Roma nella camera oscura ...fotografie della città dall’Ottocento ad oggi

di Marina Novelli
13 1In occasione dei 180 anni dalla nascita ufficiale della fotografia, l’Archivio fotografico del Museo di Roma in Palazzo Braschi, espone al pubblico le proprie collezioni presentando oltre 300 immagini che, partendo dagli esordi della fotografia si estendono fino all’opera di artisti contemporanei. Uno straordinario excursus, esplicato negli ambiti più significativi della storia fotografica della Capitale, precedenti all’avvento del digitale. Una interessante occasione per rendere noto il lavoro di molti autori rimasti nell’anonimato, e qui sapientemente valorizzati per la prima volta come fotografi “di ricerca”. L’esposizione aperta al pubblico dallo scorso 27 marzo, si estenderà fino al prossimo 22 settembre 2019 (salvo proroghe!) ed è stata sensibilmente curata da Flavia Pesci e Simonetta Tozzi, nonché promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita Culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. La mostra propone diversi percorsi di visita partendo esattamente dagli esordi della fotografia in città - quando cioè si avvaleva della collaborazione di artisti già attivi ed alle prese con l’invenzione della nuova straordinaria tecnica, percorre le varie epoche che videro il costante mutamento della città, giungendo all’opera di artisti viventi ed operanti in un espressivo rapporto con Roma Capitale. La mostra si prefigge inoltre di evidenziare vari livelli di lettura che, a partire dalla possibile ricostruzione della storia e dell’evoluzione delle tecniche fotografiche, giunge alla comprensione del ruolo specifico svolto da tanti artisti in base alla tipologia del proprio lavoro, per approdare poi alla possibilità di “leggere” in base a nuove e moltiplicate chiavi interpretative, la città stessa, esprimendosi attraverso un percorso storico-fotografico in grado di illustrare il contesto visivo di Roma; un racconto fotografico che si snoda attraverso ben nove sezioni, ognuna dedicata alle diverse tematiche, declinazioni e tecniche di un panorama non certo privo di fascino, di emozioni e di stupore. Sperimentare con la luce - nascita e progressi della fotografia - è la prima sezione che ci illustra gli albori della fotografia, le prime immagini 20190326 112201 1
prodotte in dagherrotipo (primo procedimento fotografico per lo sviluppo di immagini) incarnano alla perfezione come, secondo una celebre definizione dell’epoca, l’idea di uno “specchio dotato di memoria”. I dagherrotipi infatti restituiscono immagini di straordinaria vivezza, da riguardare da vicino, al fine di poterne cogliere l’effetto cangiante e simultaneo, tra positivo e negativo, e particolarmente adatti ai ritratti, si rivolgono ad un pubblico di ricchi acquirenti pronti a sottoporsi a lunghe sedute di posa della durata dai 20 ai 45 minuti, per essere poi custoditi in eleganti cofanetti o astucci di velluto. I rapidi progressi però, di nuovo sperimentati, portano in breve tempo ad abbreviare i tempi di esposizione, consentendo la riproduzione della immagine a partire da un negativo di carta, dando origine alla stampa su carta salata. La fotografia acquista così una maggiore accessibilità, “democratizzando” il mercato, che si estende in maniera sempre più ampia. Vediamo così i primi fotografi, veri e propri pionieri sperimentatori, uscire dai loro studi in compagnia di ingombranti attrezzature, per spostarsi tra città e campagne, accompagnandosi spesso con pittori, se non proprio pittori di formazione essi stessi. Molti di loro, infatti, approdano alla fotografia dall’ottica, dalla chimica o dalla meccanica, tutte materie estremamente utili alla pratica fotografica. La fotografia inoltre, applicata al paesaggio e alla veduta urbana, sarà in grado di competere con l’incisione e il disegno nella produzione di immagini-souvenir destinate a un esteso pubblico di viaggiatori. Nasce a Roma, intorno alla metà degli anni Quaranta, il primo circolo fotografico d’Italia; una illustre Scuola di Pittori-Fotografi che avevano come loro meeting point il famoso caffè di Via Condotti, il Caffè Greco, e da cui prendeva il nome quale Circolo del Caffè Greco, frequentato ed animato anche dai giovani vicini alla Accademia di Francia, nonché italiani (ovviamente!) e britannici. Dalle immagini prodotte dalla Scuola Fotografica Romana, si evince nel taglio vedutistico e nella morbida luminosità, un felice connubio tra pittura e fotografia. Rimangono costanti, pertanto, i soggetti dei viaggiatori del Grand Tour, i quali prediligono i simboli antichi e moderni della città, nonché delle tipiche campagne romane e le opere dei Musei Capitolini e Vaticani. A questa prima sezione, in cui mi sono lungamente soffermata, ne seguono le successive altre otto. Documentare l’Antico: percorsi tra le rovine; Centro della Cristianità; Vie d’acqua: la presenza del fiume e le fontane monumentali; Un eterno giardino: Roma tra città e campagna; La nuova 20190326 120433 1
capitale: dai piani regolatori di fine Ottocento alla città moderna; Occasioni di vita sociale; Attraverso lo specchio: negativi su lastra di vetro. “La fotografia acquista un po’ della dignità che le manca quando cessa di essere una riproduzione della realtà e ci mostra cose che non esistono più”. Marcel Proust - All’ombra delle fanciulle in fiore. Questo interessante percorso si chiude nelle due sale al pianterreno di Palazzo Strozzi, con la bellissima sezione Ritratti, dedicata alla fotografia di figure, con una serie di ritratti di personaggi famosi, modelli in posa e interni di studi d’artista ottocenteschi. I famosi tableaux vivants invece sono dei “quadri viventi” che ebbero grande fortuna a cavallo degli anni tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento, che una volta ancora confermano la stretta complementarietà affermatasi a Roma tra fotografia e pittura. Concludendo, vale la pena sottolineare che, l’Archivio Fotografico conserva preziose fotografie antiche, testimonianti la nascita e l’evoluzione dell’arte fotografica a Roma fin dal 1845 ad oggi. Una collezione che oggi ammonta a circa 30.000 positivi - dagherrotipi, carte salate e albuminate, stampe al carbone e ai sali d’argento, fotoincisioni e ferrotipi - nonché 50.000 negativi su lastre al collodio umido e ai sali d’argento e su pellicola piana . Una mostra assolutamente da non perdere, specialmente per addetti ai lavori ed amatori e, come tramandato da Robert Doisneau “Il più bello, il più semplice di tutti è il riflesso spontaneo con il quale si tenta di fermare un attimo di gioia destinato a scomparire”.