ALTA FORMAZIONE - Intervista a Piergiorgio Capparucci
Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Macerata
Da tempo docente all'Accademia di Belle Arti di Macerata di una disciplina innovativa quanto affascinante quale il Light Design, e fresco di nomina alla guida della medesina Accademia, Piergiorgio Capparucci, ci illustra qui criticità, speranze, obiettivi e progettualità dell'Alta Formazione in ambito artistico, non solo dell'Accademia di cui è direttore, ma anche in comparazione con le altre Accademie, sia italiane che straniere.
E con uno sguardo che abbraccia l'intera società e il futuro delle nuove generazioni.
Di Marilena Spataro
Direttore, quali i progetti da portare avanti per i prossimi anni nella “sua” Accademia. Quali i più ambiziosi?
Va soprattutto valorizzato il lavoro svolto negli anni, che non è solo del “Direttore”, ma di tutta l’Accademia, con una programmazione culturale, dove siano indicati i settori di intervento prioritario che caratterizzano la nostra Istituzione e le linee culturali generali sulle quali tutti gli organismi didattici dell’Accademia e ogni singolo docente possono operare, e avere spazio autonomo, nella collegialità dell’appartenenza al corpo accademico. L’impegno programmatico della Direzione in prima istanza non può che essere fondato su questo. In sintesi i settori più importanti per noi sono: la didattica, l’informazione, la promozione, l’orientamento, la Ricerca, l’internazionalizzazione, la terza missione, la comunicazione.
Quali, invece, le priorità da affrontare in tempi brevi?
Inutile negare che ci troviamo da tempo, come tutto il settore AFAM (aspettiamo la riforma da venticinque anni!), di fronte a un bivio, chiuderci e ritornare ad una istituzione lontana dal dibattito culturale nazionale e internazionale, concentrata principalmente in problemi gestionali interni e con una limitata capacità di fare ricerca. Questo è un possibile modello. è, tuttavia, un modello rinunciatario che prende atto della situazione e su questa si adatta senza accettare la sfida necessaria del cambiamento e dell’innovazione. Personalmente non credo che una Accademia di questo tipo possa svolgere un ruolo utile per la formazione dei nostri studenti e partecipare allo sviluppo artistico, culturale, economico e sociale del territorio. La conseguenza di un tale atteggiamento sarebbe che i migliori studenti, dopo le scuole superiori, verrebbero maggiormente attirati da altre istituzioni, magari nelle aree più industrializzate e ricche della nazione. L’alternativa è, invece, accettare il cambiamento, ridisegnare obiettivi e strategie in funzione di un rilancio dell’Accademia nella didattica, nella ricerca, nella capacità di essere attrattiva.

L’Accademia, sebbene legata a una forte tradizione con il passato, a sua volta mostra una sempre maggiore vocazione sperimentale e internazionale. Come vi state muovendo e quali le novità più importanti da mettere in atto in tale direzione?
L’internazionalizzazione è uno dei processi più urgenti da attivare, perché richiede delle strategie di organizzazione specifiche, competenze linguistiche da parte di noi docenti e piani di formazione diversificati per Dipartimenti e Scuole. Il punto di partenza, a mio parere, deve essere la creazione di un ufficio specifico che inglobi anche la già consolidata esperienza Erasmus e che includa anche una serie di servizi aggiuntivi, a beneficio di studenti e docenti. L’Accademia ha grandi potenzialità che vanno supportate da una adeguata struttura organizzativa, in grado di gestire tutte le attività necessarie atte a formalizzare accordi di cooperazione internazionale con altri istituti di pari grado, europei ed extraeuropei. Si tratta ovviamente di un cambio di paradigma e di visione della vocazione della nostra Accademia, che fa della sua storia e del forte radicamento territoriale un punto di forza per aprirsi ed essere attrattiva. L'attrazione di studenti stranieri deve coinvolgere tutta l'Accademia, perché internazionalizzare significa creare una vera e propria cultura dell’accoglienza e trasformare la nostra istituzione in un vero centro di formazione aperto verso l'esterno.

Quanto è importante la formazione, o meglio l'alta formazione, rispetto agli aspetti artistico lavorativi legati alle tradizioni e al territorio?
La “società della conoscenza”, alla cui costruzione è stata dedicata un’attenzione crescente, si basa sullo sviluppo di un’economia a crescita sostenibile, incentrata sull’innovazione e, appunto, sulla trasmissione della conoscenza. Una società di questo tipo richiede che sempre nuovo sapere venga creato attraverso la ricerca e l’innovazione. In questo contesto le istituzioni come la nostra divengono uno dei principali strumenti per il raggiungimento di tale obiettivo. In sostanza una serie di attività complesse e di supporto allo sviluppo culturale, artistico e economico del territorio. Una istituzione di Alta Formazione che non sa mettersi in comunicazione con la tradizione del territorio, diviene un organismo autoreferenziale incapace di creare relazioni con la società e la comunità di cui dovrebbe essere parte.
Rispetto alle realtà territoriali museali, ma non solo territoriali, bensì anche delle istituzioni, come si interfaccia l'Accademia?
Abbiamo da tempo delle ottime relazioni con le istituzioni locali, che ci consentono sempre più spesso di attivarci con iniziative ed eventi artistici e culturali di vario genere. La rete museale già esistente sul nostro territorio, molto attiva e presente con le proprie attività, è per noi un punto di riferimento anche per iniziative comuni. L’obbiettivo è quello di contribuire con il nostro fare, alle tante richieste provenienti dal territorio e dalle istituzioni locali, alla valorizzazione dei nostri luoghi, siano essi dedicati alle esposizioni di opere d’arte o vocati alla maggiore attenzione della bellezza dei beni paesaggistici e culturali della nostra regione.
E il rapporto con le altre Accademie italiane com'è? A volte più che collaborare, sembrano competere tra loro in una sorta di corsa ad accaparrarsi il maggior numero possibile di allievi...
Certamente siamo in concorrenza tra noi, ma ciò non toglie che i problemi comuni siano preponderanti su questo aspetto. Siamo ancora tutti vittime di un grave pregiudizio, fondato sul vacuo riconoscimento retorico che spesso ci viene riservato (anche per i titoli e le docenze) e che ha prodotto nel tempo anche un disconoscimento giuridico, rispetto al mondo universitario, a tutti i livelli: didattica, ricerca e terza missione. Basta fare la comparazione con altri paesi europei ed extra-europei, dove spesso incontriamo “facoltà di belle arti” facenti parte, a pieno titolo, del sistema universitario. Mi sento di dire che in questo particolare momento siamo tutti uniti su questo aspetto che è per noi strategico per il nostro futuro.
Con le Accademie straniere, invece, il rapporto com'è in tal senso?
Le partnership attuali ci confortano moltissimo. La possibilità di avere raggiunto rapporti eccellenti nelle relazioni internazionali, fa sì che l’intera istituzione ne tragga dei concreti benefici. Basti pensare a tutte le attività già in essere del Progetto Erasmus, che consente sia agli studenti, che ai docenti, di aumentare la reciproca conoscenza, di cogliere nuove opportunità e di poter programmare insieme ai nostri partners, iniziative culturali ed artistiche di grande livello. In sostanza è per noi una fruttuosa interazione, tramite la quale innescare quel travaso di competenze che può contribuire alla creazione di una “rete della conoscenza” che consenta all’Accademia di diventare sempre di più un luogo di produzione culturale, una sede di sperimentazione di approcci e soluzioni che possono essere estesi anche alle comunità estere.
Quale il ruolo che le Accademie di Belle Arti devono assumere per restare al passo con i tempi, tuttavia salvaguardando la tradizione, specialmente sul fronte delle arti figurative tradizionali?
I nostri studenti sono oramai da tempo dei “nativi digitali” e come tali richiedono una didattica non più basata solo sull’approccio della lezione frontale, ma anche sulla multimedialità e la sperimentazione di nuove modalità della trasmissione del sapere. Nel contempo non dobbiamo dimenticare che l’unicità didattica dell’accademia (di tutte direi) è data dalla combinazione di pratica e teoria. Si tratta di un binomio inscindibile ed è quello che differenzia le accademie dalle altre istituzioni formative di pari grado. Non è possibile dividere, a mio parere, queste due diverse competenze, perché la buona pratica è sicuramente figlia della buona teoria. La didattica nella nostra istituzione è, senza alcun dubbio, di qualità, grazie alla dedizione e competenza dei docenti che ne fanno parte. Credo sia un punto di forza da cui partire. La capacità di adattarsi ai cambiamenti estremamente veloci della società contemporanea è una necessità non solo per non essere espulsi dal mercato del lavoro, ma anche per potersi dotare degli strumenti più efficaci per comprendere e gestire i cambiamenti. Io penso che anche l’Accademia (come già da tempo fanno le università) dovrà, quindi, adattarsi alla necessità di aggiornare e formare, ricercando metodi nuovi, nel rispetto della tradizione, anche per le arti visive.
Sollecitare la creatività dei propri allievi formando, come in passato, bravi artisti, è un obiettivo ancora prioritario da perseguire dall'Accademia, oppure prevale la tendenza a formare figure professionali sulla base delle richieste del mercato?
Sappiamo tutti bene che l’Accademia come esamificio e dispensatrice di diplomi non può garantire il futuro dei suoi studenti, se non si pone come obiettivo di prepararli per il futuro. Porre lo studente al centro del progetto didattico significa stimolare lo sviluppo delle competenze e del pensiero critico. Per questo è necessario superare un approccio a “compartimenti” dei saperi, con lo scopo di promuovere una formazione multidisciplinare in grado di sviluppare negli studenti un modo di pensare e risolvere i problemi “non convenzionale”. Il progetto formativo deve essere anche un progetto educativo e dovrebbe essere basato, per quanto possibile, su una formazione mirata, in cui ogni studente possa seguire un percorso in grado di esulare dalle rigidità. è necessario, quindi, che gli studenti della nostra Accademia abbiano una formazione basata sulla valorizzazione delle competenze; non sarà infatti il titolo di studio il loro biglietto da visita per entrare nel mondo del lavoro, ma quanto avranno appreso e la capacità di entrare nella società come soggetti attivi per la crescita e l’innovazione. Molti dei giovani che si iscriveranno nei prossimi anni faranno probabilmente un lavoro che ancora non esiste. Per questo abbiamo la grande responsabilità di immaginare il futuro, costruirlo assieme ai nostri studenti e affrontare con fiducia il confronto con l’esterno.
La vostra Accademia dispone di una bellissima galleria e, se non sbaglio, anche di altri importanti spazi espositivi. Cui si aggiungono location interne ed esterne, sia in città che in molti altri territori vicini, di grande bellezza, tradizione storica e prestigio. C'è una progettualità possibile da parte vostra per la loro valorizzazione. E se sì, come?
Il progetto GABA.MC pone al suo centro i valori dell’uomo e la bellezza delle sue creazioni attraverso un ciclo costante di mostre ed eventi. Un luogo di pensiero libero che accoglie sia artisti consolidati che emergenti. Attraverso questo progetto abbiamo da subito voluto offrire nuove opportunità per ampliare e approfondire i modi di conoscere e capire i cambiamenti che avvengono in noi e nel mondo. Siamo convinti e vogliamo portare avanti questo impegno culturale nel contemporaneo con particolare attenzione agli approcci innovativi, sperimentali e di ricerca. I nostri spazi espositivi sono costruiti all’insegna della condivisione, o ancora meglio della partecipazione. Gli artisti (e anche i designer. L’Accademia ha un dipartimento con un’alta professionalità dei docenti e con risultati eccellenti) sono invitati a parlare del loro lavoro, a guidare dei workshop, a lavorare direttamente nel nostro spazio. Questa è una visione che hanno avuto subito anche i colleghi che mi hanno preceduto in questo impegno e che vorrei conservare nel tempo, anche nei nuovi spazi, che grazie ad un accordo con l’amministrazione comunale di Macerata, ci sono stati messi a disposizione. Per proseguire questa opera di divulgazione e confronto. Una filosofia di intervento che abbiamo anche applicato con realizzazioni artistiche anche in spazi urbani della città (e che vogliamo esportare anche in altre città della nostra regione) tutte tendenti alla valorizzazione ed allo sviluppo di una proficua crescita culturale e sociale.
Da tempo docente all'Accademia di Belle Arti di Macerata di una disciplina innovativa quanto affascinante quale il Light Design, e fresco di nomina alla guida della medesina Accademia, Piergiorgio Capparucci, ci illustra qui criticità, speranze, obiettivi e progettualità dell'Alta Formazione in ambito artistico, non solo dell'Accademia di cui è direttore, ma anche in comparazione con le altre Accademie, sia italiane che straniere.
E con uno sguardo che abbraccia l'intera società e il futuro delle nuove generazioni.
Di Marilena Spataro

Va soprattutto valorizzato il lavoro svolto negli anni, che non è solo del “Direttore”, ma di tutta l’Accademia, con una programmazione culturale, dove siano indicati i settori di intervento prioritario che caratterizzano la nostra Istituzione e le linee culturali generali sulle quali tutti gli organismi didattici dell’Accademia e ogni singolo docente possono operare, e avere spazio autonomo, nella collegialità dell’appartenenza al corpo accademico. L’impegno programmatico della Direzione in prima istanza non può che essere fondato su questo. In sintesi i settori più importanti per noi sono: la didattica, l’informazione, la promozione, l’orientamento, la Ricerca, l’internazionalizzazione, la terza missione, la comunicazione.
Quali, invece, le priorità da affrontare in tempi brevi?
Inutile negare che ci troviamo da tempo, come tutto il settore AFAM (aspettiamo la riforma da venticinque anni!), di fronte a un bivio, chiuderci e ritornare ad una istituzione lontana dal dibattito culturale nazionale e internazionale, concentrata principalmente in problemi gestionali interni e con una limitata capacità di fare ricerca. Questo è un possibile modello. è, tuttavia, un modello rinunciatario che prende atto della situazione e su questa si adatta senza accettare la sfida necessaria del cambiamento e dell’innovazione. Personalmente non credo che una Accademia di questo tipo possa svolgere un ruolo utile per la formazione dei nostri studenti e partecipare allo sviluppo artistico, culturale, economico e sociale del territorio. La conseguenza di un tale atteggiamento sarebbe che i migliori studenti, dopo le scuole superiori, verrebbero maggiormente attirati da altre istituzioni, magari nelle aree più industrializzate e ricche della nazione. L’alternativa è, invece, accettare il cambiamento, ridisegnare obiettivi e strategie in funzione di un rilancio dell’Accademia nella didattica, nella ricerca, nella capacità di essere attrattiva.

L’internazionalizzazione è uno dei processi più urgenti da attivare, perché richiede delle strategie di organizzazione specifiche, competenze linguistiche da parte di noi docenti e piani di formazione diversificati per Dipartimenti e Scuole. Il punto di partenza, a mio parere, deve essere la creazione di un ufficio specifico che inglobi anche la già consolidata esperienza Erasmus e che includa anche una serie di servizi aggiuntivi, a beneficio di studenti e docenti. L’Accademia ha grandi potenzialità che vanno supportate da una adeguata struttura organizzativa, in grado di gestire tutte le attività necessarie atte a formalizzare accordi di cooperazione internazionale con altri istituti di pari grado, europei ed extraeuropei. Si tratta ovviamente di un cambio di paradigma e di visione della vocazione della nostra Accademia, che fa della sua storia e del forte radicamento territoriale un punto di forza per aprirsi ed essere attrattiva. L'attrazione di studenti stranieri deve coinvolgere tutta l'Accademia, perché internazionalizzare significa creare una vera e propria cultura dell’accoglienza e trasformare la nostra istituzione in un vero centro di formazione aperto verso l'esterno.

La “società della conoscenza”, alla cui costruzione è stata dedicata un’attenzione crescente, si basa sullo sviluppo di un’economia a crescita sostenibile, incentrata sull’innovazione e, appunto, sulla trasmissione della conoscenza. Una società di questo tipo richiede che sempre nuovo sapere venga creato attraverso la ricerca e l’innovazione. In questo contesto le istituzioni come la nostra divengono uno dei principali strumenti per il raggiungimento di tale obiettivo. In sostanza una serie di attività complesse e di supporto allo sviluppo culturale, artistico e economico del territorio. Una istituzione di Alta Formazione che non sa mettersi in comunicazione con la tradizione del territorio, diviene un organismo autoreferenziale incapace di creare relazioni con la società e la comunità di cui dovrebbe essere parte.
Rispetto alle realtà territoriali museali, ma non solo territoriali, bensì anche delle istituzioni, come si interfaccia l'Accademia?
Abbiamo da tempo delle ottime relazioni con le istituzioni locali, che ci consentono sempre più spesso di attivarci con iniziative ed eventi artistici e culturali di vario genere. La rete museale già esistente sul nostro territorio, molto attiva e presente con le proprie attività, è per noi un punto di riferimento anche per iniziative comuni. L’obbiettivo è quello di contribuire con il nostro fare, alle tante richieste provenienti dal territorio e dalle istituzioni locali, alla valorizzazione dei nostri luoghi, siano essi dedicati alle esposizioni di opere d’arte o vocati alla maggiore attenzione della bellezza dei beni paesaggistici e culturali della nostra regione.
Certamente siamo in concorrenza tra noi, ma ciò non toglie che i problemi comuni siano preponderanti su questo aspetto. Siamo ancora tutti vittime di un grave pregiudizio, fondato sul vacuo riconoscimento retorico che spesso ci viene riservato (anche per i titoli e le docenze) e che ha prodotto nel tempo anche un disconoscimento giuridico, rispetto al mondo universitario, a tutti i livelli: didattica, ricerca e terza missione. Basta fare la comparazione con altri paesi europei ed extra-europei, dove spesso incontriamo “facoltà di belle arti” facenti parte, a pieno titolo, del sistema universitario. Mi sento di dire che in questo particolare momento siamo tutti uniti su questo aspetto che è per noi strategico per il nostro futuro.
Con le Accademie straniere, invece, il rapporto com'è in tal senso?
Le partnership attuali ci confortano moltissimo. La possibilità di avere raggiunto rapporti eccellenti nelle relazioni internazionali, fa sì che l’intera istituzione ne tragga dei concreti benefici. Basti pensare a tutte le attività già in essere del Progetto Erasmus, che consente sia agli studenti, che ai docenti, di aumentare la reciproca conoscenza, di cogliere nuove opportunità e di poter programmare insieme ai nostri partners, iniziative culturali ed artistiche di grande livello. In sostanza è per noi una fruttuosa interazione, tramite la quale innescare quel travaso di competenze che può contribuire alla creazione di una “rete della conoscenza” che consenta all’Accademia di diventare sempre di più un luogo di produzione culturale, una sede di sperimentazione di approcci e soluzioni che possono essere estesi anche alle comunità estere.
Quale il ruolo che le Accademie di Belle Arti devono assumere per restare al passo con i tempi, tuttavia salvaguardando la tradizione, specialmente sul fronte delle arti figurative tradizionali?
I nostri studenti sono oramai da tempo dei “nativi digitali” e come tali richiedono una didattica non più basata solo sull’approccio della lezione frontale, ma anche sulla multimedialità e la sperimentazione di nuove modalità della trasmissione del sapere. Nel contempo non dobbiamo dimenticare che l’unicità didattica dell’accademia (di tutte direi) è data dalla combinazione di pratica e teoria. Si tratta di un binomio inscindibile ed è quello che differenzia le accademie dalle altre istituzioni formative di pari grado. Non è possibile dividere, a mio parere, queste due diverse competenze, perché la buona pratica è sicuramente figlia della buona teoria. La didattica nella nostra istituzione è, senza alcun dubbio, di qualità, grazie alla dedizione e competenza dei docenti che ne fanno parte. Credo sia un punto di forza da cui partire. La capacità di adattarsi ai cambiamenti estremamente veloci della società contemporanea è una necessità non solo per non essere espulsi dal mercato del lavoro, ma anche per potersi dotare degli strumenti più efficaci per comprendere e gestire i cambiamenti. Io penso che anche l’Accademia (come già da tempo fanno le università) dovrà, quindi, adattarsi alla necessità di aggiornare e formare, ricercando metodi nuovi, nel rispetto della tradizione, anche per le arti visive.

Sappiamo tutti bene che l’Accademia come esamificio e dispensatrice di diplomi non può garantire il futuro dei suoi studenti, se non si pone come obiettivo di prepararli per il futuro. Porre lo studente al centro del progetto didattico significa stimolare lo sviluppo delle competenze e del pensiero critico. Per questo è necessario superare un approccio a “compartimenti” dei saperi, con lo scopo di promuovere una formazione multidisciplinare in grado di sviluppare negli studenti un modo di pensare e risolvere i problemi “non convenzionale”. Il progetto formativo deve essere anche un progetto educativo e dovrebbe essere basato, per quanto possibile, su una formazione mirata, in cui ogni studente possa seguire un percorso in grado di esulare dalle rigidità. è necessario, quindi, che gli studenti della nostra Accademia abbiano una formazione basata sulla valorizzazione delle competenze; non sarà infatti il titolo di studio il loro biglietto da visita per entrare nel mondo del lavoro, ma quanto avranno appreso e la capacità di entrare nella società come soggetti attivi per la crescita e l’innovazione. Molti dei giovani che si iscriveranno nei prossimi anni faranno probabilmente un lavoro che ancora non esiste. Per questo abbiamo la grande responsabilità di immaginare il futuro, costruirlo assieme ai nostri studenti e affrontare con fiducia il confronto con l’esterno.
La vostra Accademia dispone di una bellissima galleria e, se non sbaglio, anche di altri importanti spazi espositivi. Cui si aggiungono location interne ed esterne, sia in città che in molti altri territori vicini, di grande bellezza, tradizione storica e prestigio. C'è una progettualità possibile da parte vostra per la loro valorizzazione. E se sì, come?
Il progetto GABA.MC pone al suo centro i valori dell’uomo e la bellezza delle sue creazioni attraverso un ciclo costante di mostre ed eventi. Un luogo di pensiero libero che accoglie sia artisti consolidati che emergenti. Attraverso questo progetto abbiamo da subito voluto offrire nuove opportunità per ampliare e approfondire i modi di conoscere e capire i cambiamenti che avvengono in noi e nel mondo. Siamo convinti e vogliamo portare avanti questo impegno culturale nel contemporaneo con particolare attenzione agli approcci innovativi, sperimentali e di ricerca. I nostri spazi espositivi sono costruiti all’insegna della condivisione, o ancora meglio della partecipazione. Gli artisti (e anche i designer. L’Accademia ha un dipartimento con un’alta professionalità dei docenti e con risultati eccellenti) sono invitati a parlare del loro lavoro, a guidare dei workshop, a lavorare direttamente nel nostro spazio. Questa è una visione che hanno avuto subito anche i colleghi che mi hanno preceduto in questo impegno e che vorrei conservare nel tempo, anche nei nuovi spazi, che grazie ad un accordo con l’amministrazione comunale di Macerata, ci sono stati messi a disposizione. Per proseguire questa opera di divulgazione e confronto. Una filosofia di intervento che abbiamo anche applicato con realizzazioni artistiche anche in spazi urbani della città (e che vogliamo esportare anche in altre città della nostra regione) tutte tendenti alla valorizzazione ed allo sviluppo di una proficua crescita culturale e sociale.