Les fleurs et les raisins

Trasversali allegagioni d’arte. IL VINO LO FA IL MONACO.
di Alberto Gross
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

"Ora et labora” recita il noto adagio della Regola benedettina, prescrivendo che i monaci, assieme alla contemplazione ed alla preghiera, dovessero praticare le attività atte al sostetamento di sé e della comunità, compresa l'agricoltura. Così le antiche costituzioni dei Camaldolesi - nate proprio sulla spina dorsale dell’Ordine di San Benedetto - edificarono una fattoria denominata “La Mausolea”, una grancia come riportano alcuni documenti secenteschi, ovvero un complesso di edifici per l’organizzazione e la custodia di beni economici, prodotti agricoli e quanto favorisse il lavoro manuale dei monaci stessi. Una piccola comunità con cappella e locali di soggiorno - anche per i pellegrini - con a capo il camerlengo incaricato della direzione delle varie attività agricole.
La struttura come la vediamo oggi risale alla fine del XVII secolo ed è diventata una Cooperativa agricola e forestale attrezzata anche per l’accoglienza turistica con antiche case coloniche dai pavimenti in cotto e soffitti ad arco. Due piccoli gioielli le cappelle adiacenti alla fattoria, una in particolare dalle cui pareti rosso carminio spicca - sul soffitto - un dipinto che descrive la vicenda di San Giorgio e il drago.
fleur 1












La superficie agraria si estende per circa 270 ettari, la maggior parte costituita da prati e pascoli per l’allevamento dei bovini; 9 ettari con esposizione a sud, alle spalle della villa, sono tuttavia dedicati al vigneto, in completo regime biologico, all’interno del quale sono coltivate le uve storiche della tradizione vinicola toscana.
Tra le cinque tipologie proposte abbiamo assaggiato il “Farnetino”, bianco da Trebbiano e Malvasia: un vino dai profumi freschi di ginestra e glicine, in filigrana si svela il varietale della Malvasia con sbuffi di frutta gialla esotica ed un sospetto di spezie d’Oriente. Dritto e verticale al palato, spicca una evidente sapidità sospinta da una nota quasi gessosa, con un finale accenatamente amaricante.
Il “Mausolea” 2020 è un rosso senza solfiti aggiunti che invita fin da subito con profumi leggeri ma composti e ordinati: piccoli frutti rossi, mirtillo, mora, cassis, fragolina di bosco. Un’idea di carbonica irrisolta rende il palato dinamico e scattante, la buona acidità sottolinea il carattere nervoso di un frutto croccante che conduce ad una beva facilissima e conviviale.
Di ben altra stoffa “Il vino dei Romiti”, da uve Merlot e Canaiolo con un saldo di Sangiovese: dopo un passaggio in acciaio il vino riposa in barriques di rovere per almeno un anno. Il 2015 si presenta impenetrabile, sentori evidenti di frutta matura - ciliegia, prugna - si intrecciano con le note più fresche di macchia mediterranea - alloro, timo, rosmarino - in un piacevole ed equilibrato gioco di rimandi. Lasciando che il vino si abitui alle pareti del calice escono i terziari di cacao amaro, caffè, carruba, avvolti da una inconsistente aria di polvere da sparo.
fleur 2












Il palato è austero ed elegante ad un tempo per un vino dalla vita potenzialmente ancora molto lunga.
Dopo essere stati accompagnati tra le gigantesche botti settecentesche delle antiche cantine, nel delizioso silenzio di un luogo che racconta la compostezza e la gioia semplice della vita e del lavoro, il pensiero è corso a un pittore che in quelle terre è nato e ha vissuto e forse con quei vini avrà brindato e festeggiato: Francesco Morandini - il “Poppi” - con la sua interpretazione delle tre Grazie. Una pennellata dolce a declinare elegantemente le forme morbide e burrose delle tre donne disposte in cerchio mentre intrecciano le mani in una danza sottile e armoniosa, dall’equilibrio levigato e quieto. E danzando quei corpi flessuosi e lucenti arrivano fino al secolo XX caricandosi di un colore acido, rossastro, prettamente “fauve” delle figure di Matisse. Ciò che non cambia è quella grazia vorticosa dove gli spazi vuoti dimensionano e misurano la prudenza leggera dei movimenti, quella fluttuante leggiadrìa evanescente che è un inno alla vita, al suo inarrestabile rinnovarsi nell'armonia di un cerchio non concluso, ancora e sempre in soave e melodioso divenire.
In sottofondo Ponchielli e la sua “Danza delle Ore”, e il cuore sarà leggero.
Alberto Gross