PAESAGGI - Realtà’ Impressione Simbolo

Da Migliara a Pellizza da Volpedo
Castello di Novara
Fino al 6 aprile 2025

A cura di Silvana Gatti

8 Pompeo Mariani Il porto di Genova da Palazzo Doria olio su tela 1205 x 241 cmE' stata inaugurata il primo novembre, nella splendida sede del Castello di Novara, la mostra PAESAGGI. Realtà Impressione Simbolo. Da Migliara a Pellizza da Volpedo, e sarà possibile visitarla sino al 6 aprile 2025. Dalla campagna all’alta montagna, dai laghi al mare fino ad arrivare ai paesaggi urbani del cuore di Milano, ai Navigli e al Carrobbio, METS Percorsi d’Arte porta in questa rassegna oltre settanta opere straordinarie, provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private, documentando l’evoluzione della pittura di paesaggio tra Piemonte e Lombardia dagli anni Venti dell'Ottocento al primo decennio del Novecento. Un settore, quello della pittura di paesaggio, peculiare per la storia dell’arte, che ha reso protagonisti alcuni dei più importanti artisti attivi in Italia e in Europa. La mostra, a cura di Elisabetta Chiodini, è organizzata da METS Percorsi d’Arte, congiuntamente a Comune di Novara e Fondazione Castello di Novara, con il patrocinio e il contributo di Regione Piemonte, il patrocinio di Commissione Europea e Provincia di Novara, ed è realizzata grazie al sostegno di Banco BPM (Main sponsor), De Agostini ed Esseco S.r.l. (Sponsor), con il contributo di Fondazione CRT, Artekasa S.r.l., Comoli Ferrari & C. Il percorso della mostra inizia con la sezione dedicata al paesaggio di età romantica. Esposti dipinti che documentano differenti tipologie della “pittura di paese”, dalla veduta prospettica al paesaggio tratto dal vero, al paesaggio istoriato. Gli anni Trenta e Quaranta vedono l’affermarsi della pittura di paesaggio e il successo dei “pittori di paese” ricercati dai collezionisti, dal bergamasco Marco Gozzi (1759-1839) - trait d’union tra il gusto neoclassico e quello romantico - all’alessandrino Giovanni Migliara (1775-1837), il bresciano Luigi Basiletti (1780-1859), il veronese Giuseppe Canella (1788-1847), con la Veduta della laguna di Venezia presa dal Campo di Marte (1838), il torinese Massimo d’Azeglio (1798-1866) di cui è esposto La morte del conte Josselin di Montmorency (1825), e il genovese Giuseppe Bisi (1787-1869), 2 Carlo Fornara L Aquilone olio su tela 135x154cmquest’ultimo titolare della prima cattedra di paesaggio dell’Accademia di Belle Arti di Brera, istituita nel 1838. Tra le opere esposte in questa sezione spicca Esterno di città con ponte illuminato da chiaro di luna ed officina di maniscalco (1829), di Giovanni Migliara. Nel dipinto si riconoscono il porto di Ancona e l’arco di Traiano, liberamente accostati in un paesaggio di fantasia; il tutto è avvolto in un’atmosfera magica creata dall’oscurità misteriosa rischiarata dalla luce lunare che illumina le onde del mare e la bottega del maniscalco, dove spicca l’immagine di un cavallo bianco. La seconda sezione documenta la pittura di paesaggio romantico-naturalistica di area mitteleuropea, tra cui le opere del ginevrino Alexandre Calame (1810-1864), maestro della scuola svizzera abile nel raffigurare maestosi paesaggi alpini, dal monte Bianco al monte Rosa alle montagne svizzere. Qui esposto vediamo Paese con macchia (1850 circa), veduta al tramonto in cui la luce ambrata avvolge il paesaggio lacustre mentre la cima delle montagne risulta ancora baciata dal sole. Insieme al tedesco Julius Lange (1817-1878), Calame influenzò la nuova generazione di paesaggisti operante nel Nord Ovest italiano, tra cui Angelo Beccaria (1820- 1897) e Gaetano Fasanotti (1831-1882), che seguendo l’esempio dei colleghi stranieri, si recavano a dipingere all’aria aperta per studiare la natura dal vero. La sezione si chiude con Antonio Fontanesi (1818-1882) che a Ginevra, in contatto con Calame, aveva il paesaggio al centro dei suoi interessi, rafforzati con l’incontro della pittura della scuola di Barbizon, conosciuta visitando le sale dell’Esposizione Universale di Parigi del 1855 e osservando le opere di Camille Corot (1796-1875), Charles-François Daubigny (1817-1878), Théodore Rousseau (1812-1867) e Constant Troyon (1810-1865) -. Tra le altre opere in sala: L'ancien moulin de Saint-Ouen pres de Paris (1832), di Théodore Rousseau; Alla Pesca (1855), di Angelo Beccaria, proveniente dalla Collezione del principe Odone di Savoia; e lo straordinario Vespero (1859), di Antonio Fontanesi, credibilmente identificabile con Le soir, tela presentata al Salon di Parigi nel 1859.
3 Filippo Carcano Il Ghiacciaio di Cambrena 1897 circa olio su tela 135 x 195 cm collezione privatajpgLa terza sezione documenta incontri, amicizie e sodalizi artistici nati nello studio ginevrino di Alexandre Calame e cresciuti a Rivara e Carcare. Oltre a Fontanesi e al genovese Tammar Luxoro (1825-1899), tra i fondatori nel 1849 della Società Promotrice di Belle arti di Genova, Alexandre Calame e la sua scuola attiravano i giovani pittori paesaggisti. Tra i primi a seguire le sue lezioni il torinese Vittorio Avondo (1836-1910), il portoghese Alfredo de Andrade (1839-1915), lo spagnolo Serafin de Avendaño (1838-1916), il genovese Ernesto Rayper (1840-1873). Incontri, amicizie, sodalizi che nascevano al caffè du Bourg, luogo privilegiato anche da Ernesto Bertea (1836- 1904), da Gustave Castan (1823-1892) e dallo stesso Fontanesi, e che furono essenziali per le successive esperienze d’ambito realista, conosciute oggi grazie ai nomi dei paesi dove gli artisti si riunivano: Rivara, nel canavese, dove i pittori venivano ospitati a Villa Ogliani, residenza di Carlo Ogliani, cognato di Carlo Pittara, e Carcare, in provincia di Savona, dove i ‘liguri’ de Avendaño, de Andrade e Rayper diedero vita alla ‘Scuola dei Grigi’. In sala alcuni esempi tra i maggiori capolavori di questi artisti, tra cui: Il mattino (1861) e Aprile. Sulle rive del lago del Bourget (1864), di Antonio Fontanesi; Motivo sulla Bormida (1865), di Alfredo de Andrade; Sulle rovine dell’antico castello a Volpiano (1869) di Ernesto Rayper, La via Ferrata (1870), di Tammar Luxoro; Sulle alture. Primavera (1881), di Serafin de Avendaño. Molto bella l’opera Le imposte anticipate (1865) di Carlo Pittara, in cui compare un soggetto molto amato dal pittore, i buoi che trainano il carro. Il quadro decretò, nel 1965 a Torino, il successo del pittore; l’opera fu infatti acquistata per il museo civico del capoluogo piemontese. La mostra prosegue con la quarta sezione, che documenta il cammino verso la pittura di impressione. Anche un artista specializzato nelle scene di genere, come Filippo Carcano (1840-1914), in quel periodo si unisce a Eugenio Gignous (1850-1906) per dipingere en plein air nelle terre dei laghi lombardi, nei dintorni di Stresa, sulle alture del Mottarone, ricercando un nuovo linguaggio al fine di rendere al meglio “l’impressione del vero”. Tra le opere esposte: La quiete del lago (1878), di Filippo Carcano; Il ruscello (1879), di Eugenio Gignous; L’isola dei Pescatori (1880), di Filippo Carcano.
5 Giovanni Segantini Il Naviglio di Milano al Ponte di San Marco olio su tela 76 x 525 cmPartendo proprio dalla Pianura Lombarda (1887) di Filippo Carcano, dai primi anni Ottanta riconosciuto caposcuola del Naturalismo lombardo, la quinta sezione presenta alcune tra le opere più significative di Eugenio Gignous, Leonardo Bazzaro (1853-1937), Achille Befani Formis (1832-1906), Pompeo Mariani (1857-1927), Francesco Filippini (1853-1895), Lorenzo Delleani (1840-1908) e di altri artisti, dipinti che descrivono fedelmente la vita, le abitudini e i costumi della gente che abitava quei “paesaggi” o li frequentava come mete turistiche. Molto bello, a tal proposito, Giochi di bimbi (1885),un piccolo dipinto di Lorenzo Delleani, raffigurante un gruppo di bimbi intenti a giocare all’aperto. Dal verde del prato spiccano i colori nei toni del blu dei vestiti dei bimbi, contrastati da pennellate di rosso che completano il tutto. Tra le altre opere in sala: Vespero di novembre (1891), di Francesco Filippini; la suggestiva alba di grandi dimensioni de Il porto di Genova da Palazzo Doria (1884), di Pompeo Mariani, in cui è colto il momento che precede la luce del giorno. Il porto è movimentato da numerose barche a vela e vascelli da cui si levano sbuffi di vapore, che portano sino ai nostri giorni l’atmosfera di un’epoca ormai lontana. Si prosegue con alcuni scorci del paesaggio urbano milanese, colto in pieno sole e sotto la neve, da Giovanni Segantini (1858-1899), Mosè Bianchi (1840-1904), Emilio Gola (1851-1923) dall’inizio degli anni Ottanta ai primi anni Novanta. Tra le opere in mostra: Il Naviglio al Ponte San Marco (1880) e Nevicata (1880-1881), due opere di Giovanni Segantini raffiguranti il naviglio milanese in due stagioni diverse; Milano di notte (1886) e La prima neve(1890), di Mosè Bianchi.
Tipicamente impressioniste sono le opere presenti nella settima sezione, di Leonardo Bazzaro, che immergono il visitatore nel paesaggio della montagna verbanese, nella campagna nei dintorni di Gignese, tra i fiori del giardino del villino del pittore all’Alpino - costruito proprio sulla strada che da Gignese conduceva al Mottarone -, luogo amatissimo da Bazzaro e dalla moglie, la nobildonna Corona Douglas Scotti della Scala. Tra le opere in sala: I miei fiori (1900); Passa la funicolare (1904). In questi dipinti le pennellate sono rapide e decise, ed i personaggi sono inseriti in un contesto bucolico e ri- lassante, con figure femminili colte in momenti di puro relax. La sala successiva presenta alcuni dipinti eseguiti negli anni Novanta: tra questi la vasta tela de il Lago del Mucrone (1890) di Lorenzo Delleani; due dipinti di Filippo Carcano, Dall’alto (1895) e Il ghiacciaio di Cambrena (1897), e una tela del giovanissimo Ludovico Cavaleri (1867-1942), Dalle montagne del lago maggiore (1898). La nona sezione è dedicata alle opere divisioniste di Giovanni Segantini (1858-1899), Angelo Morbelli (1853-1919), Giuseppe Pellizza (1868-1907), Emilio Longoni (1859-1932), Carlo Fornara (1871-1968), per alcuni dei quali il paesaggio diventerà il luogo ideale per qualche incursione nel clima simbolista. Tra le opere di quest’ultima sala troneggia Mezzogiorno sulle Alpi (1891), opera scelta per la locandina della mostra, e L’amore alla fonte della vita (1896), di Giovanni Segantini; Sul fienile (1893-1894), di Giuseppe Pellizza da Volpedo; Nebbia domenicale (1890) e Alba domenicale (1915), di Angelo 6 Giovanni Segantini Mezzogiorno sulle Alpi olio su tela 775 x 715 cmMorbelli; L’aquilone (1902), di Carlo Fornara. La mostra fa parte di un percorso di celebrazione e approfondimento della figura di Pellizza avviato da METS Percorsi d’arte congiuntamente alla GAM di Milano, che ha avuto inizio a Volpedo con Il fascino della natura. Paesaggi ritrovati di Pellizza da Volpedo, una rassegna allestita presso lo studio del pittore da METS e dall’Associazione Pellizza in collaborazione con la GAM dal 17/8 al 15/9 2024. L’ultima sala della mostra è dedicata all’itinerario “Pellizziano” che ospiterà anche La Clementina (1906-1907), una delle tre opere “ritrovate” esposte da METS a Volpedo. Si tratta di un dipinto che non si vedeva dalla Biennale di Venezia del 1909 ed era conosciuto fino ad ora solo attraverso un’immagine in bianco e nero. Il percorso proseguirà nel 2025 con l’uscita nelle sale del docufilm con Fabrizio Bentivoglio diretto da Francesco Fei Pellizza Pittore da Volpedo, prodotto da METS e Apnea Film in collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona, con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte e il contributo di Gallerie Maspes Milano, e distribuito da Nexo Studios. Il percorso dedicato al grande artista terminerà a Milano nell’autunno del 2025 con una mostra monografica organizzata congiuntamente da METS e dalla GAM, presso la quale si trova l’opera simbolo di Pellizza, Il Quarto Stato. Questo variegato itinerario offrirà al pubblico l’opportunità di conoscere e apprezzare il pittore scoprendo che al di là di una delle opere più iconiche di sempre vi è un uomo profondo e sensibile che deve essere collocato tra i più grandi artisti europei del suo tempo.