Theodore Gèricault:
la zattera della Medusa
di Francesco Buttarelli
Intorno alla metà del 1816 si verificò una tragedia di mare; la fregata “La Meduse”, in viaggio verso il Senegal, si arenò al largo di Capobianco. Come fosse potuto accadere questo incidente resta ancora oggi un mistero per gli storici in quanto lo specchio di mare ove avvenne il naufragio risultava del tutto calmo. Avvenuta la tragedia, constatato che la nave era perduta, gli ufficiali (privi di ogni concetto di umanità) si salvarono utilizzando le scialuppe di salvataggio, abbandonando al loro destino marinai e passeggeri. I centocinquanta naufraghi sopravvissuti si ingegnarono a costruire una zattera. In poco tempo realizzarono una piattaforma di venti metri per sette su cui presero posto tutti i superstiti. Purtroppo dopo aver vagato in mare per tredici giorni, soltanto quindici tra marinai e passeggeri riuscirono a sopravvivere, dopo aver sperimentato forme di cannibalismo sui cadaveri degli sventurati. L’intervento del vascello militare “Argus” permise la messa in salvo di pochissimi scampati. Gèricault fu talmente impressionato da questo episodio da dipingere una tela, ove viene raffigurato il momento del salvataggio dei naufraghi. Lo stupendo dipinto ci mostra la zattera, carica di corpi, alcuni dei quali senza vita, mentre attraversa le acque di un mare buio e tempestoso. All’orizzonte si scorge il profilo di una piccola nave: la salvezza. Con una pittura forte, unita ad un cromatismo significativo, Gèricault fa emergere dai volti dei personaggi la follia, il terrore della morte attraverso una rappresentazione verista di chiara lettura.
Con una tela larga oltre sette metri e lata quasi cinque il pittore riesce a testimoniare la condizione dell’uomo che su una zattera o in un qualsiasi altro luogo è destinato ad essere vinto negli ideali e nelle speranze. Gèricault aveva vissuto attraverso scenari grandiosi ed inquietanti, dalla grandezza degli ideali napoleonici uniti con l’eredità della rivoluzione francese, sino alla conseguente restaurazione e reazione dell’antica nobiltà. Le figure sono disposte lungo una linea diagonale che attraversa il quadro da sinistra verso destra; obliqua risulta anche la zattera che sembra accompagnare i gesti e la posizione dei corpi. Tutto tende e sale verso l’alto sino a culminare nella figura di un uomo che cerca di sventolare un lembo di camicia verso l’orizzonte illuminato da bagliori funesti, ove si intravvede una piccola nave; ma l’orizzonte non è rassicurante, sulla sinistra del dipinto compare un’onda scura, alta come un muro, che sta per respingere il relitto mentre il vento gonfia la vela in direzione opposta. I protagonisti della tragedia sono figure di corpi forti, perfetti. Anche il vecchio posizionato sulla sinistra vicino ad un giovane morto, mostra una figura vigorosa. Geniale risulta la capacità dell’artista nel modellare l’anatomia in forme scultoree e nel rappresentare con cruda realtà la morte. Volti lividi, braccia cadenti dimostrano un’attenta osservazione ed una conoscenza fisica di corpi senza vita. (L’artista per realizzare l’opera frequento gli obitori per ritrarre dal vero le membra contratte). Nei diciotto mesi impiegati per realizzare “La zattera della Medusa”, Gèricault studiò ogni minimo particolare. La grande forza rappresentativa scaturisce interamente dagli ideali dell’autore che riesce ad evidenziare nella tela i naufraghi in pose classiche, quasi eroiche, provocando una tensione ideale che accompagnerebbe gli sventurati nel paradiso degli eroi di Ossian. I protagonisti sono gli uomini, il resto del dipinto è circoscritto in uno spazio limitato. L’opera venne acquistata nel 1819 dal Louvre. I moralisti mostrarono scetticismo poiché avevano letto nel quadro una critica alla società dell’epoca ed un rimpianto dell’epopea napoleonica. L’opera era un capolavoro e proiettò Gèricault tra gli immortali dell’arte di ogni tempo.
di Francesco Buttarelli
Intorno alla metà del 1816 si verificò una tragedia di mare; la fregata “La Meduse”, in viaggio verso il Senegal, si arenò al largo di Capobianco. Come fosse potuto accadere questo incidente resta ancora oggi un mistero per gli storici in quanto lo specchio di mare ove avvenne il naufragio risultava del tutto calmo. Avvenuta la tragedia, constatato che la nave era perduta, gli ufficiali (privi di ogni concetto di umanità) si salvarono utilizzando le scialuppe di salvataggio, abbandonando al loro destino marinai e passeggeri. I centocinquanta naufraghi sopravvissuti si ingegnarono a costruire una zattera. In poco tempo realizzarono una piattaforma di venti metri per sette su cui presero posto tutti i superstiti. Purtroppo dopo aver vagato in mare per tredici giorni, soltanto quindici tra marinai e passeggeri riuscirono a sopravvivere, dopo aver sperimentato forme di cannibalismo sui cadaveri degli sventurati. L’intervento del vascello militare “Argus” permise la messa in salvo di pochissimi scampati. Gèricault fu talmente impressionato da questo episodio da dipingere una tela, ove viene raffigurato il momento del salvataggio dei naufraghi. Lo stupendo dipinto ci mostra la zattera, carica di corpi, alcuni dei quali senza vita, mentre attraversa le acque di un mare buio e tempestoso. All’orizzonte si scorge il profilo di una piccola nave: la salvezza. Con una pittura forte, unita ad un cromatismo significativo, Gèricault fa emergere dai volti dei personaggi la follia, il terrore della morte attraverso una rappresentazione verista di chiara lettura.
Con una tela larga oltre sette metri e lata quasi cinque il pittore riesce a testimoniare la condizione dell’uomo che su una zattera o in un qualsiasi altro luogo è destinato ad essere vinto negli ideali e nelle speranze. Gèricault aveva vissuto attraverso scenari grandiosi ed inquietanti, dalla grandezza degli ideali napoleonici uniti con l’eredità della rivoluzione francese, sino alla conseguente restaurazione e reazione dell’antica nobiltà. Le figure sono disposte lungo una linea diagonale che attraversa il quadro da sinistra verso destra; obliqua risulta anche la zattera che sembra accompagnare i gesti e la posizione dei corpi. Tutto tende e sale verso l’alto sino a culminare nella figura di un uomo che cerca di sventolare un lembo di camicia verso l’orizzonte illuminato da bagliori funesti, ove si intravvede una piccola nave; ma l’orizzonte non è rassicurante, sulla sinistra del dipinto compare un’onda scura, alta come un muro, che sta per respingere il relitto mentre il vento gonfia la vela in direzione opposta. I protagonisti della tragedia sono figure di corpi forti, perfetti. Anche il vecchio posizionato sulla sinistra vicino ad un giovane morto, mostra una figura vigorosa. Geniale risulta la capacità dell’artista nel modellare l’anatomia in forme scultoree e nel rappresentare con cruda realtà la morte. Volti lividi, braccia cadenti dimostrano un’attenta osservazione ed una conoscenza fisica di corpi senza vita. (L’artista per realizzare l’opera frequento gli obitori per ritrarre dal vero le membra contratte). Nei diciotto mesi impiegati per realizzare “La zattera della Medusa”, Gèricault studiò ogni minimo particolare. La grande forza rappresentativa scaturisce interamente dagli ideali dell’autore che riesce ad evidenziare nella tela i naufraghi in pose classiche, quasi eroiche, provocando una tensione ideale che accompagnerebbe gli sventurati nel paradiso degli eroi di Ossian. I protagonisti sono gli uomini, il resto del dipinto è circoscritto in uno spazio limitato. L’opera venne acquistata nel 1819 dal Louvre. I moralisti mostrarono scetticismo poiché avevano letto nel quadro una critica alla società dell’epoca ed un rimpianto dell’epopea napoleonica. L’opera era un capolavoro e proiettò Gèricault tra gli immortali dell’arte di ogni tempo.