I Tesori del Borgo - Pieve di Cento

Come un gioiello antico che nella sua preziosità narra storie cariche di suggestioni e di bellezze artistiche e architettoniche.
di Marilena Spataro.

Un patrimonio artistico e architettonico, quello di Pieve di Cento, che è un genuino tesoro accresciutosi nel tempo grazie all’impegno di associazioni, enti e personaggi del territorio, nonché ad opera di una miriade di iniziative pubbliche e private, religiose e laiche. Appartenente oggi all’area metropolitana di Bologna, Pieve di Cento, è una cittadina situata lungo il corso di pianura del fiume Reno laddove esso inizia a segnare il confine con la provincia di Ferrara. Nel 1376 divenne comune autonomo, mentre prima di questa data con la vicina Cento formava un unico comune. Ma la sua storia risale a molto tempo prima. Nell’VIII secolo era già un centro civico e religioso ben strutturato formatosi intorno alla chiesa (“Pieve”) più importante del territorio, il che ha creato nella comunità pievese un singolare spirito di unitarietà e di passione comune. I primi documenti relativi ad insediamenti in un’area corrispondente all’attuale territorio dei comuni di Cento e di Pieve risalgono all’VIII e IX secolo d.C. La regione si presentava allora come una vasta e omogenea zona paludosa, ricca di valli da pesca, segnata dal corso del fiume Reno: il cento-pievese. Esso costituiva una “pieve”, un’area territoriale soggetta ad una chiesa, detta appunto “pievana” (l’unica a possedere un fonte battesimale), che presiedeva alle altre chiese del territorio. In prossimità del luogo dove sorge l’attuale Collegiata di S. Maria Maggiore di Pieve di Cento si costituì un borgo elevato rispetto alle paludi circostanti, mentre un altro piccolo centro si formò più tardi, poco dopo il Mille, attorno alla chiesa di S. Biagio di Cento. Quando, tra il IX e il XIII secolo, le città e i borghi iniziarono a fortificarsi per difendersi dalle incursioni nemiche, chiesa e centro abitato furono compresi entro le stesse mura. Nacquero così due borghi fortificati isolati l’uno dall’altro, seppur vicini: il Comune di Cento, costituente un’unica comunità amministrativa, e Pieve di Cento, con una pieve che continuava a mantenere il suo primato ecclesiastico.
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Pieve di Cento si forma sotto il dominio del vescovo di Bologna, diventa libero Comune, subisce la dominazione estense prima e pontificia poi. Secoli di storia che hanno lasciato testimonianze artistiche, culturali e religiose che ancora oggi sono patrimonio della città. Un patrimonio cui gli abitanti di Pieve hanno riservato nel corso dei secoli una grande attenzione sul fronte conservativo, della tutela e della valorizzazione, operando al contempo per accrescerne l’entità attraverso acquisizioni di opere da parte pubblica quanto di mecenati privati.
Di grande rilevanza sotto l'aspetto culturale fu la presenza a Pieve dell’ordine dei Padri Scolopi, i quali vi giunsero nel 1641. La loro importanza fu legata soprattutto alla scuola annessa al convento: l’impegno educativo dei Padri Scolopi cercò, infatti, di indirizzarsi verso bambini e ragazzi di qualsiasi ceto sociale. Negli archivi storici, presso la biblioteca comunale, è conservata l’antica biblioteca dei Padri Scolopi dotata di circa 2000 volumi dei secoli dal XV al XIX.
Tra le opere architettoniche militari identitarie della storia di Pieve di Cento abbiamo quattro porte: Porta Cento, Porta Asìa, Porta Bologna e Porta Ferrara, che insieme costituiscono un edificio storico di difesa utilizzato come torre armata per vegliare l’accesso alla cittadina. Le porte sono state erette in legno nel XIII secolo, per poi essere ricostruite in muratura nel corso degli anni. Altra struttura militare è la Rocca che fu costruita nel 1387 dal Comune di Bologna su progetto di Antonio di Vincenzo (il progettista della Basilica di San Petronio a Bologna) quale baluardo difensivo. In seguito a lavori di consolidamento, dal 2015, la Rocca è diventata una delle due sedi del Museo delle Storie di Pieve, l’altra sede è presso Porta Bologna, in cui si racconta la millenaria storia culturale, economica e sociale della città, attraverso un percorso espositivo che impiega moderne tecnologie.
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Gli edifici religiosi di maggiore valore storico e artistico - architettonico presenti nel territorio di Pieve di Cento sono la Collegiata di Santa Maria Maggiore, la Chiesa della S.S ma Trinità, la Chiesa di Santa Chiara, la Chiesa di San Rocco e San Sebastiano (inagibile dal terremoto del 2012). Tra tutte merita particolare attenzione la Pieve, oggi Collegiata di Santa Maria Maggiore. Sorta nel secolo VIII come Pieve avente giurisdizione sulle chiese di Cento e di Pogetto, è menzionata per la prima volta in un documento del 1207.
Sempre nel Basso Medioevo la Pieve assunse il titolo di collegiata, essendosi formato un capitolo. Molti furono nel corso dei secoli i rifacimenti e i tentativi di restauro di questa struttura, ma con esiti sempre poco felici. Nel 1681 si tentò di riedificarla ex novo, però il progetto apparve ben presto fallimentare e fu interrotto. La struttura attuale risale al 1702, progettata dai fratelli modenesi Silvestro e Giuseppe Campiotti, fu terminata nel 1710. Subì restauri e modifiche varie: nel 1816, poi a più riprese nel ‘900. Danneggiata gravemente dal terremoto del 2012, è stata riaperta al pubblico dopo una seria ristrutturazione, nel 2018. La facciata, in stile barocco, ospita nelle relative nicchie, sei statue raffiguranti i santi Rocco, Isaia, Luca, Giuseppe, Sebastiano e Fabiano ed un bassorilievo, realizzati nella bottega veronese dei Guidottini e collocate nel 1708. Opere di pregio conservate all’interno della Pieve sono il crocifisso miracoloso, di fattura medievale, una pala seicentesca di Guido Reni con l’Assunzione della Beata Vergine Maria, la tela del 1646 del Guercino proveniente dalla soppressa chiesa dei Padri Scolopi con soggetto l’Annunciazione e quella della Nascita della Vergine, realizzata nel 1605 da Ippolito Scarsella, un quadro raffigurante Santa Maria Maddalena con Gesù Risorto - Cristo e la samaritana, eseguita tra il 1665 ed il 1675 da Cesare Gennari, la pala con San Giuseppe Calasanzio riceve la visione della Vergine, dipinta nel 1749 da bolognese Giuseppe Varotti, quella con San Giuseppe assieme al Bambino appare ai Santi Antonio di Padova e Francesco di Paola, opera di ignoto bolognese del XVIII secolo, il quadro della Crocifissione di Gesù con, vicino, la Beata Vergine Maria e i Santi Ignazio, Francesco e Giovanni Apostolo ed Evangelista, realizzato da Bartolomeo Gennari nel 1637, la tela raffigurante la Nascita di San Giovanni, eseguita tra il 1552 ed il 1577 da Orazio Samacchini, la pala del Ritrovamento della Vera Croce, dipinta da Bartolomeo Passarotti tra il 1585 ed il 1589, e il quadro con l’Assunzione di Maria, opera di Lavinia Fontana.
Pieve di Cento è sede anche di una Pinacoteca Civica, dove insieme al Museo che dispone di un rilevante numero di importanti opere d’arte, antiche, moderne e contemporanee, è presente una biblioteca comunale che custodisce 28.000 volumi, 20 periodici, 88 posti studio, archivi storici fondo dei Padri Scolopi.
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La pinacoteca è stata inaugurata nel 1980 presso il settecentesco Palazzo Mastellari, nella piazza principale del paese. A seguito di un impegnativo lavoro di ristrutturazione delle Scuole, nel 2021, la pinacoteca è stata trasferita presso il nuovo centro culturale “Le Scuole”, luogo che consta di oltre 1000 opere dal 1300 ad oggi, e che è anche la nuova sede della biblioteca comunale.
La collezione di arte antica comprende opere fino al XIV secolo. Tra queste sono presenti: una statua lignea che rappresenta la Madonna con Bambino, una scultura-reliquiario di origine spagnola portata a Pieve probabilmente da un pellegrino e dorata nel 1452 da Marco Zoppo; un antifonario chiamato Codice A che era stato acquisito dalla collegiata nel XV secolo, il dipinto dello Scarsellino rappresentante San Michele Arcangelo combatte contro Satana. E ancora a Pieve di Cento, grazie all’iniziativa di un imprenditore locale, è stato creato negli ultimi decenni il Museo d’arte delle generazioni italiane e MAGI ‘900, dove sono presenti più di 2.000 opere d’arte contemporanea per 9.000 metri quadrati di spazio espositivo, che si espandono in un singolare edificio di archeologia industriale - un silo granario degli anni 30 riconvertito - cui nel tempo sono state accostate due nuove strutture espositive e un grande giardino dedicato alla scultura.