Les fleurs et les raisins
Trasversali allegagioni d'arte
BIANCO, ROSSO O... VERDICCHIO?
di Alberto Gross
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Verdicchio è uno di quei nomi di vitigno che immediatamente identificano - visivamente - il vino che avremo nel bicchiere: la sua bacca bianca presenta infatti screziature smeraldine a mano a mano che procede l'invaiatura, divenendo poi liquido cristallino dai riverberi color dell'erba, brillante e intenso, espressione di un vino dalla personalità tanto decisa quanto autorevole.
Il massiccio del San Vicino divide le due denominazioni di questo grande vitigno marchigiano: la parte dei castelli jesini - rivolta verso il mare, dal clima decisamente mediterraneo - e la valle di Matelica, più fredda e continentale. Tale barriera naturale determina differenze fondamentali, pure nell'alveo di uno dei vitigni a bacca bianca dalle maggiori potenzialità di qualità, carattere e longevità.
La valle di Matelica è l'unica, all'interno del territorio marchigiano, ad avere una disposizione nord - sud; tale peculiarità orografica vede decisive le escursioni termiche (sia dal giorno alla notte, sia durante le stagioni dell'anno) lasciando che il grappolo maturi lentamente. Vino di montagna, con la raffinata eleganza che il terroir d'origine è in grado di porgere: un suolo eterogeneo, franco-sabbioso, molto ricco di minerali provenienti da calcare e argilla, dona sfumature spiccatamente di frutta matura - mela, susina, albicocca - assieme ad una pronunciata freschezza. Una volta ammorbidito l'acido malico, caratterizzante il vitigno, le note terziarie acquistano una propria egemonia, conducendo il vino verso le speziature di chiodo di garofano e zafferano, rivelando - nell'elevazione del tempo - segreti di miele d'acacia, cedro, mandorla amara. Per questo il Verdicchio di Matelica è stato spesso definito un “bianco vestito di rosso”, capace di procedere negli anni grazie alla sua eccentrica esposizione e preziosa condizione territoriale.
Un vino da sorseggiare lentamente, come lentamente matura, si svolge e insuperbisce; sul piatto del giradischi qualcosa di morbido e spigoloso assieme, acido ma dalla poeticità urgente e straordinaria, elettrico, derivato e composito, una “pozione magica” come “Bitches Brew” di Miles Davis.
E abbassate la luce.
BIANCO, ROSSO O... VERDICCHIO?
di Alberto Gross
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Verdicchio è uno di quei nomi di vitigno che immediatamente identificano - visivamente - il vino che avremo nel bicchiere: la sua bacca bianca presenta infatti screziature smeraldine a mano a mano che procede l'invaiatura, divenendo poi liquido cristallino dai riverberi color dell'erba, brillante e intenso, espressione di un vino dalla personalità tanto decisa quanto autorevole.
Il massiccio del San Vicino divide le due denominazioni di questo grande vitigno marchigiano: la parte dei castelli jesini - rivolta verso il mare, dal clima decisamente mediterraneo - e la valle di Matelica, più fredda e continentale. Tale barriera naturale determina differenze fondamentali, pure nell'alveo di uno dei vitigni a bacca bianca dalle maggiori potenzialità di qualità, carattere e longevità.
La valle di Matelica è l'unica, all'interno del territorio marchigiano, ad avere una disposizione nord - sud; tale peculiarità orografica vede decisive le escursioni termiche (sia dal giorno alla notte, sia durante le stagioni dell'anno) lasciando che il grappolo maturi lentamente. Vino di montagna, con la raffinata eleganza che il terroir d'origine è in grado di porgere: un suolo eterogeneo, franco-sabbioso, molto ricco di minerali provenienti da calcare e argilla, dona sfumature spiccatamente di frutta matura - mela, susina, albicocca - assieme ad una pronunciata freschezza. Una volta ammorbidito l'acido malico, caratterizzante il vitigno, le note terziarie acquistano una propria egemonia, conducendo il vino verso le speziature di chiodo di garofano e zafferano, rivelando - nell'elevazione del tempo - segreti di miele d'acacia, cedro, mandorla amara. Per questo il Verdicchio di Matelica è stato spesso definito un “bianco vestito di rosso”, capace di procedere negli anni grazie alla sua eccentrica esposizione e preziosa condizione territoriale.
Un vino da sorseggiare lentamente, come lentamente matura, si svolge e insuperbisce; sul piatto del giradischi qualcosa di morbido e spigoloso assieme, acido ma dalla poeticità urgente e straordinaria, elettrico, derivato e composito, una “pozione magica” come “Bitches Brew” di Miles Davis.
E abbassate la luce.