Sergio Durante. La modernità di un classico che vive il futuro.

Ma guardate l'idrogeno tacere nel mare
Guardate l'ossigeno al suo fianco dormire
Soltanto una legge che io riesco a capire
Ha potuto sposarli senza farli scoppiare…

Fabrizio De André, “Un Chimico”
da “Non al denaro, non all’amore né al cielo”, 1971

Di Giorgio Barassi.

1950: Mr. Abbott produce fibra di carbonio portando il rayon ad una temperatura di quasi 1000 °C, ottenendo un materiale resistente oltre il pensabile.
1958: Roger Bacon, scienziato dei materiali, crea la prima fibra di carbonio ad alte prestazioni.
Un anno dopo, Akio Shindo migliora le caratteristiche della fibra di carbonio prodotta da poliacrilonite.
E. Fitzer e H. Schlesinger, nel 1966, producono fibra di carbonio da fase gassosa.
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Per evitare il rispolverare di elementi di chimica e fisica nascosti negli abbandonati libri di scuola all’ultimo ripiano della libreria, pensiamo al musetto di una macchina da corsa di quelle guidate da Mr. John Watson nel 1981. In un sabato di luglio, a Silverstone, nell’autodromo nato da una pista di un aeroporto militare durante la seconda guerra mondiale, Watson guida una Mc Laren MP 4/1, realizzata con una monoscocca in fibra di carbonio. Vince ed inaugura un’era che ancora oggi dice la sua, come nelle biciclette, nelle racchette da tennis, nei caschi di protezione, nei rivestimenti aeromobili, nelle canoe e in molti, moltissimi campi di applicazione. Avremmo voluto vedere la faccia dei meccanici delle altre scuderie, abituati al clangore del musetto staccato dalle vetture che assistevano, sofferenti dai tagli provocati dalla lamiera, metallo che diventava incandescente tra l’attrito e il caldo dei bolidi lanciati a velocità impossibili. Qualcuno storceva il naso, altri battezzavano la faccenda come una trovata senza futuro. Ma tutti, in tutto il mondo, dovettero ricredersi, ed oggi il “fatto in fibra di carbonio” è usuale, consueto. Addirittura scontato.
Un materiale che sa di moderno e di avvenire, che riveste il corpo snello dei caccia lanciati in mezzo ai cieli del mondo, che alleggerisce le strutture ed oppone resistenze superiori a quelle dell’acciaio. Quando ai tennisti venne proposta la racchetta in fibra di carbonio, i legni delle gloriose precedenti andarono mestamente in pensione. Il polso lavorava libero da peso eccessivo e la pallina schizzava via più rapida che mai. Lasciamo ai tecnici i dettagli, ma prendiamo quella invenzione come il primo dato per valutare il lavoro di un artista che con la fibra di carbonio produce arte contemporanea: Sergio Durante. Ha certamente le nozioni dello scultore, o, meglio, del modellatore che ha nei polpastrelli la capacità di sentire la materia e farla viva sotto il comando dell’ispirazione e della mente. Ha rispetto per le forme che il marmo, la pietra, il bronzo e il legno, hanno ricevuto dai maestri dei secoli passati, e da quelle storiche tridimensioni prende spesso ispirazione per rivisitare sculture notissime. Ha, soprattutto, una netta percezione del concetto di avvenire, ben piantato su criteri scientifici di solidità, realismo e rispetto del passato. Ma, non se ne scandalizzino i tecnologi ad ogni costo, ha fantasia, curiosità e romanticismo necessari ad affrontare con spirito sognatore la creazione di una opera d’arte.
Per toglierci ogni dubbio, pensiamo alla parola “tecnica”, che alla nostra lingua arriva dal greco τέχνη [tèchne], che vuol dire arte. Intesa come “saper fare”. Dopotutto, in gran parte del sud d’Italia, quando i nonni volevano chiedere che mestiere facesse il tale incontrato per caso in paese, pronunciavano la asciutta domanda: “…ma tu, che arte fai?”.
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Durante vive in un posto bellissimo del Piemonte, invece, in quella schiena collinare del biellese dalle terre provvide ed ordinate, da cui l’affaccio ai monti maestosi è una cartolina che quasi nega il soprannome dato a quei luoghi: la Manchester d’Italia. Nomignolo meritato, poiché la storia dell’industria piemontese passa da lì. Opifici nati nella metà dell’ottocento, filature e tessiture della lana, cappellifici che portano lo stile italiano nel mondo. Gente che lavora, sodo. E tra i mille viaggi che lo portano in giro per il mondo, quando a consolarlo dalla fatica non basta la Paletta biellese, un gustoso insaccato che viene dal muscolo della spalla del suino ben allevato, né un bicchiere di Erbaluce di Caluso, il tuffo nel mondo del creare e produrre come un antico maestro e vivere insieme il presente e il futuro non manca mai. La sua origine genovese è quella dei viaggiatori disposti naturalmente alla scoperta ed alla conquista. L’odore del mare della sua Zèna non lo sente, dallo studio piemontese, ma gli basta evocare le corse da ragazzino nei carrùgi per lanciarsi a capofitto nella sperimentazione. Un giàncu de Purtufìn ben freddo arriverà a ristorarlo, mentre pensa a quale corpo e quale curva di materia dovrà sperimentare, per meritarsi quel che oggi il pubblico di tutto il mondo gli consegna: la nomea di chi, attrezzato nella conoscenza dell’arte classica, ha idee e coraggio per spingersi fin oltre quello che la storia della scultura ha fin qui scritto. Una immersione totale, in cui la creatività fa da sponda al ritrovato tecnologico e viceversa, mentre nascono progetti, idee, valutazioni scientifiche e prime stesure.
Le sue opere più grandi hanno un aspetto solenne, ma sollevarle è una gioia. Mostrano una leggerezza inimmaginabile, a dispetto della mole, e fanno sentire il domani tra le forme di un passato classico ed immortale che a Durante piace molto. Insomma, quanto di tecnico, tecnologico ed avveniristico possa capitare, capita perché Durante mette mano alla fibra di carbonio con lo stesso rispetto che i Padri della scultura usavano per marmi e bronzi. E lo stesso accade quando a farla da padrone sono i quadri. Sissignori, la realtà figurativa non poggia sulla gloriosa tela, ma su un tessuto (tale è, alla vista e nella sostanza la fibra di carbonio) nero che fa da superficie e da base, su cui l’artista giramondo inserisce riferimenti alle filosofie orientali, immagini pop, visioni provocatorie di certificati azionari di aziende stranote e perfino ammonimenti. Più di una sua scultura (non è uno scandalo chiamarla così, il lavoro è manuale e la modellatura è parte del componimento scultoreo) è additare, è richiamo e denuncia. Accade, ad esempio, con una tavola da surf infilata in un magma di fibra di carbonio che pare inghiottirla non dando più scampo alla malcapitata. “Surfing the Metaverse”. Navigando sul metaverso. Il naufragio annunciato. E qua, noi di Laboratorio Acca siamo così d’accordo da volerne altri esemplari, anche se una lettura opponente della stessa opera mostrerebbe il trionfo del nuovo sulla massa informe del “vecchio”. Ma queste sono faccende interpretative, a cui Durante, intelligentemente, non pone limiti.
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A lui piace l’esclusività, ci lavora sopra da una vita. Perciò chi sceglie il suo lavoro avrà per sempre e sicuramente un’opera d’arte unica, oltreché di modernissimo ed antico insieme. Unicità. Perché, a dispetto del luogo comune, non bisogna essere più unici che rari, ma semplicemente rari. Tutti siamo unici nella nostra singolarità.
Perché l’utilizzo della fibra (proviamo a chiamarla così, da qui in avanti, solo per comodità) appartiene al secolo passato da poco, e gli impieghi sono sempre stati legati a mondi diversi da quello dell’arte. In questo, Durante è un pioniere, un singolare cavaliere dell’arte di oggi, che non si accontenta di cotanto merito, ma va ad utilizzare tutte le strade necessarie all’integrazione, alla modificazione ed al miglioramento possibili. Dopotutto, da industriale di successo, la vita lo porta a dover creare quanto serve a stare un passo avanti. E ci riesce, evidentemente, più che bene. Proprio i contatti di lavoro in giro per il mondo hanno permesso una diffusione dell’esclusività del lavoro di Sergio Durante, e parliamo di quello di artista-avvenirista. E il gradimento parla chiaro, quando gente di lingue diverse e lontane usa, per le sue aggraziate sculturine che evocano forme e figure della scultura classica, il termine “italian art”, che non può che riempirci di orgoglio nazionale.
Pittore, anche. E perché no? Se la pittura si stende sulla tela, sulla carta, sulla tavola e saltuariamente su altri supporti, le operazioni artistiche di Durante hanno nella fibra la loro area scelta e preferita. E negli sfondi, lavorati per dare senso e significato a tutto il quadro, le sue opere di pittura raccontano e dirigono la fantasia di chi osserva. Soggetti tratti dal noto a tutti, che sbrigativamente liquideremmo col termine “Pop”, ma qua i personaggi hanno un senso non solo in base a quanto riportato coi colori. Assumono significati marcati quando lei, la regnante fibra di tutto il creare di Durante, subisce aggraziate scalfitture, tracce, accennati ghirigori, segni. È lo sfondo che non ha solo il ruolo di accompagnamento, ma che evoca e conduce, eccitando i caratteri dell’opera, sottolineandoli. Per un personaggio come il terribile Joker, ad esempio, Sergio Durante usa due parti della scura fibra a fare da sfondo e supporto. Il cui ordito va in due direzioni opposte, come ad evocare il male ed il bene, i contrasti che vivono in ciascuno di noi ed anche nel ghigno del nemico di Batman.
Un comporre delicato e faticoso, un incontro di tecnica, stile e classe. Un riecheggiare continuo di nozioni classiche dell’arte immortale greca e romana. Proponendo con la lavorazione della fibra di carbonio i suoi lavori, Durante scrive un’epoca nuova, addolcisce la pillola ai puristi e stimola la fantasia di chi è pronto sempre a nuove frontiere. In questo, e nella sua frequentazione di ambienti in cui la leggerezza della fibra è regola fissa, sta la sua esclusiva e preziosa attività di artista: adeguare al gusto di chi ama distinguersi nelle scelte tutti quegli studi e quelle fatiche che lo hanno già portato ai vertici della produzione industriale per automobili da corsa, aerei, scafi. Lo fa senza dimenticare mai di essere un italiano della categoria dei Filippo Parodi, magnifico scultore nella Genova del Settecento, e di quella di Giovanni Andrea De Ferrari, che con le sue opere faceva risuonare lo strapotere economico della Repubblica di Genova.
Lo spirito dell’amante del classico senza fine è invero lo stimolo che ha portato Sergio Durante fin qui, cioè in un punto altissimo della qualità e dei valori dell’arte italiana che gira il mondo.