestioni, che solo la polifonia ed il coordinamento tra diverse strutture possono mettere in campo.