Maurizio Romà
Orizzonti di senso tra bianco e nero e teorema di vita
Testo critico di Paola Simona Tesio
Ogni uomo crea senza saperlo, quando respira - sosteneva Paul Valéry - Ma l’artista sente di creare. Il suo atto coinvolge tutto il suo essere».
L’arte è una combinazione di istanti, di sequenze di vita, di attimi pulsanti che sottendono alla natura umana del dare vita a qualcosa. Impulso indecifrabile, che rimane talvolta inaccessibile, intraducibile, ma che è spinta, propulsione, agire.
Maurizio Romà coglie attraverso i contrasti, definibili come “non colori”, le luminescenze del vero. Si muove sul filone dell’Optical Art, districandosi tra il bianco (non colore/insieme di tutti i possibili cromatismi) ed il nero (assorbimento di tutte le parvenze coloristiche). In questo “universo in bilico” delinea opere che smuovono il visivo.
Vasilij Kandinskij nel saggio “Lo spirituale dell’arte” definiva l’essenza del bianco in questi termini: «In particolare il bianco, che spesso è considerato un non colore (soprattutto grazie agli Impressionisti che non vedono “nessun bianco in natura”) è quasi il simbolo di un mondo in cui tutti i colori, come princìpi e sostanze fisiche, sono scomparsi. È un mondo così alto rispetto a noi, che non ne avvertiamo il suono. Sentiamo solo un immenso silenzio che, tradotto in immagine fisica, ci appare come un muro freddo, invalicabile, indistruttibile, infinito. Per questo il bianco ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto. Interiormente lo sentiamo come un non suono, molto simile alle pause musicali che interrompono brevemente lo sviluppo di una frase o di un tema, senza concluderlo definitivamente. È un silenzio che non è morto, ma è ricco di potenzialità. Il bianco ha il suono di un silenzio che improvvisamente riusciamo a comprendere. E la giovinezza del nulla, o meglio un nulla prima dell'origine, prima della nascita. Forse la terra risuonava così, nel tempo bianco dell'Era glaciale». Il nero invece rappresenta l’assoluta mancanza di resistenza e di possibilità.
Bianco come la luce, silenzio positivo di nascita o ri-nascita, nero come la quiete immobile. Genesi e declino, poli dell’esistenza, tensioni, propulsioni, è quanto emerge dalle opere di Romà, che simboleggiano l’equilibrio nonostante la precarietà racchiudendo la metafora dell’esistere che si modifica costantemen-te, ad ogni istante, virando come le modulazioni dei suoni, dall’ardire al silenzio. Onde sinuose di contrasti e materia che si rincorrono costantemente in infinite variazioni, come la luce e l’ombra. Ambiziosi cromatismi in eterna opposizione che paiono sottendere lo scorrere del tempo, incarnano il moto perpetuo del divenire, in cui tutto evolve e si trasforma. Opere in grado di destare nel riguardante complessi movimenti interiori che, quasi articolandosi come suoni, si svelano grazie ad una pura geometria estatica e vibrante. Le sue creazioni ottiche sono inoltre caratterizzate dalla straordinaria tridimensionalità resa possibile dall’incursione dei materiali.
Romà è un artista che ha saputo cogliere dal bianco e nero tutte le sue potenzialità scolpendole e plasmandole. Il suo percorso creativo all’insegna dei contrasti inizia attraverso il disegno e la fotografia in bianco e nero per evolversi in quella che potrebbe definirsi, coniando un nuovo termine, “GeOptical Art” o muoversi nell’ambito della “Pitto-Scultura” attraverso l’incursione dei materiali recuperati, objet trouvé, che dinamizzano e rendono tattile il substrato della sua estetica.
Il cammino di Romà tra i sentieri dei contrasti non è abitato soltanto dalla dualità del bianco e nero ma si snoda un altro interessante filone nella serie denominata “Teorema di vita”, che si potrebbe ascrivere al movimento del Neoplasticismo, corrente artistica ispirata ai principi teorici della “plastica pura” formulati da Mondrian e divulgati dalla figura chiave di Theo van Doesburg attraverso la rivista De Stijl. Nelle opere di Romà ascrivibili a tale contesto, riemergono assonanze con Mondrian, connotate però da innovazioni espressive degne di nota. I preludi del movimento neoplastico traevano le radici dal cubismo e dall’astrattismo caratterizzandosi in un nuovo linguaggio espressivo che ricercava l’armonia attraverso le configurazioni geometriche nascenti da incroci di linee, colori primari e “non colori” e in grado di conformarsi in rettangoli campiti da contrasti e cromatismi, quasi fossero finestre che si aprivano su di un mondo nuovo, alla ricerca di un preciso equilibrio tra uomo, ambiente e paesaggio. Nei “teoremi di vita” di Romà l’operato geometrico si fa tuttavia esistenziale, concretizzandosi ulteriormente mediante le incursioni di graffi o di lacerazioni, talvolta evidenziati da colate di colore, quasi fossero percorsi, segni, tracce di esistenza. Fluttuazioni incisive di quel mondo umano così complesso ed articolato, dominato da vittorie e sconfitte, da gioie e sofferenze, da urla e silenzi, il cui eco rimane scolpito oltre ogni configurazione geometrica, sfuggendo a qualsiasi connotazione statica. Perché la vita vera è vivida come un graffio sulla tela.
INFO:
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CELL. + 39 338 7510116
Testo critico di Paola Simona Tesio
Ogni uomo crea senza saperlo, quando respira - sosteneva Paul Valéry - Ma l’artista sente di creare. Il suo atto coinvolge tutto il suo essere».
L’arte è una combinazione di istanti, di sequenze di vita, di attimi pulsanti che sottendono alla natura umana del dare vita a qualcosa. Impulso indecifrabile, che rimane talvolta inaccessibile, intraducibile, ma che è spinta, propulsione, agire.
Maurizio Romà coglie attraverso i contrasti, definibili come “non colori”, le luminescenze del vero. Si muove sul filone dell’Optical Art, districandosi tra il bianco (non colore/insieme di tutti i possibili cromatismi) ed il nero (assorbimento di tutte le parvenze coloristiche). In questo “universo in bilico” delinea opere che smuovono il visivo.
Vasilij Kandinskij nel saggio “Lo spirituale dell’arte” definiva l’essenza del bianco in questi termini: «In particolare il bianco, che spesso è considerato un non colore (soprattutto grazie agli Impressionisti che non vedono “nessun bianco in natura”) è quasi il simbolo di un mondo in cui tutti i colori, come princìpi e sostanze fisiche, sono scomparsi. È un mondo così alto rispetto a noi, che non ne avvertiamo il suono. Sentiamo solo un immenso silenzio che, tradotto in immagine fisica, ci appare come un muro freddo, invalicabile, indistruttibile, infinito. Per questo il bianco ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto. Interiormente lo sentiamo come un non suono, molto simile alle pause musicali che interrompono brevemente lo sviluppo di una frase o di un tema, senza concluderlo definitivamente. È un silenzio che non è morto, ma è ricco di potenzialità. Il bianco ha il suono di un silenzio che improvvisamente riusciamo a comprendere. E la giovinezza del nulla, o meglio un nulla prima dell'origine, prima della nascita. Forse la terra risuonava così, nel tempo bianco dell'Era glaciale». Il nero invece rappresenta l’assoluta mancanza di resistenza e di possibilità.
Bianco come la luce, silenzio positivo di nascita o ri-nascita, nero come la quiete immobile. Genesi e declino, poli dell’esistenza, tensioni, propulsioni, è quanto emerge dalle opere di Romà, che simboleggiano l’equilibrio nonostante la precarietà racchiudendo la metafora dell’esistere che si modifica costantemen-te, ad ogni istante, virando come le modulazioni dei suoni, dall’ardire al silenzio. Onde sinuose di contrasti e materia che si rincorrono costantemente in infinite variazioni, come la luce e l’ombra. Ambiziosi cromatismi in eterna opposizione che paiono sottendere lo scorrere del tempo, incarnano il moto perpetuo del divenire, in cui tutto evolve e si trasforma. Opere in grado di destare nel riguardante complessi movimenti interiori che, quasi articolandosi come suoni, si svelano grazie ad una pura geometria estatica e vibrante. Le sue creazioni ottiche sono inoltre caratterizzate dalla straordinaria tridimensionalità resa possibile dall’incursione dei materiali.
Romà è un artista che ha saputo cogliere dal bianco e nero tutte le sue potenzialità scolpendole e plasmandole. Il suo percorso creativo all’insegna dei contrasti inizia attraverso il disegno e la fotografia in bianco e nero per evolversi in quella che potrebbe definirsi, coniando un nuovo termine, “GeOptical Art” o muoversi nell’ambito della “Pitto-Scultura” attraverso l’incursione dei materiali recuperati, objet trouvé, che dinamizzano e rendono tattile il substrato della sua estetica.
Il cammino di Romà tra i sentieri dei contrasti non è abitato soltanto dalla dualità del bianco e nero ma si snoda un altro interessante filone nella serie denominata “Teorema di vita”, che si potrebbe ascrivere al movimento del Neoplasticismo, corrente artistica ispirata ai principi teorici della “plastica pura” formulati da Mondrian e divulgati dalla figura chiave di Theo van Doesburg attraverso la rivista De Stijl. Nelle opere di Romà ascrivibili a tale contesto, riemergono assonanze con Mondrian, connotate però da innovazioni espressive degne di nota. I preludi del movimento neoplastico traevano le radici dal cubismo e dall’astrattismo caratterizzandosi in un nuovo linguaggio espressivo che ricercava l’armonia attraverso le configurazioni geometriche nascenti da incroci di linee, colori primari e “non colori” e in grado di conformarsi in rettangoli campiti da contrasti e cromatismi, quasi fossero finestre che si aprivano su di un mondo nuovo, alla ricerca di un preciso equilibrio tra uomo, ambiente e paesaggio. Nei “teoremi di vita” di Romà l’operato geometrico si fa tuttavia esistenziale, concretizzandosi ulteriormente mediante le incursioni di graffi o di lacerazioni, talvolta evidenziati da colate di colore, quasi fossero percorsi, segni, tracce di esistenza. Fluttuazioni incisive di quel mondo umano così complesso ed articolato, dominato da vittorie e sconfitte, da gioie e sofferenze, da urla e silenzi, il cui eco rimane scolpito oltre ogni configurazione geometrica, sfuggendo a qualsiasi connotazione statica. Perché la vita vera è vivida come un graffio sulla tela.
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